abramsCome molti avranno letto Elliott Abrams  è diventato ambasciatore speciale per il Venezuela, vale a dire la cruna dell’ago dell’assalto al Paese latino americano e alle sue immense risorse che gli Usa vogliono risucchiare, non solo per ingrassare ancora di più le loro multinazionali, ma anche per impedire che altri ne possano disporre. Non è una scelta casuale perché questo Abrams è un personaggio ben conosciuto per aver svolto fin dall’epoca di Reagan ruoli di spicco nelle varie crisi dal Guatemala, al Nicaragua, alla vicenda Iran – Contras ( per la quale fu anche condannato e poi graziato da Bush) , alle due guerre del golfo; insomma un guerrafondaio che ha appoggiato tutte le controrivoluzioni e ogni squadrone della morte.  Ma la sua vera specialità è stata quella di ricoprire qualsiasi schifezza. qualsiasi orrore, con la doratura superficiale della democrazia e dei diritti umani affinché qualsiasi operazione potesse avere a che fare, sia pure vagamente con i crismi della giustizia: infatti in veste di consigliere per la sicurezza nazionale nel quadro della Global Democracy Strategy e grazie ai suoi rapporti privilegiati con il governo di Israele,  si ritrovò a fare da protagonista in un incontro tra il ministro degli esteri Usa e alcuni inviati siriani, tra cui il ministro dell’emigrazione Bouthaina Shaaban. Era il 2005 e in quell’occasione gli Usa volevano far passare la tesi di supposte  azioni ostili della Repubblica Siriana contro le forze di invasione americane in Iraq, descrivendo la quantità di problemi che stavano affrontando non ultimo il permesso accordato a chi combatteva le forze Usa di attraversare il territorio siriano

Si trattava di semplici pretesti che con il senno di poi possiamo interpretare come la nascita dell’operazione caos in Medio Oriente, ma queste affermazioni colpirono i delegati siriani che fecero presente al ministro degli esteri come si trattasse di notizie del tutto false e probabilmente riferite di terza mano, che se volevano conoscere il reale stato delle cose dovevano chiedere a chi sul territorio ci viveva. A questo punto Abrams, prese da parte la signora Shaaban e le disse: “Ma cosa importa la verità di ciò che sta accadendo nel mondo? L’importante è il concetto e l’immagine che influenzano le menti delle persone. Che siano vicini o lontani dalla verità è secondario e non cambia nulla”. Infatti la realtà è diventata una pura immagine dove il vero e il falso si misurano non con la maggiore o minore adesione ai fatti, ma con la maggiore o minore audience come se si trattasse di uno sceneggiato o di una serie televisiva. Per quanto possa sembrare astruso tutto questo non è sorprendente e non è nemmeno una maligna deviazione: è invece in perfetto accordo con l’ideologia del capitalismo mercatista nel quale il valore di qualunque cosa non dipende da condizioni fattuali o culturali, ma dalla sua appetibilità, ovvero dalla capacità di stimolare in continuazione gli strati più primitivi e più automatici della mente emozionale. Per questo nelle produzioni della Hollywood merdiorientale i bambini prendevano tanto spazio: è semplicemente perché più forte è lo choc e più improbabile che la razionalità possa stimolare domande. 

Tutto si basa sulla percezione e sulla sensazione dopo secoli che la scienza era riuscita ad imporre un metodo tendente alla misurazione: non si studiano più i fenomeni in se stessi, ma la percezione dei fenomeni in gruppi campione e benché questa sia per antonomasia soggettiva, la realtà diventa una media statistica più importante del dato oggettivo anche nei campi in cui quest’ultimo è disponibile e diffuso. Non ci si chiede più cosa avvenga, ma cosa la gente pensi che stia avvenendo e tutto questo passa come “realismo”.  Quindi non dobbiamo affatto meravigliarci di quello che disse Abrams, né del fatto che schiere di persone possano aver creduto a tutte le assurde narrazioni sull’Irak, sulla Siria, sull’Afghanistan, sull’Ucraina e oggi sul Venezuela, ma anche su cose più vicine come la democrazie e l’Europa, oppure su semplici oggetti di consumo: cosa importa la verità?  E’ l’immagine che conta e ancor più il possesso assoluto degli strumenti con i quali queste immagini vengono riprodotte e imposte. Probabilmente se Marx avesse oggi trent’anni penserebbe che il fattore centrale del sistema sia la proprietà dei mezzi di narrazione più che di produzione.