eclissi-spec-4La notizia dovrebbe essere una bomba: un gruppo di hacker ha chiesto soldi per non diffondere migliaia di documenti secretati, ma rubati con incursioni informatiche che riguardano l’11 settembre e provenienti  sia dalle agenzie ufficiali, Cia, Fbi, Pentagono, sia dalle assicurazioni e dai legali coinvolti nel clamoroso attentato che ha dato il via alla guerra infinita. Si tratta di una vicenda che in ogni caso dovrebbe occupare le prime pagine dei giornali e le aperture dei tiggì anche se si trattasse di un bluff e invece rimane stranamente al margine del mainstream come se si temesse che il raccontare questo fatto possa insinuare il germe del dubbio nell’uomo della strada. Perché se uno chiede un pagamento in cambio della scomparsa di informazioni compromettenti è difficile che si tratti solo di fantasie. Del resto già negli ultimi giorni dell’anno appena conclusosi, il procuratore degli Stati Uniti ha accettato, su pressione di architetti, avvocati e parenti delle vittime, di iniziare un’indagine seria sulla madre di tutti gli attentati, visto che la versione ufficiale presenta molte falle e contraddizioni che l’informazione si è incarica di tacitare rubricando il tutto come teoria complottista.

La questione posta al procuratore riguarda specificatamente la presenza di esplosivo nei grattacieli crollati e in un altro collassato anche se non colpito da alcun aereo: molti esperti sono infatti convinti, dopo 17 anni di sperimentazioni, che l’impatto con gli aerei non sarebbe stato sufficiente a determinare il crollo delle torri. Si tratta dunque di un tema specifico, ma che se confermato potrebbe aprire un vaso di Pandora su un evento cardine: tuttavia il fatto stesso che della cosa si occupi finalmente la giurisdizione civile e non esclusivamente quella militare come fino ad ora, costituisce di per sé una svolta significativa.

Ma tutto questo ci riporta a un’altra vicenda che ha preso corpo qualche mese fa: l’ammissione da parte della Nasa che sono definitivamente scomparsi i nastri dello sbarco sulla luna, cosa davvero inconcepibile e ingiustificabile nonostante per anni cosiddetti debunker a piè di lista ed editoria embedded abbiano continuamente tentato di rendere palusibile il fatto che il costo dei nastri (300 dollari all’epoca per un impresa che era costata 20 miliardi) aveva indotto la Nasa a riutilizzarli. Pure fesserie visto che erano già scomparse le telemetrie e persino i progetti del Lem per mancanza di posto in archivio. Ma più ancora di queste stranezze sempre l’anno scorso in un comunicato ufficiale dell’ ente spaziale americano si sosteneva che un ritorno sulla luna doveva passare per la risoluzione di alcuni problemi il più grosso dei quali era l’attraversamento delle fasce di van Allen, una cintura di radiazioni per le quali occorre un’adeguata schermatura. Di fatto nessun astronauta le ha mai superate a parte quelli  dell’Apollo che di protezioni non ne avevano. Anche le sonde che li attraversano devono avere i circuiti elettronici spenti per evitare danni e/ o avere adeguate e pesanti schermature. Ora come può essere che oggi le fasce di Van Allen costituiscono un problema molto complicato,mentre nel ’69 nemmeno erano prese in considerazione? Mistero.

Non voglio prendere una posizione in un senso o nell’altro, mi limito a dire che su due eventi chiave degli ultimi sessantanni esistono consistenti ragioni di dubbio, vi è la concreta possibilità che siano ognuno a suo modo una fiction, di quelle che ci sono state ammannite sulle guerre “giuste” sparse per il mondo con tanto di filmati horror soap. E’ pur vero che ogni sistema di potere deve creare una propria mitologia, ma quando si comincia a insinuare il dubbio e quando questo prende corpo, si espande da qualche individuo verso la folla vuol dire che qualcosa si sta spezzando, che ci accorge di aver guardato il dito e non la luna. Che passi non sono per l’umanità.