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Il fu Mattia Zingaretti

Zingaretti-ProdiOgni volta che vedo Zingaretti con il suo resistibile esprit odontotecnico, mi viene in mente quella straordinaria frase italiana detta da Pietro Nenni: “ora bisogna decidere, non resta che astenersi”. E d’accordo che l’essere umano può credere qualsiasi cosa e soprattutto l’inverosimile, d’accordo che la classe dirigente del mondo di mezzo della politica e dell’amministrazione ha bisogno di rifarsi una dentiera diventata traballante, che molti si sentono rassicurati dal ritorno ai vecchi e apotropaici riti ulivisti dopo l’orgia renziana, ma davvero bisogna essere ciechi per non rendersi conto che siamo entrati in una fase decisiva per la vita stessa del Paese nella quale tutto questo non è che una recita. Cosa ci serve un fu Mattia Zingaretti, alter ego di Prodi fuori tempo massimo, una testa di struzzo immersa nei vecchi breviari del politichese e dell’europeismo reazionario in salsa neoliberista?

Proprio in questi giorni un intervento di Giuseppe Masala, ripreso da numerose testate, mostra, grafici alla mano, che 500 miliardi di soldi italiani vengono investiti all’estero perché le regole insensate di Maastricht sul debito pubblico impediscono che essi vengano utilizzati nel nostro Paese e che lo stato eroghi migliori servizi alla popolazione e/o investa in infrastrutture e nel territorio, il che avrebbe tra l’altro un enorme risvolto occupazionale. Tutto questo mentre si annuncia una nuova recessione continentale: Martin Wolf sul Financial Time di cui è un decano scrive che bisogna assolutamente evitare questo disastro, che la Bce si deve mettere a stampare soldi perché fare debito è l’unica maniera di uscirne. “Cosa diavolo stanno aspettando?” E qualche giorno prima il sociologo tedesco Wolfgang Streeck  del Max Planck Institut ha sostenuto che bisogna rompere con l’euro al più presto, visto che si è dimostrato un errore colossale, un esperimento di autodistruzione reso ingestibile dall’ iper globalizzazione liberista:  “La governance del capitalismo democratico come la conoscevamo negli anni sessanta è scomparsa. Il bipartitismo è uno zombie, la miscela di incertezza e di paura sta prendendo piede nelle nostre società e la prova è l’emergere di nuovi partiti che sfidano apertamente il cosiddetto ordine liberale. Gli Stati sono entrati in crisi fiscali formidabili e la combinazione con livelli sconcertanti di disuguaglianza e indebitamento ha lasciato gli Stati senza strumenti”.  Oltretutto l’euro ha favorito solo gli esportatori tedeschi,  ma pare che gli europei del Sud non se ne siano ancora resi conto. “Svegliatevi!”

Macché, un’informazione ridicola e ormai fuori da ogni realtà che non sia quella dei suoi padroni, è tutta un cigolio di turiboli e di densi fumi che non somigliano proprio all’incenso, ma a materiale organico per l’agricoltura. E’ evidente che da qualsiasi parte si guardi ormai  non c’è che il disastro annunciato e ormai visibile sulla linea d’orizzonte in tutto il suo fulgore: qualcuno pensa alle scialuppe di salvataggio, non perché contrario alla sostanza politica della lotta di classe alla rovescia che si è affermata con la moneta unica e le sue regole, ma perché si rende conto che continuare su questa strada potrebbe far esplodere il disagio, come sta avvenendo in Francia con i gilet gialli e mettere così in forse le conquiste della disuguaglianza nell’ultimo trentennio. Altri come i tedeschi, sono impauriti dalla prospettiva di dover trasferire immense quantità di denaro altrove, altri ancora si limitano a descrivere i disastri come fossero increduli per lo spettacolo che ferisce fedi mal riposte. Solo i centrismi ambigui e spesso intercambiabili, che hanno la testa rivolta all’indietro con cecità coatta e ipocrita nostalgia  possono pensare di continuare a recitare il rosario della retorica, continuare a fare finta di niente.

Chi ricorda con rabbia per ciò che poteva essere e non è stato, non può cascare in queste trappole crepuscolari e pensare che solo cambiando interprete passando da un attor giovane in veste di guappo, inciampato rovinosamente nel suo monologo, a un sobrio figurante dell’apparato tutto possa essere diverso: il testo resta lo stesso. E così tra un corrusco Salvini, un ectoplasma Di Maio che non sa battere un colpo e un mestierante non ci resta che piangere.

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