i-banchetti-rinascimentali-l-nvekn8 Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si-Tav a tutti i costi. È proprio il caso di dirlo se il tavolo- o la tavola –  su cui si gioca la partita dell’alta velocità non è e non è mai stato quello della effettiva utilità dell’opera e sui suoi reali benefici, se è stata riesumata per l’occasione la maggioranza silenziosa che parla troppo e a vanvera, con tanto di sciure in pelliccetta sia pure ecologica, mariti del rotary dietro le quinte a suggerire gli slogan, ottantenni speranzosi di un recapito più rapido dei pannoloni,  leghisti motivati a mettere ancora una volta in minoranza politica e morale gli esitanti alleati, pochi giovani, che c’è da augurarsi stiano dall’altra parte (ma non è sicuro, se diamo ragione  a Tolstoj che li definisce l’ala più reazionaria e conservatrice della società).

Si-Tav a tutti i costi, se ancora una volta il movimento 5stelle cederà anche su quello, trasformando l’ardito No di un tempo in un “non si può fare altrimenti” e i vaffanculo d’antan in educati quanto confusi conti della spesa, come è successo con Terzo Valico, con le Trivelle, con Tap e fingendo di dar  credito alle baggianate in merito a tremende sanzioni, esose multe, vergognosa espulsione dal sistema della concorrenza e dal consorzio civile, se appena appena si pretendono calcoli attendibili che suffraghino, tanto per fare un esempio,  i dubbi, espressi perfino dall’Osservatorio Torino – Lione e espressi nel documento  di “Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia – Fase 1 – 2030” commissionato dalla Presidenza  del Consiglio Gentiloni vigente, sulla effettiva utilità ed efficacia di un intervento per il trasporto veloce delle merci, laddove le produzioni e il traffico conseguente hanno subito un progressivo e e costante ridimensionamento.

Si-Tav a tutti costi, se secondo le mosche cocchiere della stampa dipende da quello la salute, anzi la sopravvivenza  delle nostre imprese, penalizzate da insani ostacoli alla modernizzazione del paese tramite l’ingegneria, il cemento e il genio pesante, che dopo aver tanto contribuito al sistema autorizzato per legge della corruzione si trovano a mal partito se si ferma la poderosa macchina del malaffare e risentono della crisi che ha colpito perfino il perverso assistenzialismo. È per quello che la povera Mantovani società presente in tutte le cordate delle mazzette, legalizzate e non, non può portare a termine l’incarico che si era assunta, pagato profumatamente, di riparare  il tubo del depuratore di Malamocco. E, diciamolo, è stato per quello che i Riva anche in anticipo sull’apocalisse finanziaria, non è stata in grado di adottare misure anti inquinamento e di effettuare le doverose bonifiche, che De Benedetti è stato costretto a rinunciare agli accorgimenti per tutelare lavoratori e popolazione dagli effetti dell’amianto e che giù giù in un regime di scala, gli impresari edili non dotano di caschi e attrezzature di sicurezza gli operai, italiani e stranieri, che si inerpicano sulle impalcature.

Si-Tav a tutti i costi, se ci si preoccupa perfino dei lavoratori minacciati dal contagio della sindrome Nimby, quelli precarizzati dalla cancellazione di diritti, garanzie e conquiste sudate in decenni, comunque condannati a tirar carriole, trascinare macigni, scavare nell’eterna ammuina di una industria che ha scelto la pesantezza, la pressione sul suolo e sull’ambiente, l’ingegnerizzazione e la cementificazione come per i ponti, il Mose, i grattacieli che hanno ancora un mercato solo negli sceiccati megalomani e a Milano, e come per la Fiat,  agli investimenti in tecnologia e innovazione, nella trasformazione aberrante di un mercato del lavoro convertito in tratta degli schiavi, nella rassegnazioni di uno Stato ridotto all’impotenza che non sa e non vuole immaginare un disegno organico di salvaguardia e risanamento del territorio combinato con una strategia per l’occupazione che impegni risorse professionali e manodopera nella conservazione, protezione e valorizzazione del territorio.

Si-Tav a tutti i costi, se così si aggira e si può non evadere davvero qualsiasi domanda venga dal basso proprio sui “costi”. Perché vige una beneducata riservatezza su quanto costano, sono costate e costeranno le grandi opere, i grandi eventi, le grandi guerre e i grandi imbrogli che si consumano, soprattutto se vengono avviati, non vengono mai finiti e diventano così una formidabile fonte di redditi opachi  per studi di progettazioni, aziende che guadagnano sui ritardi, sull’affitto delle gru montate e dei macchinari che stanno fermi, sulle necessarie modifiche in corso d’opera, sulle riparazioni imprescindibili per danni prodotti magari volontariamente, sugli incarichi di ripristino dati allo stesso soggetto che ha causato il male, come succede a Venezia dove il Consorzio Venezia Nuova assume in sé il ruolo di guastatore e riparatore, di scavatore e riempitore ed è perciò diventato un modello esportabile di misfatti a rigor di legge.

E d’altra parte non vorrete mica che il popolo bue in odor di populismo venga a conoscenza di dati così sensibili che riguardano la sicurezza dello Stato e il segreto industriale? Che si sappia davvero quanto sborsiamo di tasca nostra per comprare armi, quanto ricaviamo senza saperlo dalla svendita di porzioni del nostro suolo patrio convertito in poligoni per testare strumenti di morte, quanto cacciamo fuori per consentire a aziende di guadagnare dai nostri pedaggi senza che vengano effettuati controlli e adottate misure di sicurezza, quanto sborseremo per realizzare le infrastrutture indispensabili per collegare inutili stadi e falansteri annessi al resto delle città dove non vengono invece creati e potenziati i trasporti pubblici?

Si-Tav a tutti i costi, perché non è casuale che si investa nelle grandi menzogne che fanno da camouflage alle nostre miserie pubbliche o in quelle che caricano del nostro sospetto e della nostra diffidenza feroce ipotetici nemici da criminalizzare e punire. In questi giorni anime belle si compiacciono per una lettera di una terremotata che informa che ad Amatrice non sono sotto le tende e che comunque loro sanno e rivendicano che la colpa dei ritardi e delle disfunzioni non è certo da attribuire agli stranieri  e al loro costo per la cittadinanza. Messaggio encomiabile, se non fosse che non sono sotto le tende, vorrei anche vedere al terzo inverno dal sisma, ma in centinaia sono ospiti da familiari, in hotel della costa, in casucce il cui tetto vacilla sotto la neve, concesse con sistemi e tempi vergognosi, che non sono fatte per sopportare condizioni climatiche avverse, che appena montate hanno mostrato cattivi funzionamenti. E se non fosse che a Norcia sono stati investiti quattrini  per montare un obbrobrio destinato a ospitare non meglio identificati trattori e osti , confermando il più inquietante sospetto, che i pochi soldi stanziati per la ricostruzione, la pressione delle burocrazie chiamata in campo ma mai contrastata, le scelte discutibili sulle priorità nascondano l’intento di fare di quell’area un parco tematico, una disneyland dell’alimentazione per il turismo religioso e non, coi produttori, agricoltori e allevatori trasformati in inservienti e commessi addetti alla vendita di merci tutte uguali là come ai banchi di Fico e della Coop e prodotte chissà dove.

Si-Tav a tutti i costi, perché mica possiamo fare una figuraccia con chi non l’ha voluta e l’ha appioppata al cugino cretino, con chi la vuole imporre per indebitarci sempre di più e ricattarci sempre meglio. Si-Tav per chi nelle more delle miserie parlamentari aspetta come una manna la rinuncia e l’abiura dei pasticcioni istituzionali, per chi tra i suddetti arruffoni spera, magari tramite opportuno referendum, di essere costretto all’assenso ed essere cooptato così tra gli utili servi dei padroni.

E allora spetta a noi riprenderci i nostri No.