Vent’anni fa, la notte tra il 24 e il 35 marzo del 1999, cominciavano i bombardamenti aerei sulla Serbia che durarono due mesi e mezzo provocando enormi danni a fabbriche infrastrutture, servizi essenziali e uccidendo centinaia di persone. Lo scopo di questa guerra fortemente voluta e preparata dagli Usa che peraltro nel decennio avevano investito una valanga di dollari per fomentare e alimentare i separatismi etnici nella ex Iugoslavia, aveva lo scopo di acquisire il controllo strategico della penisola balcanica, isolare la Russia e determinare il percorso dei flussi di materie energetiche. Tutto questo era assolutamente contrario agli interessi europei ad esclusione della Germania i cui operatori turistici avevano messo gli occhi sulla costa dalmata e ciononostante la Ue che dal primo gennaio di quell’anno aveva adottato l’euro ( la circolazione effettiva della moneta arriverà due anni dopo) non solo non si oppose a questa strage, ma vi partecipò in maniera entusiastica, segno che ormai le elites del continente avevano visto in quell’obiettivo monetario l’assoluto distacco dagli ideali iniziali e si sentivano partecipi di una razza padrona globalizzata. La guerra era tornata a piacergli.
Certo il pretesto per partecipare fu fornito da sfacciate menzogne su presunte stragi nel Kosovo, oggi sbugiardate, mentre quelle vere perpetrate dai Croati contro i Serbi furono ufficialmente lodate da Clinton e da Kohl, ma non c’è alcun dubbio che proprio quel decennio degli anni ’90 inaugura e svela al di là di ogni dubbio l’indole strumentale della narrazione neoliberista, nella quale democrazia, giustizia, umanità e progresso vengono gestiti unicamente in ragione degli interessi del momento. Basti pensare che una Unione come quella europea che avrebbe dovuto dimostrare la coesistenza di più popoli e più culture, si lanciò nella dissoluzione della federazione jugloslava, senza tentare alcuna seria mediazione, facendo propri i più allucinanti criteri etnico -religiosi, gli stessi che vengono rigettati in altre occasioni quando non sono funzionali ai propri disegni e si sia convertita alla guerra essendo nata ufficialmente per impedire le guerre. Per non farsi mancare nulla l’Europa ha partecipato a tutte le fasi del conflitto jugoslavo per consentire l’allargamento della Nato, cosa che i leader europei avevano solennemente giurato di non volere. Al tempo quella che stava diventando l’oligarchia continentale negò di aver preso questo impegno con Gorbaciov nel 1990 perché dopotutto vent’anni fa ancora si vergognavano un po’, fecero dire alla loro informazione lobotomizzata che quell’impegno era frutto di una leggenda metropolitana. Invece l’uscita di documenti Nato declassificati dimostrano l’esatto contrario. Poco male perché i leader implicati in questa menzogna sono ormai quasi tutti scomparsi, non sono più scomodi testimoni di una mutazione maligna cominciata dopo la caduta del muro.
Non parliamo dell’Italia per la quale la partecipazione a quel conflitto segnò uno spartiacque politico, decretando la scomparsa definitiva di una sinistra degna di questo nome e anche di un centrosinistra decente. Basterebbe ricordare la diligenza con cui Prodi si adoperò per dare il via libera alle basi americane in Italia o le parole ridicole e penose di qualche esponente di rilievo del Pds come l’eterno Fassino che tra una cameriera e un’altra, vaneggiava di una ost – politik italiana. Si vede benissimo come già quella classe politica, succeduta a quella che aveva gestito il dopoguerra, fosse totalmente inadeguata.
Disgraziatamente quest’anno cade anche il 70 compleanno della Nato che vive di festeggiamenti nella nuova e faraonica sede di Bruxelles, costata un miliardo e mezzo di euro: il suo segretario Stoltenberg – nomen homen – ha detto poco tempo fa che “è l’alleanza di maggior successo della storia”, perché i poveri di spirito sono talmente annebbiati vedono solo quello che gli aggrada e non tengono conto dei disastri cui l’alleanza è andata incontro in veste ufficiale in Afganistan e in Libia e in veste ufficiosa in Ucraina e in Siria. Anzi la sua stessa presenza alla testa di questo conglomerato di pessime intenzioni, ne illustra efficacemente l’inettitudine in guerra e l’incompetenza in pace. Adesso questa Idra, accompagnata dai suoi Carcini, verrà utilizzata per arginare anche la Cina che rischia di togliere agli Usa il primato planetario. Ed è probabile che vada incontro al suo Ercole.
L’euro nacque il primo gennaio del 1999. Tre mesi più tardi, cominciò la guerra del Kosovo. Molti credettero che gli Stati Uniti e la Nato avessero unito le forze per combattere il regime serbo di Milošević che, con il massacro degli albanesi etnici, stava provocando una tragedia umanitaria. Poi, al termine del conflitto, gli americani ammisero che si era trattato di una campagna realizzata congiuntamente dalla Cia e dai media occidentali per colpire Belgrado. Ma la guerra in Kosovo fu realmente combattuta contro la Jugoslavia? Nei giorni del lancio della moneta unica, gli europei apparivano in preda all’euforia. Tanto da fissare a 1,07 il cambio con il dollaro e da partecipare massicciamente alla campagna dei Balcani. Solo quando, dopo 72 giorni di bombardamenti, il regime di Milošević crollò, a Bruxelles compresero che i conti non tornavano. Durante il conflitto l’euro si era deprezzato del 30%, raggiungendo quota 0,82 dollari. Per questa ragione quattro anni più tardi Francia e Germania si sarebbero veementemente opposte alla guerra in Iraq.
Sebbene molti analisti sostengano che le democrazie occidentali non si combattono fra loro, negli ultimi anni si sono registrate numerose guerre finanziarie ed economiche. Una di queste fu proprio quella del Kosovo, nociva tanto per la Jugoslavia quanto per l’euro. D’altronde con la sua nascita la moneta unica aveva rotto l’idillio del dollaro che prima del 1999 rappresentava l’indiscussa divisa globale, usata per l’80% delle transazioni internazionali (oggi lo è per il 60%). Con 27 mila miliardi di dollari l’Unione Europea era divenuta la regione economica più grande del mondo, maggiore della North American Free Trade Area (24-25 mila miliardi di dollari), ed era inevitabile che l’euro erodesse di almeno un terzo le transazioni effettuate dal dollaro (attualmente il 23% degli scambi mondiali avviene nella moneta unica europea). Quando gli Stati Uniti si accorsero che l’euro minacciava il primato del dollaro era già troppo tardi. Imparata la lezione, adesso intervengono per annientare preventivamente qualsiasi avversario.
http://contropiano.org/documenti/2015/08/13/in-questa-guerra-la-finanza-conta-piu-delle-portaerei-032339
Si può vedere:
e qui: