venAnna Lombroso per il Simplicissimus

Venezia. Scontro tra una nave da crociera e il lancione turistico River Countess questa mattina, 2 giugno, davanti alla Riva dei Sette Martiri. Danni agli scafi, alcune persone nell’impatto sono cadute dalla passerella del lancione in acqua, quattro i feriti per adesso trasportati in ospedale.

Quante volte si era detto che poteva succedere. Quante volte si è risposto che era un allarme ingiustificato, che tutto era sotto controllo, che certe profezie sono frutto delle paure o degli interessi miserabili  di chi  ostacola la modernità, o, peggio, si oppone al godimento dei beni comuni, offerto a tutti e possibilmente nello stesso momento, in modo che ci si possa sentire parte di una comunità, o di un’utenza, o di una clientela.

La peste nera a Venezia non si è conclusa coi buoni uffici della regina dei cieli celebrati nella Chiesa della Salute, se le regine dei mari, i bastimenti dei corsari delle crociere la infestano con la protezione di enti e organismi preposti al pubblico interesse, che non solo appagano così gli appetiti insaziabili delle multinazionali del turismo, ma promuovono altri profitti per il padrone della città, quel Consorzio/Doge che dopo i nefasti dell’opera più corrotta degli ultimi 150 anni, per mazzette malaffare ma anche incapacità, incompetenza, inesperienza, inefficienza e sprechi deve trovare nuovi brand nello scavo di canali, di altre vie di passaggio alternative ma non troppo al transito davanti a San Marco.

Perché quale sia il governo, quale l’amministrazione comunale, su una cosa concordano tutti: non si può dire di no al turismo, al suo business, alle sue promesse di infiniti profitti.

Non è valso a nulla che perfino il più strenuo fan delle crociere e del turismo indotto in una sua vita precedente a quella di vertice indiscusso dell’Autorità Portuale e poi di consulente prestigioso degli stessi boss, avesse offerto dati e analisi sugli eccessi e i danni della pressione turistica sulla città e che l’Università della quale fu autorevole rettore avesse messo in luce che i proventi per Venezia del passaggio delle grandi navi fossero irrisori rispetto al volume di ricadute anche economiche negative.

Non è valso a nulla che perfino il governo più  tenace nella difesa degli interessi commerciali e mercantili si fosse preoccupato, nella previsione che potesse accadere quello che poi puntualmente, oggi, è accaduto, prevedendo limitazioni alla penetrazione dei mostri nella città più fragile del mondo.

Non è valsa a nulla la prova generale  dell’incidente della Costa al Giglio. I nostri schettini al governo del Paese e della città non si danno per intesi, troppo pesante e potente deve essere il potere di ricatto delle multinazionali del turismo che si intreccia con interessi locali che parlano di ricchezze nutrite da fango e sul fango della laguna, soffocata, manomessa, depredata da un’opera che si è rivelata inutile oltre che perniciosa dal punto di vista ambientale, finanziario e morale, e costretta anche a subire l’onta di doversi adattare con canali, scavi e riempimenti al transito di navi alte cinque o sei piani che trasportano visitatori intenti a fotografare col cellulare i pochi indigeni rimasti, ridotti a formiche da schiacciare, piuttosto che scendere nella ex Serenissima ormai addolorata e umiliata e derubata e svenduta, e il cui unico destino è mettersi al servizio in qualità di osti camerieri, motoscafisti, facchini, affittacamere.

Non abbiamo grandi speranze dal Ministro Toninelli che, apparentemente ignaro che l’interlocutore è soggetto e attore coinvolto, non certo disinteressato e ancor meno connotato dalla necessaria terzietà, ha chiesto all’Autorità Portuale aggiornamenti in merito a proposte alternative al transito dentro Venezia,  quale l’ingresso delle navi crociera in Laguna attraverso la bocca di porto di Malamocco ed il canale dei Petroli per giungere a Marghera, dove non casualmente  si ipotizza la realizzazione di una nuova stazione marittima in un’area privata nel canale nord per l’ormeggio di 2 grandi navi e lo scavo del canale Vittorio Emanuele per far giungere quelle fino alle 100.000 tonnellate di stazza alla Marittima.

Altrettanto ignaro si direbbe che queste soluzioni comportino dei rischi ambientali a cominciare dal dislocamento di almeno 7 milioni di mc. per lo scavo di fanghi prevalentemente inquinati e le interferenze con il Mose in uno scenario di accentuato eustatismo. E pure del fatto che comunque tutte le ipotesi più meno visionarie salvo una che giace da mesi in un cassetto del suo dicastero, non hanno superato l’esame di valutazione di impatto ambientale.

Anche in questo caso dovremo aspettarci che la voce del buonsenso e della realpolitik parli contro la ragione e le ragioni dei veneziani, il 98% dei quali  in una referendum popolare autogestito del 18 giugno 2017,   ha  votato contro le grandi navi in Laguna? Dobbiamo confidare che Banfi oltre che dei destini di Canosa si preoccupi di Venezia in seno all’Unesco  in previsione della valutazione attesa per questa estate che l’organizzazione delle Nazioni unite darà in merito alla turistificazione della città?

E ci voleva proprio un incidente per far sapere al mondo che Venezia e la sua laguna stanno scomparendo, grazie al patto opaco e osceno  tra i gestori delle grandi navi e dello sfruttamento turistico, i potentati economici, l’Autorità Portuale e un’amministrazione locale intenta a dissipare il patrimonio accumulato con sapienza nei corso dei secoli dalla Repubblica Serenissima?

Non dovremmo lasciare soli i meno dei 55.000 residenti, assediati e occupati dai 27 milioni di turisti, dai 6,4 milioni dei pernottanti, dai 16,6 milioni di escursionisti e dall’1,7 milioni di passeggeri delle Grandi Navi  che dicono di no a questo crimine contro la città e i suoi abitanti, la sua memoria e il suo futuro.