Confusione-nella-giungla-politica-religiosa-e-di-costume_imagefullwideIeri ho scritto delle stelle cadenti, dei cinque stelle che hanno perso la metà dei voti per mancata evoluzione della loro struttura, rimasta quella degli inizi, oggi però mi tocca parlare dei ridicoli peana e dei falò di carta stampata riguardo alla resurrezione del Pd che pare proprio uno di quei miracoli fasulli. di cui abbondano le cronache radiomariesche.  L’abitudine a considerare i risultati elettorali esclusivamente  in percentuale rappresentando cioè solo la relazione tra le forze, ma non la loro consistenza in assoluto ha un senso riguardo alla governabilità, ma dal punto squisitamente politico può creare miraggi e false immagini, specie quando una vasta area di cittadini si astiene, rimanendo per così dire nell’ombra. Ora andando a vedere i numeri assoluti vediamo che alle politiche dell’anno scorso il Pd ha preso 6.161.896 voti cui si devono aggiungere quelli della lista + Europa, ovvero 841.468 mentre in queste europee ne ha conquistati 6 089 853 e + Europa 833 443: dunque assistiamo a un calo di oltre 120 mila voti  benché l’anno scorso ci sia stata un’affluenza alle urne decisamente superiore, del 72% contro il 56% di domenica scorsa. Dunque altro che resurrezioni, per rimanere  al modesto livello del 2018, tenendo conto dell’astensione, il Pd avrebbe dovuto raccogliere 7.185.000  voti.

Qualcuno ovviamente dirà che il confronto non tiene conto che si tratta di appuntamenti elettorali diversi e che bisogna andare a vedere le precedenti europee del 2014: bene in quell’anno il Pd prese 11.203.231 suffragi, quasi il doppio rispetto ad oggi e a fronte di un’affluenza praticamente identica, superiore solo di un punto percentuale. Dunque andiamo al ritmo di circa un milione di consensi persi ogni anno, un ritmo che anche queste europee confermano. Alla fine dei conti in termini assoluti vediamo che i Cinque stelle sono stati affondati principalmente dall’astensione, ma anche che le tre forze principali, Lega, Pd e M5s hanno il consenso rispettivamente del 19, 12 e 9,5  per cento del corpo elettorale complessivo, cioè di meno della metà degli italiani maggiorenni. Questo può suonare banale, ma significa che esiste un gigantesco serbatoio di voti non espressi che sono come una mina vagante o se vogliamo la parte subliminale del corpo sociale dove si addensano i cambiamenti e dove un motore politico che va ben oltre l’autoreferenzialità della politica politicante: se ne è avuta una prova col referendum costituzionale nel quale hanno largamente vinto i sì quando stando allo schieramento parlamentare iniziale avrebbero dovuto raccogliere appena il 30 per cento. Ma questo è evidente anche nella rapida ascesa e crollo di Renzi che va dall’apice raggiunto nei primi mesi del 2015 al crollo del dicembre dell’anno successivo.

Adesso è toccato ai Cinque stelle, ma è meglio non dare nulla per scontato: anche la tenuta di Salvini che oggi sembra furoreggiare potrebbe ben presto essere erosa dalle forze sotterranee che chiedono un cambiamento e non riescono a trovarlo. Anzi il capo della Lega si trova in un punto estremamente scomodo perché da una parte le europee hanno confermato la maggioranza di governo, passando però il testimone da Di Maio a Salvini che da oggi dovrà volente o nolente assumersene quanto meno la responsabilità morale, anche se non volesse quella effettiva. In queste condizioni bruciarsi in un arco di tempo molto breve è facile tanto più che Salvini è un personaggio in gran parte costruito e sostanzialmente privo di idee, ma portatore sintomatico di ideuzze il che, naturalmente,  lo avvantaggia mediaticamente rendendogli facili i proclami. Questa impalcatura ha le fondamenta fragili ed è intrinsecamente contraddittoria o evanescente: basti pensare solo alla scena del rosario e del crocifisso venuta dopo mesi di polemiche anti papa e in sintonia con le peggio parti catto- fascio- golpiste. Ma soprattutto il rischio è che quel 50 per cento che non si esprime sgami alla fine il giochino di confondere sovranità con xenofobia per lasciar perdere la prima e ritrovarsi solo con le vuote parole d’ordine dell’altra che al Paese non servono proprio a niente.