guaido-juanForse qualcuno potrà stupirsi della frequenza con cui parlo del Venezuela e delle sue vicende come se i problemi che ci sovrastano non fossero già abbastanza, il fatto è però che laggiù si giocano i fondamentali di quella stessa governance globale con la quale dobbiamo vedercela ogni giorno, ma in modo più scoperto e più feroce, senza gli infingimenti e le mediazioni tipiche dell’Europa: il Paese sudamericano diventa perciò la chiave di volta per comprendere senza illusioni il mondo in cui viviamo e decrittare  il linguaggio percettivo del’informazione mainstream. Infatti non assistiamo solo al divampare senza ritegno  dell’imperialismo di marca americana che ha fatto carne di porco di qualsiasi diritto internazionale, ma contemporaneamente delle azioni contro i cittadini che dissentono e i pochi giornalisti coraggiosi in una marea di prezzolati compulsivi, alle intercettazioni massicce e illegali che ormai dilagano senza più nemmeno gli argini posti da leggi sempre più lasse. Oggi il watergate sarebbe fuori della norma solo per la carenza di illegalità rispetto a ciò che avviene quotidianamente.

Pur di controllare il petrolio non ci si ferma davanti a nulla in quella che Snowden chiama la “tirannia chiavi in mano”. Il taglio dell’energia elettrica e del rifornimento di cibo e medicine all’ambasciata del Venezuela a Washington per compiacere i golpisti allevati e pagati nelle stie dell’arancionismo, nonché il pestaggio dei giornalisti e degli attivisti per aver osato lanciare pagnotte e patate agli assediati, è davvero un quadro di Bosch che fa il paio con gli accaparramenti alimentari e i sabotaggi contro il governo Maduro: interno ed esterno combaciano perfettamente, soprattutto quando su questa situazione diventa palese la congiura del silenzio messa in atto dall’informazione. Tutto questo ci insegna che non possiamo aspettarci nulla di buono e in nessun caso dalla elite globale e dai suoi alleati palesi o magari nascosti dietro vesti di opposizione retorica, specie oggi che sta incontrando resistenze di forza inaspettata mettendo in crisi alcuni punti fermi dell’agenda globale. Naturalmente le stesse considerazioni valgono per l’infame vicenda Assange o per la repressione spietata e quasi sempre condotta alla luce dell’illegalità dei gilet gialli o anche per il correlato finanziario dell’accaparramento alimentare, ossia le manovre sullo spread,  ma la vicenda venezuelana presenta tutti gli aspetti compositi del neo fascismo contemporaneo di fascia alta.

Soprattutto il tentativo di riportare in mano privata e americana il petrolio di Caracas, rivela meglio di ogni altro dolente capitolo aperto nel mondo, un intento specificamente ideologico che non ha nulla a che vedere con la concretezza perché di certo il governo bolivariano non si farebbe pregare per vendere sul mercato il proprio oro nero. Quello che non va giù all’elite globalista è che una delle maggiori riserve petrolifere mondiali sia in mano pubblica, costituendo un insulto all’oligarchia dominante che ha fatto della privatizzazione totale il suo obiettivo primario. Soprattutto ora, cioè nel momento in cui la distruzione delle forze produttive del lavoro trasferite su “mercati a basso costo” per arricchire gli azionisti, la conseguente finanziarizzazione dell’economia e la creazione di una bolla bolla speculativa sostenuta da tassi sempre più elevati di debito non pagabile e totalmente distaccata dall’economia reale, sta presentando il conto. Che è molto salato a cominciare dall’ascesa senza precedenti della Cina con la sua mega economia, alla rinascita russa, ai dissidi ormai evidenti tra divergenti interessi di oligarchie di vecchio e nuovo conio. In questo contesto lasciar vivere il Venezuela senza condannarlo a un regime torbido e liberticida di marca centroamericana, costituirebbe un pericoloso precedente. Non solo per ciò che rappresenta, ma anche per quello che potrebbe fare: se, ad esempio, trovasse convenienza nel vendere petrolio in altre valute oltre al dollaro? Se volesse far parte di altri sistemi di alleanze?  No l’ostaggio non può essere liberato, anche perché i rapitori hanno agito a volto scoperto e solo riuscendo nell’intento possono fingere innocenza.