MOSCHEA-633x360 Anna Lombroso per il Simplicissimus

Facciamo finta per un momento che dietro all’attentato di Christchurch non ci sia un disegno preciso di consolidamento delle destabilizzazioni compiute in tutte le periferie dell’impero anche in quelle più empatiche e colonizzate tanto da farle sembrare esenti.

Facciamo finta che l’attentato sia davvero opera di “un commando ben organizzato”, come scrivono le agenzie,  che ha aperto il fuoco sui fedeli riuniti in due moschee sparando con fucili che recano i nomi di “autori di stragi a sfondo razziale, tra i quali spicca quello di un criminale italiano, Luca Traini,  che nel 2018 ha tentato una strage di immigrati a Macerata ferendo sei persone o quello di Alexandre Bissonnette, autore di una strage in Canada dove vennero uccise sei persone e 19 rimasero ferite.

Facciamo finta che sia un branco improvvisato di lupi solitari che si pasce in rete delle imprese di bastardi degli antipodi, fatto di per sé sconcertante – e che siano semplicemente dei burattini, quattro dei quali sono stati tratti in arresto, tre uomini e una donna in quota rosa.

Fosse tutto così semplice, ci sarebbe ancora di più da interrogarsi sul brodo di coltura  che nutre questi soggetti,   sulla presa che ha fatto l’islamofobia, a cominciare da quella “istituzionale”, quella dei tanti illuminati  che si dolgono che i diversi non vogliano integrarsi, mutuando le critiche rivolte all’esordio del nazismo a ebrei e zingari, quella alimentata da un flusso informativo che giustifica, contestualizza, minimizza la xenofobia come effetto collaterale fisiologico della violenza islamica e della pressione degli “altri”. E anche quella che orchestrano da lontano ma non poi tanto, quelle petrol-monarchie che appoggiano e finanziano la destabilizzazione di territori di cui hanno bisogno per mantenere  il loro dominio sulle ricchezze del suolo e del sottosuolo del Medio Oriente e che finanziano la domanda di Jihad, rafforzando una certa visione dell’Islam per evitare l’emergere e lo sviluppo di altre visioni progressiste che minaccerebbero la loro egemonia economica, culturale e morale contagiando i loro paesi con le stesse idee “pericolose” che spaventano l’Occidente con cui mantengono relazioni di potere: l’anticapitalismo, l’anti-imperialismo, il progressismo nelle sue diverse varianti, il comunismo, la teologia della liberazione, il femminismo.

Certo adesso come è stato fatto in passato, ci sarebbe da esigere che qualcuno faccia autocritica, che come è successo dopo gli attentati in Europa, gli interpreti della weltanschauung dominante, i Galli Della Loggia, i Panebianco, per parlare dei più educati fanatici, si discolpino e prendano le distanze come hanno chiesto a chi sospettava della teorizzazione dello scontro di civiltà, irreversibile ma ormai necessario per combattere la barbarie e il meticciato.

Ci sarebbe da obbligarli a spiegarci il loro culturalismo che rivendica una nostra superiorità ontologica, rispetto ai costumi e alla confessione che li intride, per sua stessa essenza connaturato con la violenza, la barbarie e l’irrazionalità, refrattaria alla ragione e inadatta a una società democratica, in ragione del fatto che contrariamente a tutti gli altri credenti, i mussulmani sarebbero un’entità unica e omogenea, che condivide la stessa visione del mondo, della società e del rapporto con gli altri, che dovremmo estirpare per conservare i nostri valori, che sarebbero poi la laicità, i diritti delle donne, il rispetto degli “altri”. Appunto, viene da dire  anche  senza scomodare venti secoli di storia da ogni tipo di violenza e d’infamia genocida, Crociate, Inquisizione, colonialismo, fino alle attuali guerre “umanitarie” dichiarate per esportare democrazia e consolidamento istituzionale.

Ma sappiamo già che è chiedere l’impossibile: da ora comincia la gara alla interpretazione più semplicistica: attentato della follia omicida di singoli individui, oppure, esito di un vasto complotto con scopi precisi: ebraico mondiale, «illuminati», servizi segreti,  nazisti immortali ricoverati in Brasile. Tutte letture che comunque sono indice dello stesso rifiuto del reale e della  rinuncia allo sforzo di comprendere il mondo e i drammi che lo attraversano, frutto della negazione della conflittualità sociale, degli interessi divergenti, della pressione e dei condizionamenti delle classi dominanti, altrettanto perniciosi e mortiferi dei fucili, reticenza sui mandanti, sempre i soliti sospetti.

 

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