bolsonaroAlcuni eno – truffatori , tra cui il celebre Rudy Kurniawan, hanno un modus operandi tipico: comprano bottiglie di grande prestigio, ma ormai vuote e– sicuri che raramente qualcuna di esse sarà realmente aperta — le riempiono di vino in cartone prima di ritapparle. Se questa operazione per qualche ragione non è possibile, ingaggiano grandi falsari per riprodurre alla perfezione e su carta d’epoca le etichette. Nel disgraziato caso che qualche milionario nullafacente, convinto di poter appropriarsi del  gusto, apra effettivamente la straordinaria bottiglia è assai probabile che non si accorga della tavernellizzazione e vanti il sublime sapore del vinaccio: ciò che conta è possedere l’etichetta, il contenuto è del tutto secondario così come l’eleganza o la qualità contano molto poco nei capi firmati.

Si tratta di una sindrome della contemporaneità, che deve rivestire i propri prodotti di due elementi contraddittori come conformismo di consumo e anticonformismo d’uso, una sindrome pervasiva che si insinua in ogni ambito della vita e arriva tranquillamente a lambire, anzi a sommergere la politica, rendendola spesso una questione di etichetta, nella certezza che il consumatore non andrà mai a leggere davvero dentro o che prenderà per buono il contenuto senza alcuna considerazione critica. Cosi non ci si deve stupire più di tanto se la vittoria del fascista Bolsonaro in Brasile e in generale il reflusso dei socialismi popolari in America latina sia salutato con gaudium magnum non soltanto da Salvini, ma anche da  molta parte di una sedicente sinistra radicale che ha conservato questa etichetta politica e ideologica, pur essendo da molto tempo tutt’altro come se qualcuno avesse risucchiato il contenuto sostituendolo con qualche succedaneo. E poiché il vino non ha autocoscienza nemmeno lo sa.

Sugli spalti del bolsonarismo  vediamo affacciarsi  l’ex cattivo maestro Toni Negri e il trozkista Benzi, tutti con etichetta originale, apposta decenni fa, ma il cui contenuto, ammesso che sia mai esistito come prospettiva sensata , si  è completamente dissolto nella disobbedienza o nell’appagamento dei desideranti dentro il consumismo capitalista oppure nel disastro finale di patetici ideologismi tanto superciliosi quanto vacui che alla fine fanno scegliere la reazione piuttosto che lo sviluppo del bolivarismo in quanto considerato statalista. Se l’ operaismo di Toni Negri non è mai stato realmente espressione né del marxismo nella sua forma per così dire scientifica, né della sua parte utopica ma è stato piuttosto portatore una forma di anarchismo liberaleggiante, quello di altri si è manifestato e poi estinto a seconda dell’aria che tira e che oggi si fa avvolgere nella bandiera a stelle e strisce, secondo un tipico opportunismo piccolo borghese talmente radicato da non essere più percepito dai soggetti che lo incarnano. E che anzi razionalizzano la loro resa facendola apparire come conseguenza degli errori altrui, un po’ come se si preferisse andare sotto al tram per evitare una buccia di banana.

Alla fine si tratta di iperrealismi posti su piani diversi,  a volte preventivi come per Negri, in altri casi a posteriori, ma convergenti nella pragmatica dell’azione politica e personale, una sorta di patologia che alla fine si segnala per un completo distacco dalla realtà complessiva per concentrarsi sul proprio ombelico dove ovviamente i movimenti storici che si affacciano nelle masse, la direzione che possono prendere e il senso che esprimono. divengono solo fastidioso prurito perché non ubbidiscono alle loro logiche. Poi  tutto questo passa attraverso i nodi della comunicazione, diventa alibi per gli influencer influenzabili con la vanità e con il portafogli,  si sparge come una pandemia in chi si riconosce nelle etichette, senza alcuna attenzione al contenuto che dovrebbero avere e senza relazione con le idee che lo sottendono. Per questo parlo di sinistra Avery , dal nome della più nota azienda produttrice di queste targhette, creatrice di numerosi standard. E del resto cosa aspettarsi da una sorta di apparente cultura formata da elementi premasticati che vengono alternativamente messi nel microonde a seconda dell’occasione e  della tensione? Questo fa parte della domesticazione capitalistica di cui ha parlato a lungo Focault, come nuovo strumento del padrone rispetto all’ostentazione della forza e della crudeltà che si manifestava quando il potere era estraneo al processo produttivo oggi che invece esso partecipa intimamente di esso, deve fare leva sulla persuasione e  ha bisogno di io frammentati e malleabili, alteri e deboli come le fedine in Dora Markus  Somiglia quasi alla sindrome del “cavallo disarcionato” da cui sono afflitti alcuni di questi animali i quali  dopo aver resistito strenuamente alla doma, finiscono per sentirsi spaesati senza il cavaliere sulla groppa.

Disgraziatamente per tutti costoro la storia va avanti ugualmente, anche con le battaglie perse, anche con certe fitte tenebre a mezzogiorno, anche se a qualcuno piace portare sulle spalle Bolsonaro sia per vendicarsi di errori veri o presunti di altri, sia perché non si vuole rischiare di rimanere senza greppia, visto che non dobbiamo mai dimenticare la terribile banalità del male. Alla fine questi prodotti non andranno oltre la cantina.