Certo al di là delle cifre e delle analisi più o meno rivelatrici la denatalità è un fenomeno ormai ben conosciuto, specie in Italia dove esso è favorito anche da un pertinace familismo che ha come suo effetto un tale investimento economico e sociale sui figli che vi si rinuncia più che in altri contesti in presenza di condizioni precarie e sfavorevoli. Però la cosa davvero interessante è come hanno reagito a tutto questo le forze della sinistra che per vocazione e per statuto ideologico avrebbero dovuto difendere i ceti popolari dall’assalto della lotta di classe alla rovescia. La quasi totalità di esse invece di battersi per i diritti acquisiti dopo decenni di lotte, di difendere la sanità pubblica e il sistema pensionistico, ha trovato una facile via d’uscita nell’ideologia americaneggiante dell’accoglienza. Fin dalla seconda metà degli anni ’90, alla preoccupazione per l’importazione di un esercito di riserva che consentisse oggettivamente di manomettere i diritti del lavoro e abbassare i salari, è stata via via sostituita la tesi della necessità dell’immigrazione per sostenere uno stato sociale peraltro in continuo arretramento: essendo i giovani e le persone in età da lavoro sempre meno l’unica maniera di sostenere i costi sociali di una popolazione in via di invecchiamento era quella di importare braccia, tanto più che tale operazione poteva anche avere un’aura umanitaria e fondarsi su un diritto astratto alla mobilità planetaria. Gli immigrati pagano le pensioni agli italiani: questo il grido di battaglia che si confondeva con i piagnucolii da coccodrillo della Fornero.
Così invece di ristabilire le condizioni sociali per un ritorno a tassi di natalità da tali da tenere stabile la popolazione si è presa questa strada che se può anche essere apparentemente corretta almeno in parte, in realtà riposa su tutto lo sciocchezzaio da Fmi che siamo costretti a sopportare e che fa parte della narrazione iper liberista. Infatti non è per nulla vero che con l’aumento dell’età media il sistema pensionistico debba necessariamente entrare in crisi perché in realtà l’aumento di produttività per addetto cresce ( dal ’90 è stato calcolato nel 2% annuo) in maniera molto più netta per cui anche se la popolazione lavorativa tende a scendere essa può far fronte tranquillamente a questi cambiamenti demografici, a patto però che l’aumento di produttività vada nelle casse degli istituti pensionistici e non in quelle dei voraci imprenditori come invece accade, a patto che la precarietà sia marginale e che i salari mantengano il loro valore di acquisto. La tesi è vera solo se c’è una distribuzione di ricchezza e non un sempre più clamoroso accentramento. Questo senza tenere in conto gli aspetti inflattivi che di solito rendono il valore dei contributi versati durante l’attività lavorativa pressoché corrispondenti in media alle pensioni percepite. Una dimostrazione è l’Inps che sgravata dal peso degli obblighi assistenziali, ovvero dalle pensioni sociali a cui non corrispondono a contributi effettivamente versati, risulta in attivo, nonostante la situazione drammatica dell’economia del Paese. Ciò che si vuole è in sostanza sgravare le aziende dei contributi o di gran parte di essi per favorire il profitto e perché altre aziende possano vendere prodotti pensionistici a totale spesa di chi lavora. La precarietà è anche questo, la fine di ogni solidarietà sociale.
Insomma si tratta di un’una sub ideologia in perfetto accordo col reazionarismo globalista del capitalismo finanziario. E nella quale c’entrano poco sia l’umanitarismo supercilioso quanto agli effetti e smemorato quanto alle cause, sia la volgare e squallida xenofobia: queste sono solo le forme, le ombre proiettate nella caverna dalla narrazione mainstream, per nascondere i meccanismi interni della questione e il disumanitarismo delle guerre e dei regimi sanguinari necessari a mantenere il controllo delle risorse. Questo non significa affatto che si debba rinunciare all’arricchimento costituito dai flussi migratori (cosa che peraltro nelle condizioni attuali è una pura chimera, un ballon d’essai dal momento che vivere insieme non è vivere a fianco) ) , ma considerarli come necessari per sostenere la macelleria sociale e importare gente il cui costo di riproduzione è inferiore, è qualcosa di radicalmente diverso, anzi di opposto ad ogni concezione umanitaria: è il modo per schiavizzare tutti.