unidos_podemos_26giuC’è bisogno di dirlo? La sinistra ha perso nella regione spagnola dove pareva più radicata, ovvero l’Andalusia: ha perso il partito socialista da sempre ligio ai diktat di Bruxelles che ha ormai meno parentele con la sinistra di quante ne abbia il fumo con l’arrosto, ma ha perso anche Podemos caduto ormai da tempo nella melassa dell’europeismo a ogni costo e del cosmopolitismo neoliberista, illudendosi di poter dare contemporaneamente risposte ai massacri compiuti proprio in nome di questa nuova modernità reazionaria. Un partito che di fatto ha l’unico obiettivo di sostituirsi ai socialisti ripercorrendone le orme ed entrato perciò nel politicante, abbandonando la politica. E ha perduto Izquierda Unida che era scesa in campo con Podemos pensando di sfondare sotto lo slogan più Europa.  E naturalmente hanno vinto le destre neo franchiste di rito non europeo, al contrario del Partido Popular che invece rappresenta un baluardo dell’austerità di Bruxelles. che sono le sole a dare l’impressione di avere un’offerta politica contro lo status quo. Che poi questa impressione sia reale o meno è un altro discorso: se chi dovrebbe offrire un panorama alternativo reale abidca al proprio compito, questo è ciò che succede perché la gente si afferra agli appigli che trova anche se sono taglienti. O anche se non è disposta a far questo si astiene in maniera massiccia come è accaduto appunto in Andalusia: ma regolarmente il segnale non viene colto, anzi viene esorcizzato e razionalizzato con banalità riguardanti la conduzione della campagna elettorale.

Adesso viene da ridere quando gli sconfitti, tra l’altro a sorpresa, perché i sondaggi che ormai sono un inganno istituzionalizzato, davano tutt’altri risultati – segno che anche al di là delle manipolazioni statistiche esiste un malcontento che cova sotto la cenere – lanciano l’allarme fascismo che essi stessi hanno contribuito a creare con il loro ritiro dagli spalti della protesta anti neoliberista e che comunque  è già presente in abbondanza nel partito di Rajoy. Ma ormai è più di un decennio che assistiamo a questa dinamica senza tracce di resipiscenza che non sia effimero e non ricada quasi subito nei contemporanei sprofondi di atavismo ideologico, occasionalismo elettorale e riflessi condizionati che navigano a tre metri sopra il cielo con tutti i pizzini e i lucchetti attaccati. Però in Spagna il movimento è  quasi accelerato, laddove nel resto dell’europa ha richiesto una quindicina  d’anni, ma proprio per questo la clip politica iberica mostra in maniera estremamente sintetica e chiara come dal 2014, anno di fondazione di Podemos sulle ceneri degli Indignados, si sia passati rapidamente dai temi dell’uguaglianza sociale e dei diritti del lavoro, con specifico rifiuto dell’ideologia neoliberista espressa dalla Ue e dai governi ad essa subordinati, a posizioni globaliste e ambigue, finendo vittima di quell’egemonia culturale la cui denuncia era stata l’atto fondativo del movimento e rischiano di essere in linea con la pochezza delle analisi che giungono dall’informazione del padrone che si lamenta della fine del bipartitismo in Spagna, ossia l’unica cosa buona che emerge da questo appuntamento elettorale.

Come in una sorta di contrappasso Podemos era salito sul palcoscenico proprio con le elezioni Andaluse del 2015, nelle quali conquistò il 15% dell’elettorato diventando il terzo partito della regione e lanciandosi nell’arena nazionale. Appena 4 anni dopo e un momento di straordinario successo, è regredito al quarto posto per giunta in unione con Izquierda Unida, ancora più euro globalista se possibile, totalizzando una percentuale inferiore a quella del folgorante inizio. E’ la fine di una illusione che affonda nel Gualdalquivir delle stelle, lasciando colpevolmente spazio a movimenti come Vox che sono la risposta sbagliata a un mondo sbagliato, ma che in qualche modo sembrano una risposta e non affabulazioni attorno al teschio della giustizia sociale. Essere o non essere, prendere le armi o dormire, forse sognare, questo è il problema ormai.