Nazi EuMentre spira il venticello inquieto di un antifascismo che sembra correre sempre in soccorso dello status quo stabilito dalle oligarchie continentali e globaliste, si scorge sullo sfondo, ancora sfumato e tenue, il tentativo di riformare la memoria, i primi abbozzi di un nuovo ordine dei giudizi. Non si tratta di un volgare e semplicistico negazionismo volto a misconoscere gli eventi irriscattabili, ma di qualcosa di molto più insidioso e radicale che aveva fatto la sua comparsa una quarantina di anni fa con le tesi di Ernst Nolte, ovvero del giustificazionismo:  lo sterminio degli ebrei, ma anche di molti oppositori del nuovo ordine, non viene affatto contestato, ma addebitato alla cosiddetta guerra civile europea che aveva contrapposto la società cristiano borghese nelle sue varie declinazioni al  comunismo. Per dirla in poche parole i campi di sterminio furono un errore doloroso, tuttavia comprensibile visto l’obiettivo di distruggere l’Unione sovietica e ogni vestigia di comunismo.

Incredibilmente questa nuova prospettiva che ovviamente trova in Germania il suo motore e si concreta nell’appoggio a regimi creati grazie all’appoggio di formazioni paramilitari nazifasciste come in Ucraina, riceve assist insospettabili, per esempio da Benjamin Netanyahu il quale in una intervista di 4 anni fa, ha detto che Hitler non aveva alcuna intenzione di sterminare gli ebrei, voleva solo espellerli, ma fu convinto dal gran muftì di Gerusalemme Haj Amin al-Husseini. Insomma la shoa sarebbe colpa dei palestinesi. Ma si sa che una dichiarazione lascia il tempo che trova, soprattutto se essa è strumentalmente volta a superare la stridente contraddizione con il forte appoggio del governo di Israele a un regime ucraino che rivendica le proprie radici naziste. Però gli indizi su questo sentiero che tiene legate molte cose a partire dal tentativo unipolare degli Usa, terra santa delle oligarchie di comando, sono molti ed esplodono quando meno ce lo si aspetta. Per esempio in un film tedesco, L’ultimo viaggio, nel quale questi sintomi entrano tutti. E’ la storia di un uomo di 92 anni, Eduard Leander, (tipico nome svedese), che vive a Berlino e che dopo la morte della moglie decide di andare in Ucraina a seguire le tracce del suo unico amore, una donna, conosciuta durante la guerra, mentre egli comandava un reparto cosacco. Qui vanno dette due cose per inquadrare il contesto di questa storia. Stranamente il protagonista viene chiamato Leander, nome d’arte di una famosissima cantante attrice degli anni ’30, Zarah Leander, di origine svedese appunto, nota per essere stata la prima a cantare nel 1938 Lili Marlene  e molto amata dal regime nazista. Non si può non osservare come si tratti di una scelta singolare, ancorché sfuggente. La seconda notazione riguarda i cosacchi la cui storia aggrovigliata è impossibile da riassumere qui, ma che – per quel che ci riguarda in questo contesto – combatterono in stragrande maggioranza con i sovietici, mentre una piccola parte, probabilmente la stessa che era entrata nelle armate bianche al tempo della rivoluzione, scelse invece di stare dalla parte dei tedeschi, nella Wehrmacht, ma anche  nelle Waffen-SS dove peraltro si distinsero in alcune operazioni di sterminio degli ebrei. Si trattava in totale di non più di 15 mila persone tutte agli ordini di ufficiali tedeschi (un piccolo reparto di cavalleria combattè anche al comando di Ranieri di Campello, ufficiale del Savoia Cavalleria). Quando le cose si misero male per l’Asse questi cosacchi vennero trasferiti altrove, principalmente sul fronte balcanico e in seguito in Austria, Germania e Italia. Alla fine della guerra furono consegnati ai russi, come prevedevano gli accordi Yalta, che li spedirono nei gulag  in Siberia, assieme ai loro comandanti tedeschi.

Nella vulgata occidentale questo passa per lo sterminio dei cosacchi. Il protagonista Leander era appunto uno di questi ufficiali tedeschi, poi liberato e tornato in Germania, ma oppresso sia dal suo amore indimenticabile che dalle vicende oscure della guerra.  Egli viaggia in Ucraina divisa nella quale si vedono i mezzi russi schierarsi in difesa dei secessionisti, come Nato comanda, mentre anche qui piuttosto singolarmente, non si  nega la presenza dei filonazisti accanto al regime. Si dice anche che la Russia si è appropriata  della Crimea perché probabilmente sul set non è arrivata la notizia che questo hanno voluto gli stessi abitanti tramite un referendum sull’autodeterminazione, ma la sostanza è che il protagonista, aiutato in questo senso da tutto il film,  “comprende” che tutto è come prima, che non è cambiato nulla. Una constatazione di per sé neutra ma che riprende le ragioni di questa nuova stagione dell’oligarchismo europeo.

Ritorniamo per un attimo a Netanyahu e alle sue stravaganti dichiarazioni: egli in sostanza voleva dire che gli ebrei erano un obiettivo secondario del nazismo, che la sua mania principale era la Russia e l’obiettivo di conquistare i suoi vasti spazi ad est, insomma che Hitler era principalmente russofobico. Una tesi per la verità non del tutto infondata, perché la notte dei lunghi coltelli servì a cancellare ogni traccia di socialismo dal nazismo, ma anche di simpatia per la Russia dei soviet che esisteva, sia pure in modo aberrante. Ora la russofobia è tornata in un Europa a trazione tedesca ed è anzi divenuta una colonna portante della sua politica. Tutto è come prima e lo testimonia anche il giornale simbolo dell’europeismo, ovvero la Frankfurter Allgemeine la quale sostiene in un recente articolo che esiste una qualche continuità strategica tra l’europeismo nazionalsocialista e quello odierno di Bruxelles tanto che l’autore del pezzo, Jasper von Altenbockum, sebbene non si bilanci sul concetto principale, dice che fenomeni come la Brexit o la crescita dell’Afd sono in qualche modo una reazione a tutto questo che ha cominciato a prendere forma con le guerre jugoslave. Insomma una politica di potenza non diversa quelle conosciute nel XIX° e XX° secolo, solo in scala più grande e con la coscienza altrettanto appannata.