bc5b2a72-3dc9-11e8-bc8c-1e438c369b8c_2018-04-11T195332Z_1767227139_RC14AEA48900_RTRMADP_3_FACEBOOK-PRIVACY-ZUCKERBERG-ktP-U1110373366880okD-1024x576@LaStampa.itChissà perché le notizie vere, quelle che incidono e ridisegnano i contorni del reale, rimangono sempre ai margini del discorso, quasi che non si volesse prendere atto di ciò che significano. Come è noto o come dovrebbe esserlo  Facebook è entrato pesantemente nella campagna elettorale italiana chiudendo  23 pagine  tutte con riferimento alla Lega  e ai Cinque stelle con circa due e milioni e mezzo di seguaci, in mezzo al plauso dei giornaloni e al malcelato compiacimento di molta parte della sinistra residuale che ha fatto i salti mortali nel tentativo di conciliare la difesa della libertà con la propria irrefrenabile Schadenfreude. Questa è già una notizia, ma non è affatto il cuore della notizia perché questa operazione di scrematura elettorale è stata condotta su scala europea da Avaaz – come Fb stesso ammette con orgoglio – vale a dire un’organizzazione legata alla Open Society di Soros che è stata la punta di diamante della disinformazione nel corso della guerra in Siria e ne diffonde a piene mani anche per quanto riguarda le vicende europee ( vedi le manipolazioni sui gilet gialli). soprattutto nei dintorni elettorali: “Siamo impegnati nel proteggere l’integrità delle elezioni nell’Ue e in tutto il mondo.” ne conclude Zuckerberg.

Bene è questa la notizia? Non del tutto perché alla resa di Facebook verso  queste operazioni di censura su scala massiccia e volte a manipolare le elezioni, ci si è arrivati dopo che Soros ha accusato il social network di avere alimentato una campagna antisemita contro di lui e dopo aver condotto una manovra ribassista in borsa. Improbabile che Zuckerberg e la sua braccia destra Shery Sandberg, entrambi ebrei, siano antisemiti, ma diciamo che questa era una scusa praticabile nel contesto occidentale per indurre il re dei social ad operazioni che danneggiano gravemente la sua creatura sia sotto il profilo della credibilità che sotto quello della raccolta pubblicitaria. Tuttavia la situazione di crisi in cui è entrato l’ordine nuovo globalista spinge chi tiene le redini e a ripensare il funzionamento di meccanismi che erano stati pensati proprio per essere una sorta di quinta e anonima colonna del pensiero unico e un’arma da usare al momento giusto per condizionare le opinioni pubbliche, non fosse altro che per la capacità di agire da parafulmine delle inquietudini e mettere in poltrona e mouse le opposizioni. La notizia è che Zuckenberg come del resto i capi e i protagonisti di altre major della rete sociale, sia da tempo un semplice prestanome di un’oligarchia finanziaria. E non si fa certo fatica a scorgerlo: questo social, efficace, ma in sé simile a molti altri, partito da Harvard e diffusosi in sordina tra le università della  Ivy League che sono il cuore del potere ereditario americano, è andato incontro a un’espansione  difficilmente comprensibile senza logiche laterali e a quotazioni di borsa inspiegabili rispetto ai ricavi effettivi. Il declino del social, ma in primis della sua facciata, è in qualche modo cominciato l’anno scorso con lo scandalo Cambridge Analytica nel quale si dimostrò come questa società avesse raccolto dati degli utenti di Fb per usarli per la campagna elettorale a favore prima della Brexit e poi di Trump.

A questo proposito però vanno vanno notate due cose essenziali per capire la vicenda: le attività di Cambridge Analityca erano ben note, anzi pubblicizzate e la società è stata ufficialmente ingaggiata in oltre 50 tornate elettorali di vario tipo in Usa, comprese le primarie di Ted Cruz, senza che questo abbia mai suscitato il minimo scandalo benché fosse noto che le profilazioni avvenissero in base ai social network e alla rete in generale, come del resto è ormai la normalità senza che questo implichi necessariamente operazioni illegali. L’ex dipendente della CA che ha rivelato questo meccanismo lo aveva fatto  in forma anonima fin dal 2015 quando contattò il Guardian, ma solo tre anni più tardi, dopo la Brexit e l’elezione di Trump, le sue rivelazioni sono esplose, arrivando anche a implicare Fb, il che significa che la manipolazione va bene solo se è condotta a favore del potere globalista. Insomma i burattinai si sono accorti che la rete può essere pericolosa e che occorre prenderne un controllo diretto: dal momento che non possono ricorrere apertamente alla censura perché la tirannia “chiavi in mano” ha pur sempre bisogno di conservare certe forme, sono stati inventati il  fact cecking e le fake news, come strumento inquisitorio, facendo credere di difendere le persone dalla disinformazione, quando invece le stanno isolando dalla realtà e investendo con la loro narrazione. I prestanome devono adeguarsi altrimenti sono guai in borsa e si potrebbe  scoprire che i supereroi del neoliberismo hanno meno poteri di quelli di una coscienza pulita.