sordi-ombrello Anna Lombroso per il Simplicissimus

E mica si schiodano da quella croce. Macché,  ogni giorno apprendiamo che alcune intelligenze della sinistra d’antan rinnovano la loro fiducia nel progetto europeo, proprio come se fossero al confino condannati dai tribunali speciali del neo fascismo, quello di Salvini, è ovvio, e si rifugiassero nel sogno di Ventotene tramite Syriza, il duetto dei due vitelloni della Plaka, nella mesta replica del clubino che aveva garantito il seggio a Barbara Spinelli, che almeno adempiva a un obbligo familiare o a Maltese, non Corto purtroppo, anche se la sua vista non dimostra di essere particolarmente lungimirante.

Proprio ieri abbiamo appreso che Luciana Castellina si candida con Syriza, in un fronte trasversale che, poco ci manca, va da Trsipras a Macron a Zingaretti a Landini,  tutti quelli che sulla letteratura rosa, sulla green economy, sull’occupazione nera, moderna, dinamica e mobile dove la libertà è essere imprenditori di se stessi nel consegnare pasti a domicilio,  possono mettere tranquillamente la firma.

D’altra parte con tutta la simpatia umana che è giusto riservarle, la ragazza rossa dei Parioli, compagna di classe di Annamaria Mussolini che definisce “arrogante ma simpatica”  si è sempre accorta con un certo ritardo di quello che le succedeva intorno scoprendo il 20 ottobre, e “per la prima volta, che i partigiani esistono e non sono solo qualche drappello disperso che si è dato alla macchia”,  aspettando il 1947 per iscriversi al Pci, mettendoci un po’ di anni a scoprire il limiti del socialismo reale, folgorata tardivamente dalla lotta di liberazione della donna,  mettendoci un ragionevole lasso di tempo a rendersi conto che le Br non erano compagni che sbagliano.  Adesso a 90 anni portati con il suo invidiabile piglio, pur avendo a lungo soggiornato nelle grigie aule di Strasburgo, pare ancora  pensa ancora che là si possa realizzare l’utopia di Ventotene, e in un certo senso ha ragione perché   nato già allora come prodotto elitario di cancellerie e non di popoli prometteva di trasformarsi in un incubo.

E’ strano per un’esperta di cinema un’amante della Grecia, come ha riaffermato in questi giorni,  che non abbia  dato credito al trailer di quello accaduto là e che si sta consumando in tutte le incompiute democrazie europee, quelle osteggiate dall’Ue perché macchiate della colpa di nascere dalle resistenze, con le immagini dei ghigni  di Martin Schultz –presidente allora del parlamento europeo –  o del feroce Schauble; delle minacce  dei tedeschi che sollecitavano l’espulsione del popolaccio che aveva preteso un referendum, quando bastava vedere gli spot pubblicitari trasmessi a reti unificate per promuovere la svendita di beni comuni, isole, orchestre,  teatri e monumenti compresi, per inneggiare la necessaria cessione  del patrimonio di tutti a  potenze straniere e a magnati locali corrotti,  per convincere dell’ineluttabilità della rinuncia a assistenza, cure, e anche alla prima casa soggetta al sequestro da parte del racket. Difficile credere già allora che Trispras non sapesse, non fosse già stato scelto come incaricato di sbrigare gli affari sporchi, fino al punto di farsi umiliare pubblicamente dalle cancellerie carolinge in attesa di successivi riconoscimenti.

I clan politici che allora assistevano muti alla mortificazione e all’oltraggio, salvo collocare ne profilo social Piazza Syntagma e scegliere la Grecia per una vacanza all’insegna della solidarietà turistica, che oggi sanno bene che allora era stato segnato anche il nostro stesso destino, dimostrano di voler credere ancora a un modello sociale ed economico  iniquo e infame che rende impraticabile ogni possibile auspicio di “società giusta”, per dimostrare così la propria condanna  alla deriva “populista” e a un “sovranismo” accettabile solo quando reagisce scompostamente all’invasione gialla scrivendo invettive con un iphone Xiaomi.

A nessuno sfugge che dietro alla liturgia elettorale europea si officiano 27 “rese dei conti” nazionali, 27 “consultazioni” sui governi in carica, 27 proposte di coalizioni future guidate da uomini dell’apparato pronti a ribadire l’inesorabilità dei trattati, mai messi in discussione dai resti esangui delle sinistre riformiste e progressiste proprio come mai si mette in discussione la galera dell’euro blindato nella cassaforte di un sistema finanziario globale e incarnata da una banca centrale indipendente da ogni controllo e che non possiede alcuna legittimità politica.

Chi può davvero immaginare che la presenza nell’europarlamento di divini reduci che non hanno mai maturato una parvenza di autocritica su un format europeo segnato indelebilmente dalla cifra della necessità, dell’obbligatorietà dell’austerità, del rigorismo, del pareggio di bilancio, della proibizione degli aiuti di stato, possa condizionare e influire sulle politiche di austerity e sull’egemonia privatistica che sta cancellando il welfare e i servizi pubblici, che voglia abbattere l’edificio di  organismi, strutture e procedure per permettono alla finanza di controllare imprese e governi, che sia davvero intenzionata a contrastare un regime di concorrenza deformato, come se potessero bastare la deplorazione del fascismo risorgente, la condanna della xenofobia, quando non si hanno avuto né si hanno la forza e il coraggio civile e democratico di dire no all’ideologia totalitaria che ha strutturato l’ordine europeo anche  nella forma  dell’”ordo-liberismo”.

Almeno gli augusti candidati che scendono in campo saranno premiati in caso di successo da laute pensioni, meno comprensibile se non da uno psicoanalista i sentimenti di chi la pensione se l’è vista  negare, impoverire, rinviare e che   pur disapprovando  il contenuto specifico delle politiche europee e i conseguenti vincoli sulla condotta delle politiche nazionali, rifiuta l’idea di spezzare le catene e i vincoli ingiusti e impari dei cravattari regionali, di smascherare le sentenze ricattatorie delle agenzie di rating, di rompere con l’euro cattivo per sostituirlo con l’euro democratico, come se bastasse girare la faccia della moneta per depurare  le nostre geografie continentali dal veleno liberista e come se la critica del capitalismo potesse camminare su una gamba sola, senza appoggiarsi a quella all’Europa che ne incarna il sogno realizzato in incubo.