gasdotto_tap-420x235 Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non facciamoci illusioni, ormai siamo un posto occupato manu militari e in ragione di ciò posseduto dalla paura. Paura di tutto: paura degli altri, paura di fare, paura di non fare, paura di aver fatto troppo o troppo poco, paura di dispiacere ai figli ingrati, ai genitori severi che non cacciano più un euro, ai condomini, al bancario che ti offre i fondi, ai condomini che non devo sapere che sei alla canna del gas, agli elettori e agli eletti, paura di piacere e suscitare appetiti o invidie, sicché quando arriva l’autunno con piogge sempre meno naturali anche se largamente prevedibili, visto che almeno in quello si sa di non aver fatto niente per contrastare il cambiamento climatico e l’estremizzazione dei suoi effetti, l’unica scelta obbligata è quella della paura di quel che può succedere e che può venir imputato e raccomandare ai cittadini di starsene a casa, tenere chiuse le scuole e i varchi delle metropolitane uscite indenni dai lazzi e salti di tifoserie esuberanti.

Siamo ammaestrati all’ubbidienza, a non dire mai di no, salvo una volta “una tantum” già dimenticata come cadute in oblio le pressioni indegne di chi voleva rafforzare un esecutivo in modo da rendere ancora più obbligatori i si successivi.

E perciò chiniamo la testa a opere faraoniche, opache e dannose quando non semplicemente inutili, che devono solo sortire l’effetto di  regalare profitti ai soliti noti, ci facciamo persuadere che acquazzoni e temporali, come i morti da terremoto, siano fenomeni naturali o effetti collaterali incontrastabili, che gli investimenti sono più produttivi se occupano in una eterna  ammuina lavoratori precari o a cottimo, piuttosto che impegnarli per salvaguardare il territorio, se ci restituiscono reputazione e credibilità da servi presso il padronato globale, piuttosto che riacquistare dignità e qualità di abitare, viaggiare, godersi paesaggio e bellezza, respirare. E ci convinciamo che è il prezzo da pagare, caro, per essere restare nel contesto civile, ammessi al club dei grandi il cui tesseramento costa in cemento, buchi e perforazioni in terra e mare, crudeltà coi poveri e assoggettamento coi ricchi e armi taroccate, aerei scamuffi e correità criminali o silenzi complici.

Se mi viene da spezzare una lancia in favore di questo governo che ha a che fare con i troppi si del passato, una eredità pesante e non voluta che in alcune città ha persuaso le coalizioni di passato a scegliere di perdere piuttosto che affrontare i danni precedentemente prodotti,  quella stessa lancia, gliela spaccherei in testa.

Le minacce di ritorsioni, le intimidazioni e i ricatti degli esattori europei e non, i rischi di sanzioni e multe comminate dagli esattori globali a proposito della Tap come di altri interventi dei quali non è mai chiarita l’efficacia e l’opportunità, anche grazie a una informazione abituata a passare le veline padronali, sono la tradizionale sceneggiatura dell’opera da tre soldi del racket imperiale. Come con la Tav, come con il Ponte di Genova e pure con l’unico davvero efficiente, quello sullo Stretto, come con il Mose di Mafia Serenissima, oggi all’onore delle cronache per via di una acqua alta eccezionale che comunque lo oltrepasserebbe,  come con lo Stadio della Roma, etc., etc., non solo ai cittadini è interdetta la consultazione dei progetti, il calcolo dei costi e  del rapporto costi/ benefici, lo stato di avanzamento, la natura e veridicità dei ritardi e dei cambiamenti in corso d’opera, provvidenziali per le cordate speculative e i valzer di poltrone dei loro manager dentro e fuori dalla porta girevole dei tribunali, ma soprattutto non è concesso l’accesso alle informazioni veritiere sulle penali e i costi della eventuale rottura di patti e contratti già largamente truffaldini all’origine.

Ora è necessario dire che un governo che accettasse il regime dei ricatti (siano sotto forma di sanzioni o risarcimenti a seconda della legenda che ne vuol dare il Sole 24 Ore, il ministro in carica, quello fortunatamente mai abbastanza decaduto) sarebbe un esecutivo che diserta al suo incarico di rappresentanza degli interessi dei cittadini, che abdica e che si rassegna al sì come sistema di comando. Oppure, come abbiamo detto dei governi del si che si sono succeduti, è prostituito e “venduto”.

La vicenda della Tav è il prodotto col marchio doc della fabbrica della menzogna che lavora per sfornare incessantemente corde con cui impiccare e strozzare i cittadini delle morenti democrazie che vuole abbattere definitivamente, se proprio l’Osservatorio Torino Lione ha dovuto dichiararne la “superfluità”:  “…non c’è dubbio, infatti, scrive in un rapporto del gennaio scorso, che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di questi anni, che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza….Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni e nessuna persona di buon senso ed in buona fede può stupirsi di ciò. Occorre quindi lasciare agli studiosi di storia economica la valutazione se le decisioni a suo tempo assunte potevano essere diverse”.

Vorremmo, una volta rispettato l’iniquo patto, non dover aspettare che gli studiosi ci storia confermino quello che sappiamo già a proposito della inutilità, che diventa danno, della Tap, il progetto fortemente appoggiato dall’UE “al fine di ridurre la dipendenza dal gas russo per ragioni geopolitiche e allo scopo (educativo?) di stimolare la competizione tra diverse fonti di gas” , e con l’obiettivo di far passare il messaggio che il gas è un combustibile “pulito” e un partner nelle risorse rinnovabili, portando nel nostro Paese il gas proveniente dall’Azerbaigian, attraverso Georgia, Turchia, Grecia e Albania:  gli otto chilometri «più lunghi del mondo », come recita lo slogan dei cittadini ribelli, che iniziano in località San Basilio, nel Comune di Melendugno, e arrivano alla Masseria del Capitano, a mezzo chilometro dalla spiaggia di San Foca, un piccolo gioiello difeso a spada tratta da ambientalisti e abitanti del posto e che non dovrebbero subire nemmeno l’onta di assoggettarsi alla direttiva Seveso sui requisiti di pericolosità e l’eventuale interazione con altre fonti inquinanti.

Non dovremo aspettare loro per sapere che l’Italia, vanta già un’offerta ben diversificata importando GNL e gas dalla Russia, dal Nordafrica e dal Mare del Nord, che i 10 mld mc che ci conquisteremmo a caro prezzo sono un volume marginale che, a proposito di stimolo alla concorrenza,  non scalfirà la quota di mercato di Gazprom. E che il costo stimato per portare gas azero in Europa attraverso il SGC è di 7-8 doll./MBtu, ossia il doppio del costo marginale sostenuto dalla Russia (3,5-4 doll./MBtu).

E non occorre avere la conferma della storia per farsi un’opinione sul prezzo nel lungo periodo di scelte così improvvide anche paragonate ad eventuali costi di penali e risarcimenti, rispetto al danno che si ripercuoterà per anni e attraverso più generazioni, prodotto all’ambiente e alla collettività.

Invece la storia ci dirà, ma già adesso possiamo avvalerci della cronaca, che bisogna dire dei no per lasciare una impronta che non sia quella lasciata dai faraoni, dai conquistatori, dai feudatari ai danni degli schiavi delle piramidi, dei nativi, dei cittadini oppressi e depredati. Che se non si comincia si è condannati a subire capestri, imperativi, avvertimenti mafiosi e costrizioni in fiammingo, francese, inglese, come si addice a cupole legali, che ci hanno già imposto pareggio di bilancio, accondiscendenza a una carità pelosa a nostro carico, cravatte e forche per il salvataggio di banche criminali.

Il rapporto dell’Corporate Europe Observatory sull’industria e la lobby del gas pubblicato un anno fa  informa che l’industria del gas che vuol costringere l’intera Europa a protrarre per oltre 40-50 anni la sua dipendenza dai combustibili fossili, con conseguenze disastrose per il clima, le comunità locali e per i territori lungo tutta la tratta del gas, infrangendo gli impegni presi in materia di cambiamenti climatici ed energia pulita, ha speso circa 100 milioni di euro nel 2016 per azioni di lobby dirette a influenzare le scelte dei governi nazionali e della Commissione Europea in materia  energetica e a tenere a bada le proteste, con truppe di oltre 1.000 lobbisti e un esercito di agenzie di consulenza e pubbliche relazioni.

Metterci insieme per fermare soprusi e prepotenze ai nostri danni, non costa niente e ci risarcisce in futuro e dignità.