Insomma ci sono tutte le impronte che riconducono a quella intellighenzia atlantica e a quella sinistra liberal che ha fatto da apripista al neoliberismo anche se adesso appare contorta dentro le sue contraddizioni, assertiva più che persuasiva, sonnolenta e allarmata dalla perdita di prestigio. Ma il discorso non può certo riguardare questo singolo caso, va necessariamente ampliato perché da qualche decina di anni le occasioni di leggere o vedere qualcosa di non dico di memorabile, ma di intelligente, qualcosa che non sia chiosastico o rammemorativo, che esprima speranze che vadano al di là dei destini individuali, insomma qualcosa di forte, di corale e di nuovo, sono diventate più che rare, inesistenti. Il declino in tutti in mezzi espressivi è stato rapido per non dire drammatico e coincide in pratica con la fine della guerra fredda e la vittoria del pensiero unico dunque di un vero dibattito e di tensioni ideali: non soltanto le persone ne sono banalizzate, ma anche i personaggi e la scrittura che si deve adeguare ai canoni prestabiliti.
Questo mi ha fatto venire in mente un fenomeno del passato che mi ha sempre colpito: il rapidissimo declino della letteratura imperiale romana dopo i tempi d’oro della repubblica e la breve parentesi augustea con l’esorbitante ruolo politico e sociale via via assunto dallo spettacolo, dal panem et circenses: l’epoca di Lucrezio, Virgilio, Ovidio, Catullo, Tibullo si trasformò rapidamente, in pratica nel corso di mezzo secolo, in un deserto attraversato solo da alcune meteore di letteratura satirica o storiografica oltre che dalle Metamorfosi di Apuleio. Sono il primo a dire che da un punto di vista storico queste comparazioni sono impossibili e in ogni caso forzate e ovviamente anche questa lo è, ma non è detto che i tempi di declino non presentino analogie e che il venire meno della fantasia sostituita dalla fantasy e della capacità espressiva surrogata dalla performance, vada di pari passo col venir meno delle idee e delle tensioni ideali, delle differenze di ambiente sostituite da emozioni omologate di sapore commerciale oltre che da cliché variamente intrecciati secondo i moduli di un artigiano seriale. Pensiamo solo all’Ottocento e al Novecento e alla loro esplosione e pensiamo all’oggi. Se guardiamo alla formazione dell’impero romano nato di fatto anche se non in termini istituzionali dopo la seconda guerra punica con l’egemonia nel mediterraneo e dunque con l’apertura a culture straordinarie e a quella dell’impero anglosassone nato dopo la guerra dei Sette anni, i tempi grosso modo possono essere sovrapposti: il declino coincide con la massima espansione. E all’inizio non è un declino della forza, ma della capacità di attrazione.