gggAnna Lombroso per il Simplicissimus

C’è inquinamento reale e inquinamento virtuale anche se le sostanze tossiche sono poi le stesse e avvelenano bronchi, polmoni e cervelli: così la politica e il mutuo riconoscimento democratico tra forze politico-parlamentari è ridotto al berciare tra club di opposte curve e tifoserie, alla radicalizzazione forzata e conseguente arruolamento coatto in una delle fazioni in campo.

Ne approfittano  gli “opinionisti” che guardano il mondo come dalla tribuna vip o peggio come  davanti alla tv col fotofinish e la moviola;  e che non aspirano ad altro che a diventare coscritti di una delle squadre, con evidente preferenza per quella del progressismo neoliberista che li promuove a sottili e arguti detector e analisti dei fenomeni sociali.

Oggi me n’è capitato sotto gli occhi uno, Giulio Cavalli, che per non sottrarsi alla tendenza in atto  ha fatto il “preferito della maestra” scrivendo  col gessetto sulla lavagna della storia, da una parte la lista dei buoni, il movimento che ha in Greta l’efficace testimonial della presa di coscienza che il mondo rotola verso la catastrofe e dall’altra i brutti, sporchi e cattivi, quelli che, cito, sono in guerra per difendere la benzina, per eliminare le accise sul gasolio, per difendere il loro diritto ai combustibili fossili e resistere alla decarbonizzazione, o almeno non pagarne il prezzo, gli efferati gilet gialli.

Finalmente tutto si tiene, basta con quelle bubbole della lotta di classe, che tanto una ha già vinto con beneplacito del fine osservatore dei moti di piazza, basta con Occidente contro Terzi Mondi esterni e  interni,  basta con radici cristiane contro barbarie fanatica, e pure scapoli contro ammogliati, la “vera divisione” secondo il Cavalli, sta  tutta qui,  tra quelli con Greta quelli con i gilet gialli e il loro modo di intendere il futuro, il pianeta, i bisogni, il mondo. Altro che popolo ed élite perché ci sarà solo da scegliere “se si vuole stare tra l’internazionalismo ambientalista di chi vede la questione climatica come prima passo verso un’etica e una responsabilità di comando completamente diversa rispetto a quello che abbiamo subito fin d’ora, o con chi invece punta a rovesciare il potere consolidato per difendere le proprie piccole rendite di posizione”.

E pensare che una volta c’era una comoda chiave di lettura, basata sulla saggezza popolare: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Servirebbe ancora, per capire che magari ci sarebbe da sospettare, non sulla buona fede, per carità, ma sull’abuso  del simbolo e degli slogan di una protesta, vezzeggiata dai media, osannata da un’opinione pubblica sempre in cerca di padroni o leader,  quando le blandizie e l’ammirato consenso arriva dal  direttore del Fondo Monetario, da premier e leader politici di indubitabile appartenenza alle file dell’esercito del totalitarismo economico e finanziario.  E che forse non sarebbe tutto da buttar via un movimento che non ha pretese rivoluzionarie ma che comunque tenta il regicidio  sia pure virtuale del piccolo monarca addetto alle contro riforme chiedendone le immediate dimissioni, che non andrebbe sprecato un sussulto di gente comune, esecrato dalle élite europeiste, che – proprio come le piazze coagulate da Greta – non possiede certo un  carattere anti-sistema, anti-capitalistico, ma almeno, cosa che non si è verificata da noi, tanto per fare un esempio, chiede con forza delle riforme tese a migliorare le condizioni di chi vive del proprio lavoro, quelle di chi non ha un lavoro, o vive con misere pensioni o sussistenze, esige una meno iniqua imposizione fiscale.

Che poi se si irmpovera ai gilet gialli  di chiedere le dimissioni senza immaginare un dopo, sena nemmeno accreditarsi per formarne uno, ma semmai di precostituirsi come “lobby” per esercitare pressioni in favore dei ceti impoveriti,  le stesse obiezioni si potrebbero muovere a un movimento che non propone soluzioni se non l’addomesticamento dlela belva dello sviluppo insostenibile con misure ben introdotte nel sistema della Green economy (ne ho scritto proprio ieri qui: https://ilsimplicissimus2.com/2019/03/18/ecologia-di-mercato/ )

Macché il nostro non ha dubbi su chi scegliere: chi se non “quelli in marcia con Greta  che invadono le piazze con l’allegria, i colori e l’ottimismo? Contro  i gilet gialli che stanno diventando sempre più neri.

Non c’è niente di peggio di gente che si è collocata con dinamiche giravolte in tutte le formazioni del reducismo di sinistra, ingoiando tutti i rospi in cambio  almeno dei benefici per l’immagine dell’affiliazione ai “recinti” vendoliani, nei quali ci si batte contro l’inquinamento globale ma si fa melina per quello tarantino, quelli in cui si applaude la disubbidienza sui profili dei social a condizione che riguardi altri, che la si possa delegare come le responsabilità, che si metta all’occhiello come un distintivo “umanitario” purchè non intralci le magnifiche sorti e progressive dello sviluppo.  E non c’è niente di peggio del movimentismo di ritorno, di quelli che invidiano e vorrebbero essere accolti nelle cerchie della giovinezza visionaria e cazzara, colorata e festosa, proprio come i cinquantenni che si comprano ancora la moto, indossano il chiodo e gli stivaletti alla Bonaga nel ’77 di Bologna.

Ma a farci capire tutto anche dove approderà l’entusiasta  , estasiato perché i militanti della lotta la climate change  incarnano la lotta al riprovevole nazionalismo dei tricolori inalberati dei fracassoni neri, “manifestando senza alcun simbolo e nessuna bandiera nazionale,  e -voila la grande diffèrence – “coi cartelli quasi sempre in inglese”.

Non occorreva Cavalli per ricordarci che è quello l’idioma dell’impero, il gergo di Wall Street, la parlata degli yankee scritta sui loro carri armati, sui loro droni, sulle loro bombe, sui loro F35 taroccati che ci impongono come l’affettuosa partecipazione alle loro guerre. Che è quella la lingua della globalizzazione, dell’imperialismo, della colonizzazione anche dei desideri e dell’immaginario dell’Occidente, della teocrazia del mercato che dovrebbe combattere l’inquinamento con il mercato, come appare evidente dal fatto che si recita in inglese il mantra della salvezza: green economy, emission trading, low carbon economy, Joint Implementation, Clean Development Mechanism. Locuzioni dello slang padronale pensate per persuadere gli straccioni che possono ricavare qualcosa dai loro mali nel grande suk globale, come i risarcimenti per il cancro, la conservazione del posto in cambio della salute. E un bel funerale come è probabile avverrà al mondo nell’annunciato Day After .