605353_20140924_tizianorenzi1Sembravano così diversi ed erano uguali. Ricordate le tifoserie del Cavaliere che di fronte a qualsiasi atto della magistratura gridavano al complotto e versavano tonnellate di strilli sul giustizialismo, sulle toghe rosse, sulla giustizia ad orologeria oppure giacobina come piaceva a Giuliano Ferrara che si compiaceva con questo aggettivo di sottolineare la sua differenza culturale con la marmaglia  berlusconiana? Le stesse cose le ritroviamo nei seguaci di Renzi, anzi in peggio perché l’uomo di Arcore e i suoi seguaci non facevano altro che ubbidire al loro istinto di squali ed erano una versione folcloristica della deregulation neo liberista, del disprezzo per il lavoro e i suoi diritti, mentre gli altri dicevano di essere tutt’altro, ma è bastato che i genitori di Renzi incappassero in una sordida vicenda di ruberie e di lavoro in nero per scatenare un’identica canea di fronte all’inaudito e all’impensabile: gli arresti domiciliari, per due teneri vecchietti. Oddio anche il figlio ci aveva provato quando gli fu improvvidamente affidato dal babbo lo strillonaggio per la Nazione: pretese di negare ogni rapporto continuativo con chi di notte distribuiva i giornali freschi di stampa e fu condannato in Cassazione. A questa famiglia il lavoro nero, malpagato e senza diritti piace proprio, a partire dagli strilloni per finire al job act: vogliamo proprio toglierle questa consolazione?

Da notare che Berlusconi era anche più anziano quando riceveva i suoi avvisi di garanzia che poi finivano in prescrizione, ma lui era solo un vecchio sporcaccione. E così sgranando il rosario della rete possiamo assistere al grido di dolore per questa autoproclamatasi l’Italia pulita, un documento che merita attenzione per capire che questi si truccavano da delfini ma erano pescecani. Eccone un florilegio “Quel che sta succedendo a Matteo Renzi e alla sua famiglia è semplicemente indegno di un paese civile. Credo che meriti la ferma risposta di ciascuno di noi”, scrive alle 22,11 Luciano Nobili. Concordo”, “Assurdo”, “Pazzesco” : twittano Gadda, Fragomeli, Enza Bruno Bossio, Alessia Morani. Renzi stesso si fa vivo: “colpiscono loro per colpire me”, sostenendo che “se non avessi fatto politica, i miei genitori starebbero a godersi la pensione”. E convoca una conferenza stampa a palazzo Madama per le quattro del pomeriggio “Domani alle 16 conto di andare in Senato”, scrive Claudio Mancini. “Anch’io” scrive Andrea Romano”. “Dobbiamo essere tutti lì”, chatta la Bruno Bossio. E poi Nobili, Morani, Paita, Marti, Pezzopane momentaneamente distolta da suo toy boy. Tutti pronti a lasciare i lavori dell’Aula per correre al palazzo Madama a difendere l’onore. Chi non c’è fisicamente, annuncia di esserci con lo spirito: “Sono in missione a Bruxelles, ma sono con voi”, dice la Serracchiani”. Interviene Matteo Orfini: “Ho sentito Matteo che vi ringrazia tutti per la solidarietà. Su domani valutiamo cosa fare anche insieme a lui domani stesso. Ci siamo trovati d’accordo anche su un aspetto piuttosto urgente: usciamo ora anche sul salvataggio di Salvini sennò passa in cavalleria”. E Piero Fassino l’uomo Tav che dovrebbe tremare persino di fronte alle buste per la raccolta fondi di Frate Indovino: “Nessuna ragione investigativa giustifica quel che sta accadendo ai genitori di Matteo Renzi. Si fa strame dello Stato di diritto e di fondamentali regole della convivenza civile. Chi vuole vivere in un paese democratico e giusto non può accettarlo, né assistere inerte”. E in coro: “Grande Piero”, chattano Nobili, Portas, Fiano, Prestipino. Fa eco Ivan Scalfarotto : “Ero renziano, pure col turbo, ma credo di non esserlo stato mai in modo settario. Con questa autentica schifezza sono riusciti a farmi schierare a priori, a farmi diventare partigiano. Mi pare una cosa talmente grave che va ben al di là della vicenda personale di Matteo e dei suoi. Qui c’è in ballo lo Stato di diritto e la libertà di tutti e ha ragione Piero, non ci si può girare dall’altra parte”.

Certo povero Ivan questa indignazione così sincera gli calza a pennello, lo rappresenta in tutta la sua natura, Ma il capolavoro lo ha fatto Renzi stesso, ovvero il figlio in questa trinità senza spirito santo: difficile leggere qualcosa di più ipocrita, di più doppio, di più farisaico perché nel comunicato in cui annuncia l’annullamento della presentazione del suo libro a Torino per la “grave vicenda personale” comincia dicendo di avere molta fiducia nella giustizia italiana e e si affida alla speranza che tutti i cittadini siano uguali davanti alla Legge. “ Dunque – continua – sono impaziente di assistere al processo. Perché chi ha letto le carte mi garantisce di non aver mai visto un provvedimento così assurdo e sproporzionato. Mai”. Addirittura come se babbo e mamma fossero stati messi in un gulag, ma non appena finito questo cappello istituzionale in cui finge di non essere il ganassa incosciente che è, cambia registro e in sostanza parla di una magistratura partigiana e ingiusta: “Da figlio sono dispiaciuto per aver costretto la mia famiglia e le persone che mi hanno messo al mondo a vivere questa umiliazione immeritata e ingiustificata. Se io non avessi fatto politica, la mia famiglia non sarebbe stata sommersa dal fango. Se io non avessi cercato di cambiare questo paese i miei oggi sarebbero tranquillamente in pensione.” In sostanza dice che si tratta di una giustizia politica ancorché trasversale, di un caso di lupara bianca che usa i giudizi invece del fucile a canne mozze. C’è tutto Renzi in questo comunicato che afferma ciò che nega e viceversa di fronte a un provvedimento giudiziario che proprio perché Renzi é Renzi è andato avanti tra mille cautele pur essendoci prove  e testimonianze assai chiare.

Ma questa identità tra la curva berlusconiana e renziana nel considerare un’offesa il fatto che i potenti o i loro familiari e famigli possano essere messi sotto accusa, non è senza significato: a un identico animus sciagurato ed eticamente miserabile corrisponde un’identità politica fra il berlusconismo e il renzismo che in realtà risale anche a parecchio prima che entrasse in scena il guappo di Rignano: è quasi impossibile scorgere una qualche differenza sostanziale tra l’opera dei governi del cavaliere e quelli di centro sinistra con l’unica differenza che questi ultimi, se non hanno avuto il clamore delle cronache porno, hanno avuto miglior gioco nel cancellare e deformare i diritti del lavoro perché si presentavano come amici e non come nemici. Ed eccoli tutti insieme a gracidare e squittire quando scoprono di non essere al di sopra della legge o almeno non abbastanza. Dio che ingiustizia.