Se Dante ha messo nell’antinferno gli ignavi definendoli come uomini “che mai non fur vivi” aveva le sue buone ragioni e infatti il significato profondo della parola, ormai resa desueta e travolta dall’imbarbarimento della lingua, va molto al di là del significato di mancanza di energia morale e di assenza di volontà, così come dicono i vocabolari. Essa deriva infatti dal latino ignavus, composto da in con funzione privativa e gnavus, ossia “colui che sa fare”, ma l’origine proto indo europea riporta alla radice gne -wos ossia conoscere e presente nel greco gignosco, nel latino gnoscere, nell’alto tedesco naan o nell’inglese know. Gnoseologia è ancora oggi la scienza del conoscere. Quindi l’ignavia alla fine non è solo un non prendere parte, ma essenzialmente una mancanza di conoscenza, di visione: essa è evidente in tutte quelle posizioni del né questo,né quell’altro, né con gli uni né con gli altri che possono essere di comodo, quindi derivanti da un’assenza di orizzonti e di verità rispetto agli interessi personali, ma che spesso pretendono di essere frutto di saggezza o addirittura di analisi ponderata come in tutte le famose e perdenti terze vie.
Se l’ignavia corrispondesse all’idea superficiale che ne danno le definizioni e la chiacchiera diffusa come di astensionismo, voltagabbanismo o, nel migliore dei casi, come manifestazione di accidia e di indifferenza patologica, insomma come qualcosa che ha a che fare con la qualità del carattere, ci si potrebbe anche passare sopra, mentre invece al fondo l’ignavia è espressione di confusione intellettuale, di assenza di riferimenti chiari e distinti, di sguardo lungo. In qualunque sistema dinamico e in rapida evoluzione, sia esso fisico, biologico o culturale ogni singolo aspetto non può essere semplicemente preso per quello che è in un determinato momento per cui si possono isolare caratteristiche “ideali” di diversi sistemi evitando rinviando all’infinito una scelta di campo perché occorre pensare allo sviluppo di quei momenti per cui una qualche aspetto che si pensa auspicabile potrebbe rivelarsi nefasto l’istante dopo e viceversa. Conoscere significa appunto “vedere” le direzioni: si può ovviamente sbagliare, ma in questo casi si tratta di una conoscenza errata, non di una mancanza di orizzonti e di strumenti di visione.
La cosa è molto evidente quando si parla dell’Europa che va bene perché affossa gli stati e le “divisioni”anche se ad essa e alle sue modalità di azione si deve il drammatico reflusso sociale e il nascere di oligarchie al posto della democrazia. Allora ci vuole un’altra Europa ancorché non si possa palesemente cambiare, oppure ci vuole più Europa o meno europa e via dicendo. E le stesse oscillazioni ci sono riguardo al suo principale strumento, ossia la moneta unica, oppure riguardo alla geopolitica e via dicendo. Spesso non ci si rende conto che volere un’ Europa unita nel segno della giustizia sociale e non nel profitto e nel mercato significa semplicemente dire che i presupposti dai quali è nata l’unione continentale vanno completamente eradicati e semmai ricostruiti in modo completamente differente. Anzi alla fine nemmeno ci si rende conto che la globalizzazione non significa abbattimento di frontiere e tanto meno internazionalismo, ma omologazione nel modello capitalista che tra l’altro rende del tuto superflua l’Ue anche rispetto ai canoni sui quali si è formata. Il fatto è che non basta avere una meta per salvarsi dall’ignavia, occorre avere anche una mappa aggiornata che eviti clamorosi errori di percorso, la comprensione comprende la meta, ma anche la strada attraverso cui arrivarci, altrimenti diventa una semplice petizione di principio che lascia il tempo che trova.
Questo ci porta anche a una caratteristica fondamentale dell’ignavia: evitare di schierarsi significa in realtà schierarsi dalla parte che trae vantaggio dall’astensione, è una rinuncia che astutamente o ingenuamente parteggia senza capirlo oppure darlo a vedere, in questo è simile all’indifferenza che ne è il corrispettivo grossolano perché significa in origine colui che non divide, cosa che spesso nasconde altri interessi. La storia è piena di questa apparente indifferenza o ignavia dell’azione che in realtà è un a scelta del proprio tornaconto. Il re per esempio prese a giustificazione la volontà di non dividere gli italiani evitando di bloccare la marcia su Roma anche quando il primo ministro Facta gli assicurava che “quattro cannonate sarebbero bastate a disperderli come conigli”, cosa che peraltro fu poi confermata in qualche modo da Mussolini. Ma egli pensava in realtà che il fascismo sarebbe stato vantaggioso per la corona. E per la verità si potrebbe anche pensare che parecchia parte dell’europeismo a tutti i costi sia un fenomeno di classe, espresso da quelle appendici della borghesia che pensano di trarne vantaggio e preminenza. Poi si è visto come è andata finire con la dinsatia e come probabilmente finirà per i nuovi ignaavi “Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa”
Si può vedere:
E – vi preghiamo – quello che succede ogni giorno non trovatelo naturale. Di nulla sia detto: “è naturale” in questi tempi di sanguinoso smarrimento, ordinato disordine, pianificato arbitrio, disumana umanità, così che nulla valga come cosa immutabile
(L’eccezione e la regola)
B.Brecht
30 anni di sfascio dei diritti dei lavoratori, faticosamente guadagnati e finanziati sono andati allo sfascio, e le giovani generazioni ( Non figlie di, ne ammanicate con…) ne sono state private, nella sostanza , ma era tutto normale per la generazione dei beoti 68tini e affini… ed ora siamo giunti fino a qua.
“Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa”
Quella di Dante verso gli ignavi cosa potrebbe essere ignavia o indifferenza-menefreghismo ?
E se fosse indifferenza…. per quale motivo, per “autodifesa”, verso
l’opportunismo e la malafede altrui ?
Non Chiederci La Parola
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
A Napoli si dice: la noncuranza è il miglior disprezzo.
Non sarà Dante ma può rendere l’idea.
C’i sono delle generazioni in Italia che secondo statistiche economiche hanno consumato più di quello che hanno prodotto, e l’italia Non essendo gli USA, Non può permettersi di depredare le risorse altrui per ripagare debiti interni.
Dette generazioni sono quelle che nate a grandi linee dopo il 1950, fino a fine degli anni 60.
Queste generazioni hanno la mania di predicare bene, e spesso di razzolare male, ma lo fanno con grande sicumera, forse la stessa che ha permesso loro di portare allo sfascio il Paese, con un fare tipicamente pretenzioso… un generazione di itaGlioti parecchio pontificatori e ciarlatani, mi verrebbe da dire.
C’è poi da chiedersi com’è che con tutta la sapienza circolante, l’itaGlia è presa così nella m…da.