La ragione di quelle parole e del silenzio degli analisti è che negli Stati Uniti si vedono crescere i sintomi premonitori di un cambiamento sociale e dunque anche politico che spaventa le elites di comando perché nasce proprio dentro il pilastro del sistema capitalista mondiale nonché motore principale delle sue progressive degenerazioni. Il primo sintomo è costituito dalla rinascita dei Democratic Socialists of America che per 40 anni non hanno superato i 7 mila iscritti, ma nel 2018 sono passati a 45 mila: la cosa è particolarmente interessante perché tale crescita è andata di pari passo con il passaggio del movimento da posizioni molto blande, sulla scia di quelle dl Partito Democratico e della socialdemocrazia europea, ad atteggiamenti molto più radicali che sono stati evidentemente premiati e non solo con le tessere, ma anche con l’elezione di centinaia di suoi rappresentanti ad ogni livello, dai consigli comunali ai parlamenti locali e persino alla Camera dei Rappresentanti. Cosa significa tutto questo? Significa che sono passati almeno 70 anni da quando gli Stati Uniti non hanno visto un’organizzazione di sinistra grande come il Dsa e che sono passati 110 anni, dai tempi del Partito socialista di Eugene Debs. che non si vedevano tanti eletti di sinistra.
Tutti questi giovani della Dsa ma anche quelli dei grandi movimenti sociali che investono gli Stati Uniti, sono in gran parte “figli” di Bernie Sanders o piuttosto della sua campagna elettorale nel 2015-2016, che ha radicalizzato la gioventù americana e di fatto rimesso in circolazione ciò che fino pochi anni fa era “la parolaccia che inizia con una S”, il socialismo. I riferimenti di questi giovani sono alcuni nuovi deputati che pur essendo stati eletti nel partito democratico ne rappresentano quasi l’antitesi: si tratta della palestinese Rashida Tlaib che proprio qualche giorno fa duramente condannato le “manovre assassine” degli Usa in Venezuela, ma soprattutto una giovane avvocatessa del Bronx, Alexandria Ocasio-Cortez, che da quando è stata eletta non fa che provocare scandalo nell’establishment con le sue proposte di portare le tasse per i ricchi al 70%, trovando peraltro un inatteso difensore in Krugman (per i particolari vedi qui), di raddoppiare la paga oraria minima da 7,5 dollari a 15, di eliminare le prigioni a gestione privata e di creare un vero sistema di sanità pubblica e non quella schifezza di riforma di Obama tutta basata sulle assicurazioni private. E tanto per rimanere nella cronaca di questi giorni ha fatto saltare il progetto di Amazon di costruire il proprio quartier generale nel Queens in cambio di incentivi pubblici per 3 miliardi di dollari, secondo quel delirante scherma del capitalismo contemporaneo che prende i soldi di tutti per farsi i profitti privati. Contro di lei quelli che ogni giorno sdoganano sempre nuove identità sessuali per far vedere quanto sono buoni, aperti e moderni, ma hanno tentato di montare un grottesco scandalo per un innocente ballo su Youtube dandole ovviamente della puttana. Basta grattare solo un po’ per vedere di che pasta sono fatti.
Quindi quando Trump “galvanizza” l’establishment americano (di qualsiasi sensibilità politica) dichiarando che “gli Stati Uniti non saranno mai socialisti”, è chiaro che non parla in modo astratto ma che si riferisce a una minaccia concreta che coinvolge ormai decine di milioni di americani in quello che probabilmente si avvia a diventare un conflitto di classe.