fratAnna Lombroso per il Simplicissimus

Quante volte abbiamo sentito dire, come promessa o come minaccia, che la fine dell’economia produttiva, la trasformazione delle imprese in azionariati in accidiosa attesa dei dividendi, la finanziarizzazione con le   acrobazie e i trucchi del gioco d’azzardo, le mutazioni intervenute nel lavoro, manuale e intellettuale, che rende meno agevole il ricorso all’esercito industriale di riserva, la stessa globalizzazione e l’instabilità indotta dai movimenti migratori voluti e provocati, ma alla lunga ingovernabili,  avrebbero portato il capitalismo al suicidio.

Quante volte abbiamo sentito dire che il sistema non avrebbe saputo gestire la sua «strategia del caos», che doveva innervare tutto dalla geopolitica all’esercizio quotidiano del dominio di potere sulle singole esistenze, né contrastare la crisi del suo insostenibile «modello di sviluppo» che sta devastando il pianeta, mettendo in discussione  la supremazia della «civiltà» superiore, dei «valori» della predazione economica e del consumo coatto di merci, della condanna bellica e morale delle vittime della guerra economica e militare, indicate come sudditi da schiacciare e «rifiuti» da conferire nelle discariche della schiavitù. E si sarebbe data la morte.

Invece a tragica dimostrazione della immonda e ingiusta superiorità dei padroni che a differenza dei proletari di tutto il mondo, sanno unirsi e sopravvivere ai danni che provocano, a suicidarsi se pure nella forma visibile delle loro rappresentanze, sono gli sfruttati. Stanno vincendo gli istigatori come ai tempi delle antiche rapine coloniali con tanto di missionari al seguito, come racconta Elias Canetti in Masse e potere a proposito dell’autodistruzione degli Xosa, grazie alla cancellazione dell’identità e della coscienza collettiva, all’abiura del valore attribuito a libertà e responsabilità personale e comune.

Non so bene come ci stiamo “sacrificando” sull’altare delle divinità dello sviluppo, del benessere, dell’ordine, (ne scriveva ieri il Simplicissimus qui: https://ilsimplicissimus2.com/2019/05/31/la-sinistra-lemming/ )se come gli Xosa condannati per non aver accolto di buon grado le magnifche sorti e progressive portate loro dall’occupazione manu militare della modernità, o come i lemming di Disney. Certo a leggere le dichiarazioni post elettorali dei vinti della sinistra incarnati efficacemente da un cartone animato si capisce chi ha aiutato gli istigatori, che si rivolge così “a tutti quelli che sono oggi interessati a costruire un’alternativa a questa destra“.

Rispetto”, dice Fratoianni, “l’entusiasmo del Pd, non lo contesto perché ho il senso della misura, ma se immagina un’alternativa concreta non può limitarsi alla riproposizione di schemi vecchi. Tanto meno il centrosinistra. Serve rivolgersi ai 5 Stelle e favorirne il cambio di prospettiva. Per tirarlo dentro questo campo. Costruendo uno spazio di discussione in una prospettiva diversa. Perché questa alternativa abbia gambe serve un lavoro sociale per riconquistare tutti quelli che sono andati a destra e che hanno smesso di votare..… pretendo che il programma sia il nostro. Ma si devono porre al centro i diritti e le libertà, lo dico a M5S. E i diritti sociali, il lavoro, la distribuzione della ricchezza, la protezione di chi non ce la fa, e questo lo dico al Pd”.  Eh si, lo dice al Pd e perfino a Calenda perché “se il tema è la costruzione di un’alternativa la discussione si fa tra diversi”.

Qui non parliamo di eutanasia, qui certi soggetti e certe liste più che del dottor morte si accreditano in veste di killer spietati per i quali l’alternativa desiderabile è costituita dall’alleanza funzionale al sistema e al suo establishment delle socialdemocrazie che hanno introiettato l’ideologia neoliberale, abiurando la rappresentanza delle classi subalterne, quelle di Gad Lerner, immeritevoli di attenzione perché se la sono voluta e se la vogliono ancora votando Salvini, per prendersi il dolce carico di quella della borghesia transnazionale sempre più ricca e sempre più esigua, insieme al configurarsi “nuovo” di movimenti anche antichi  che si sono esonerate dei contenuti e delle aspirazioni antagoniste per limitarsi alle rivendicazioni di alcune categorie e gerarchie di diritti, perdendo ogni afflato antiautoritario e anticapitalistico, perché nella loro citta del Sole  non c’è posto per conflitti  economici, di genere e etnici, meno che mai di classe. Il che spiega bene la preferenza accordata alle visite ufficiali di Greta piuttosto che ai picchetti davanti alla Whirpool o alla lotta dei tarantini, cittadini o dipendenti ugualmente traditi dal compagno Vendola oltre che dal futuro sodale Calenda.

E tanto meno c’è posto per il populismo, tantomeno per quello di sinistra indegnamente competitivo, quello di Sanders e Corbyn, di Podemos o Melenchon, oggi visti come visionari velleitari e irrealistici sediziosi ma che fino a poco tempo fa sarebbero stati annoverati tra posati, pragmatici e pure prudenti socialdemocratici con le loro modeste proposte di redistribuzione del reddito, reintegrazione del Welfare, nazionalizzazione di comparti e attività strategiche, controllo delle banche centrali, e così via.

Ogni tanto un interprete di Marx ci ricorda l’ammirazione riservata al modo di produzione capitalistico che nasceva dalla convinzione che la sua accelerazione potesse propiziare e avvicinare la transizione al comunismo, ma anche per la potenza (ora sappiamo, irresistibile) con la quale è capace di espandersi.

E figuriamoci se con tutto comodo e anche in nome di interessi di classe e personali, la sinistra anche prima di quelli che l’hanno ripudiata come velenoso ostacolo alla costruzione democratica, non si è fatta possedere dalla stessa venerazione grazie allo stravolgimento semantico per il quale il capitalismo è diventato sinonimo di progresso e la globalizzazione il volto nuovo dell’internazionalismo, e la tecnologia il totem da adorare perché ci libererà dalla fatica, dalle malattie, in una società beata e civile nella quale le relazioni, tutte, sono equilibrate, soddisfacenti, feconde, regolate come saranno, dal mercato. Come se il mercato combinato con la tecnologia non abbia già mostrato il suo vero volto con le bolle dei titoli delle imprese digitali prima ancora di quelle immobiliari, con il controllo su lavoratori e cittadini, con le illusioni del successo del casinò finanziario.

Compostamente proprio come dei Veltroni qualunque certi rimasugli cercano di contenere l’ira e il disprezzo per la marmaglia il cui voto dovrebbe probabilmente essere limitato, per offrire un diritto/dovere già arbitrario a chi sostiene le élite che interpretano i principi cosmopoliti e multiculturalisti che è doveroso esportare e imporre anche con le armi, sul grossolano localismo dei “subalterni”, degli “sdentati” come li chiamava Hollande, dei dementi” (la definizione è di Bifo).

Eh certo, non si sono accomodati su un seggio nella fortezza, dove andare di tanto in tanto a fare i turisti per caso, ma ho il timore che gli abbiamo concesso la certezza di stare sempre dalla parte di chi vince, che non importa se non è quella giusta.