rodeo2bq4La domesticazione degli animali viene praticata da 10 mila anni e benché i metodi siano cambiati nel tempo e nello spazio, siano diventati da brutali a dolci come avviene oggi con i cavalli, un elemento rimane comune e fondamentale per addomesticare una qualsiasi specie: la stalla, il recinto, il pollaio o la casa stessa perché solo isolando l’animale dalle sue fonti naturali di cibo ed acqua e rendendolo dipendente dall’uomo per la sopravvivenza si può ottenere questo risultato e diventare in molti casi un capobranco innaturale. Senza questo elemento qualsiasi metodo dalla violenza all’affetto, sarebbero del tutto inutili. La cosa davvero curiosa in tutto questo è che in contemporanea con l’addomesticamento delle prime specie animali e in sostanza con gli stessi metodi è cominciata anche la domesticazione umana: con la nascita dell’agricoltura una gran parte della popolazione è diventata dipendente da altri, da un sistema di produzione e di distribuzione per la propria sopravvivenza: una società orizzontale è diventata in pochi secoli verticale e questo non sarebbe stato possibile in assenza di una dipendenza fondamentale.

E’ stato molto più facile che con gli animali perché non si trattava di agire su una specie diversa, su menti estranee ancorché assai più semplici di quella umana, ma sia la ristrettezza come bastone in aggiunta a quello fisico che l’abbondanza come carota sono state gestire per il mantenimento di questa struttura fondamentale. Naturalmente sto estremizzando con questo paragone con la domesticazione visto che siamo molto più complicati e a differenza di un cavallo o di un cane possiamo vedere di essere più essenziali noi alla vita di quelli che stanno in alto che non loro per noi. Possiamo persino vedere le gualdrappe dei nostri padroni e di cosa sono intrecciate. E tuttavia questo pensiero fa fatica a penetrare tanto è l’abitudine alla stalla: solo con molta fatica in tempi storici si è fatta strada l’ipotesi di un governance comune che tuttavia è sempre in pericolo, messa in forse dalle spade e dai fucili o dagli zuccherini. Ultimamente la trasformazione della democrazia in democratura, ossia in una specie di surrogato che lascia intatto l’aspetto e sottrae la sostanza, avviene attraverso l’abbondanza di stimoli che praticamente occupano tutto l’orizzonte antropologico, è quella che viene chiamata la doma dolce quando si tratta di cavalli.  Si tratta di servire gli interessi di un’oligarchia finanziaria di avidità illimitata: potremmo quindi parlare di una democrazia di mercato in cui la tua opinione è sollecitata e mantenuta solo quando convalida una decisione già presa. Altrimenti, la tua opinione sarà ritenuta nulla e non valida a causa della tua grossolana ignoranza.

E tuttavia in questa fattoria degli animali non tutto funziona come dovrebbe perché ci si avvicina ai limiti teorici della pompa di denaro e della efficienza: voler preservare i privilegi ormai esorbitanti di una piccola minoranza, la conservazione dello stato delle cose senza l’uso aperto della violenza diventa quasi impossibile perché è il sistema stesso che ormai genera disordine. Più evidenti sono le disuguaglianze, più è difficile tenere in piedi il trompe l’oeil della democratura e non bastano più le briglie mediatiche, la diffusione di illusioni e di idee (si fa per dire) premasticate, l’intensa denigrazione di tutti coloro che tentano di riacquistare in qualche modo la loro dignità e la libertà dall’inganno, nemmeno il tentativo di far giustificare il sistema dai suoi nemici come accade con un terrorismo attivamente coltivato e giostrato in modo da ridurre la libertà in cambio della sicurezza. Eppure nella sola Francia dove il terrorismo ha colpito più intensamente si tratta di poca cosa a confronto dei 3000 morti per il solo amianto.

Il problema però è che le istituzioni, ancorché svuotate del loro significato originario, sono necessarie al mantenimento dell’ordine, senza questo recinto di legalità e di diritto anche se sempre a favore dell’allevatore, è indispensabile al mantenimento dello status quo. Anche se la giustizia ha gli occhi bendato come nelle classiche raffigurazioni. Questo contesto è ineliminabile ed ecco lo sbandamento del potere francese di fronte alla rivolta così estesa e così forte dei gilet gialli i quali conducono una rivolta che per la prima volta da parecchi decenni è consapevole di essere collettiva: da una parte c’è la necessità di usare senza pietà la frusta dall’altra quella di mantenere in piedi quanto meno il fantasma dello stato di diritto. Mannaggia alla fine non siamo cavalli e nemmeno pecore, non bastano i cani da pastore, ossia i ladri di sistema, per contenere la rivolta.