Tutto questo è stato favorito dalla tendenza degli economisti all’astrazione insensata e alla ricerca di leggi universali sul modello della fisica, ma ci sono altre curve o meglio diagrammi che senza voler aver un carattere predittivo o impositivo sono molto più significativi e rendono conto delle realtà complesse. Alcuni anni fa, sei per la precisione, è uscita la curva di Mishel( dal nome dell’economista che l’ha creata) , la quale analizza l’andamento della produttività e delle retribuzioni a partire dal 1948 in Usa e in altri Paesi occidentali. Come si può vedere dall’immagine di apertura del post (doppio clic per ingrandirla) , fino agli anni ’70 l’aumento della produttività è cresciuto di pari passo con le retribuzioni, (entrambe ovviamente depurate dall’inflazione) mentre successivamente i due sentieri, le due linee cominciano a divergere per poi creare un vero baratro: i redditi dei lavoratori non direttivi crescono tra il 1950 ed il 1070, del 100% , ma da allora restano fermi mentre la produttività cresce di un’altra volta e mezzo. Le risorse che si sono “liberate” in questo modo sono finite in poche mani determinando in sostanza una situazione in cui lo 0,1% della popolazione incassa da sola il 36%, di questi redditi sottratti al lavoro e finiti in capitale, l’1% si è aggiudicata il 60 per cento del totale e il 10% , il 91, 6%. Naturalmente si tratta di medie che non dicono tutto: per esempio il fatto che il lavoro è stato man mano spogliato dei suoi diritti, che la precarietà ha acquisito un carattere generalizzato e dunque il reflusso della distribuzione dei redditi non ha provocato solo difficoltà, ma un impoverimento generale e talvolta drammatico, dopo la prima grande crisi del 2008 che secondo i neoliberisti nemmeno avrebbe potuto esserci.
Sebbene la curva di Mishel sia stata negletta dall’informazione maistream per ovvie ragioni, essa non di meno è illuminante se si fa caso all’asse temporale: l’inizio del fenomeno anche se ancora in modo poco evidente e appena accennato avviene dopo la prima ondata della “soggettivizzazione” politica che si è espressa nella rivolta studentesca cominciata nel ’68 dalla quale si origina la sinistra per così dire asociale di oggi, è proseguita e si è irrobustita con l’esperimento cileno portato avanti da Pinochet sotto la direzione dei Chicago boys ed è esplosa con il duo Reagan -Thatcher. Ma l’apice dello stallo retributivo, corrispondente addirittura a una diminuzione in termini reali si è avuta tra la seconda metà degli anni ’80e la prima dei ’90 in corrispondenza prima del collasso dell’Unione sovietica e poi con gli accordi di Maastricht nonché con la preparazione della moneta unica in Europa, segno evidente della direzione fin da subito data a questa impresa. Insomma non siamo di fronte a uno scarabocchio da vendere nella macelleria sociale, al posto del filetto mancante, ma del sintomo di una evoluzione generale che oggi ha raggiunto l’apice e comincia a produrre i suoi anticorpi. Ora capite perché si insiste tanto sulla produttività: perché non sono ancora stanchi di mungere