La libertà è diventata un teatrino, uno di quei locali pulciosi e ambigui dove i borseggiatori sottraggono i diritti essenziali in cambio di perline, di pagherò con il denaro vero. In Australia, ad esempio, già da una decina di anni la commissione per i diritti umani aveva stabilito la necessità di proteggere dalla discriminazione ben 23 generi, ma ora il partito Laburista ha presentato una proposta per obbligare lo stato a riconoscerne fino a 33. Francamente per molti di questi generi o pseudo tali non saprei nemmeno di cosa si tratta visto che derivano da una cultura tanto superficiale quanto pignola e pedante come è divenuta quella anglosassone, perché oltre agli omosessuali, bisex, transgender e trans che in fondo collegabili al sesso biologico, ci sono anche intersex, androgini, agender, crossdresser, drag king, drag queen, genderfluid, genderqueer, intergender, neutrois, pansessuali, third gender, third sex, sistergirl, demigender, omnigender e brotherboy, insomma una ridda di variazioni sul tema che potrebbe andare avanti all’infinito perché se c’è una cosa chiara è che alla fine ognuno rappresenta una sfumatura di genere a se stante e magari parecchie sfumature durante la sua vita.
Bisognerebbe chiedersi per quale motivo ci sia bisogno di specificare un sempre maggior numero di generi da non discriminare quando basterebbe semplicemente e di certo più efficacemente stabilire che ognuno ha libertà di genere e finirla con queste grottesche tipizzazioni. Anche perché se il genere è un fatto culturale ci saranno sempre nuovi generi a cui dare un nome e da inserire negli elenchi. In termini culturali generici si potrebbe dire che la norma e normatività, concetti nati nell’Ottocento durante la rivoluzione industriale in relazione al potere, vengono avvertiti in maniera duale, sia come ordinamento che come repressione e dunque pare è ovvio che se da una parte si vuole far crescere il controllo sociale in favore del profitto dall’altro si deve fare l’impressione di liberare le briglie negli ambiti esclusivamente individuali senza tuttavia una vera libertà anzi gestendoli e dominandoli attraverso una regolamentazione precisa. Qualcosa che alla fine non elimina gli stereotipi, ma paradossalmente li moltiplica e basta.
Vorrei andare anche oltre, dicendo che il sistema sottrae identità e consistenza sociale sociale alle persone, ma cerca di surrogare questa progressiva alienazione costruendo identità di genere sempre più ampie, con cui le persone possono cercare di costruire una loro soggettività come con i pezzi del lego. Non va dimenticato che le teorie o discussioni di genere hanno le loro radici nella critica sociale e nella discriminazione delle donne che poi evolvendosi e passando per mille filtri sono approdate in questo bizzarro universo, che anche senza tenere in conto le contraddizioni e anche la funzionalità ad interessi economici, alla fine hanno influito quasi niente sulle discriminazioni che incontrano le donne. Ciò che doveva servire a costruire un mondo più eguale, più libero e più giusto sta involontariamente fornendo la giustificazione per nuove forme di disuguaglianza e di sfruttamento di fatto aderendo all’individualismo di stampo neoliberista. Il passaggio tra salario alto prevalentemente maschile e salario basso e intermittente per tutti ( ma comunque sempre più basso per le donne) non è stata una grande idea, ma del resto avendo identificato lo stato sociale nel patriarcato il femminismo della seconda ondata ha collaborato attivamente a questo esito, presentando una visione dell’emancipazione femminile come collegata all’accumulazione dei capitale.
Non voglio infierire su tesi, del resto prevalentemente nate sull’altra sponda dell’Atlantico e dunque gravate da un’ egemonia culturale così forte da non essere nemmeno percepita, per cui tutto questo è nato dal fatto che le teorie sociali non prendevano in considerazione la violenza “non economica” che le donne dovevano subire, visto che tale violenza derivava per l’appunto dalla condizione di minorità economica. Ad ogni modo è stato proprio voler politicizzare il “personale” senza accorgersi che esso è comunque anche sociale, ha portato la battaglia nel delta fangoso delle miriadi di identità o supposte tali. Come dice Nancy Fraser “si sono barattati pane e burro con le identità”. Il che ovviamente va benissimo per chi le provviste ce le ha già.
Una bella intervista a Diego Fusaro sul rapporto tra ideologia gender e capitalismo ai tempi della globalizzazione.
Si può leggere:
https://comedonchisciotte.org/huawei-di-su-e-di-giu-i-gangster-americani-ve-la-raccontano-e-di-brutto/
I pontificatori della concorrenza di mercato , tentano di sabotare la concorrenza cinese ?
Prevale dunque il modello profetizzato dal regista e filosofo francese Guy Debord, per cui i falsi bisogni indotti nei cittadini creano individui spersonalizzati che diventano meri “consumatori” globali che si adeguano inoltre a modelli imposti dall’alto. I consumatori ormai alienati e sottomessi dall’economia piuttosto che fare esperienze dirette, si accontentano di osservare nello “spettacolo” tutto ciò che a loro manca. Ciò accade perché ciò che aliena l’uomo, non è più, come accadeva ai tempi di Marx, l’oppressione diretta del padrone ed il feticismo delle merci, bensì lo spettacolo, che Debord definisce come «un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini». Una forma di assoggettamento psicologico totale, in cui ogni singolo individuo è isolato dagli altri ed assiste nella più totale passività allo svilupparsi di «un discorso ininterrotto che l’ordine presente tiene su se stesso, il suo monologo elogiativo. È l’autoritratto del potere all’epoca della gestione totalitaria delle condizioni di esistenza».
In questa dinamica, «ciò che appare è buono, ciò che è buono appare» e il falso diviene un momento del vero: come in 1984 di George Orwell si induce un bipensiero nelle menti dei cittadini, cioè un pensiero schizofrenico, che tende ad accettare passivamente come vero ciò che il sistema o lo spettacolo mostra. Si riscrive la storia e persino l’antropologia, arrivando a legittimare persino la fluidità sessuale e l’Ideologia di Genere: tutto ciò che i Media mostrano non può che essere vero.
Lo spettacolo finisce per monopolizzare le menti, i sogni e le aspirazioni degli individui, rendendoli così omologati e interamente manipolati dal sistema. Si realizza il controllo perfetto della dittatura dolce che secondo Aldous Huxley deve offrire pane, miracoli e circensi: se manca uno di questi aspetti il dominio sulle masse rischia di crollare, sfaldarsi. Attraverso questi tre elementi il potere riesce ad ottenere il consenso senza coercizione perché ha manipolato a tal punto le coscienze da piegarle al suo volere.
Questo processo deve avvenire in modo sistematico fin dalla nascita. Per questo i bambini vengono oggi educati fin dall’asilo all’Ideologia di Genere: non devono sviluppare la coscienza critica in modo da crescere totalmente asserviti al sistema. Diventeranno così da adulti dei perfetti uomini a “una dimensione”, persino spersonalizzati nella loro identità sessuale. Per ottenere il cittadino perfetto del futuro, colui che abiterà il prossimo governo globale, si deve creare l’uomo nuovo, dopo aver smantellato, livellato, spersonalizzato e svuotato quello vecchio.
https://www.controinformazione.info/limposizione-globale-dellideologia-gender/