I bambini delle scuole di Catania e i loro insegnanti ( vedi qui) si fanno regalare perline e specchietti dai soldati americani di stanza a Sigonella , cantando felici e piddini l’inno dei marines, anzi lasciando che siano questi prodi a decidere della didattica, beandosi di esibire lo smartwatch al collo, ma nessuno di questi educatori del servo encomio a 360 gradi e tanto meno gli educandi che imparano precocemente la sottomissione, pare accorgersi che il vero prezzo di tutto questo è un patto di morte. L’altro ieri il post di Anna Lombroso parlava dei piani di ulteriore nuclearizzazione bellica dello Stivale che va avanti senza un’adeguata opposizione, ma anche senza una consapevolezza del significato reale di questa escalation insensata in se stessa, ma a prima vista anche sul piano puramente militare.
Dovremmo infatti domandarci a cosa servano tante basi atomiche sparse in Europa e specialmente in Italia, retaggio oltretutto di altri tempi e di altre tecnologie, quando gli Usa dispongono di una elefantiaca flotta di superficie e sottomarina il cui scopo è proprio quello di proiettare dovunque sia necessario la propria forza compresa quella nucleare montata su aerei e su missili di medio e lungo raggio. E’ vero che le navi possono essere facile bersaglio dei missili ipersonici avversari che a quanto sembra sono un bel po’ più avanzati di quelli occidentali, ma lo sono comunque meno delle basi in terraferma che essendo inamovibili sono già sotto tiro. La difesa del Mediterraneo e dei Paesi che vi si affacciano ( e la stessa cosa vale per il Baltico o il mare del Nord) sarebbe egualmente efficace con la semplice presenza aereo navale opportunamente composta che oltretutto costerebbe enormemente di meno, anche per i Paesi ospitanti che pagano a caro prezzo la loro stessa sudditanza sborsando centinaia di milioni l’anno in conto servizi, ampliamenti, ristrutturazioni, logistica . La prima risposta a questa domanda è ovviamente geopolitica: si tratta di ” tenere il territorio” e brandeggiare un mix di minaccia implicita e pseudo alleanza in maniera da tenere strette a sé le colonie e impedirne un qualsiasi possibile affrancamento, anche quando non ci sia un nemico. Del resto ciò non costituisce un problema perché un avversario si può facilmente creare e all’occorrenza può anche essere sfruttato l’usato sicuro di altre epoche come sta accadendo per la Russia,
E’ più interessante però la seconda risposta che attiene al piano militare: questa densità di basi a capacità atomica ( quelle di spionaggio lavorano per il Medio Oriente e l’Africa) destinate alla distruzione certa da parte di missili balistici di teatro, acquista un senso molto più concreto se la si vede come un modo per impegnare le forze avversarie e costringerle a consumare missili, testate e risorse aeree per distruggerle invece di usare tutte le risorse strategiche contro i centri vitali americani. Sebbene questa evidenza sia accuratamente nascosta sotto i velami della retorica natista, esse corre sottopelle e ogni tanto salta fuori in qualche improvvida dichiarazione, così come sempre da lapsus freudiani degli alti gradi del Pentagono, si apprende che in realtà quella della doppia chiave è solo una triste retorica che nasconde il fatto che gli Usa in Italia possono fare quello che vogliono, quando e come gli aggrada.
Insomma le basi a capacità nucleare sono in gran parte lì per assorbire la reazione nemica più che per difendere o per attaccare, cosa che avverrebbe invece dalle unità navali. Quindi nel caso disgraziato di un conflitto, ampie aree della penisola sarebbero devastate e di fatto rese inutilizzabili per decenni. Paradossalmente infatti l’esplosione di un ordigno su una città fa moltissime vittime, ma solleva relativamente poco materiale che poi ricade come radioattivo. Nelle zone periferiche o isolate, ossia quelle tipiche delle basi militari, le vittime dirette sono ovviamente di meno, ma la terra viene sollevata e resa radioattiva in quantità enormi per cui centinaia o migliaia di chilometri quadrati (dipende dalla potenza dell’ordigno, dalla quota alla quale esplode, dal tipo e via dicendo) divengono inutilizzabili. Ovviamente per gli Usa questa strategia costituisce un effettivo vantaggio militare, anche dovendo subire delle perdite notevoli, ma per noi è come fare gli ostaggi legati a un carro armato.
Ora tutto questo dovrebbe essere reso chiaro, visto che spesso l’appello puramente morale a non ospitare ordigni di sterminio ha poca efficacia nel Paese delle doppie e triple morali, anzi suscita addirittura un qualche grottesco senso di sicurezza. Forse le cose sarebbero un po’ diverse se si capisse che i mezzi di morte, sono rivolti in primo luogo contro chi li ospita e addirittura sventola le bandierine.
Cortese (e cara, se permette) Dani,
leggo con ritardo, ma leggo, come sempre, volentieri e con interesse.
Il suo richiamo a “il manifesto” mi ricordato la mia amatissima professoressa di lettere, che con quel giornale sottobraccio faceva il suo ingresso in aula…
E, ahimè, mi ha anche ricordato che dallo scorso settembre non viene più distribuito in Sardegna…
Spero di avere presto il piacere di leggerla ancora.
Buone cose.
P. S. Sapeva che simplicissimus era un periodico umoristico molto apprezzato da Hermann Hesse?
Gentilissimo Luigi, no, non sapevo che l’origine del nome “Il Simplicissimus” derivasse dalla rivista di satira illustrata “Simplicissimus” con sede a Monaco di Baviera. Quindi grazie della preziosa informazione che mi appalesa la grande raffinatezza degli autori.
Auguro a questo eccellente blog e ai suoi autori come il dottor Capece e la dottoressa Lombroso che, secondo IMHO è uno dei migliori in Italia, di ottenere un risultato anche superiore alla rivista originale tedesca, senza mutamenti genetici come, ahinoi, accadde a quella che portò all’allontanamento di Hesse, un pacifista.
Allego qui un link da cui risulta che nel 2014 ci fu una mostra nel canton Ticino su questo tema.
E me la sono persa…
Posso solo dirle, per concludere, che oltre agli articoli degli autori, sempre stimolanti, in questo blog ho avuto il piacere di incontrare tra i commentatori persone gradevolissime con cui scambiare pensieri e riflessioni e da cui ho imparato, come il mio amico Jorge. Per cui sono felice di aver incrociato anche lei.
Leggo sempre ma non sempre commento, innanzitutto perché non sono tuttologa e poi perché non sempre ho tempo. Non voglio scarabocchiare un commento, almeno ci provo.
:-))
https://www.corrieredicomo.it/hermann-hesse-e-il-simplicissimus/
Mi scusi, rispondo anche per il “IL MANIFESTO”.
Sono basita dalla sua informazione!
D’accordo si ci abbona e si ha il giornale immateriale, ma il fatto che la sua Regione non lo riceva più lo trovo preoccupante.
O semplicemente ne chiedevano così poche copie che han pensato di risparmiare sull’invio?
l’ unico che si oppose a Sigonella e a tutto o ciò che significa- immaginario e realtà – fu Craxi. E infatti gliela hanno fatta pagare.
Ma poi insomma …ogni tanto “scopriamo” di essere servi, cioè assistiamo a episodi che ce lo sbattono in faccia. Comunque moriremo americani.
Insieme a Andreotti. E tutti e due hanno pagato amaramente.
Buon pomeriggio,
la vicenda Craxi-Reagan-Andreotti-Sigonella è decisamente più oscura, per usare un eufemismo.
Nel 1985 Craxi concede a Reagan proprio la base di Sigonella per attaccare la Libia. “Craxi chiede discrezione, ma in pubblico critica aspramente l’azione militare. Questo ed altro ha scoperto una giornalista italiana, Sofia Basso, analizzando materiale Usa recentemente declassificato, dove tra le altre cose si afferma che i ‘rapporti con Craxi sono eccellenti’, e che ‘su base confidenziale, l’Italia aveva permesso l’uso di Sigonella per operazioni nel golfo della Sirte’ “. Per poi stigmatizzare in pubblico. Ci sarebbe anche dell’altro…
È legittimo sostenere Craxi e Andreotti, tuttavia per coprire le loro malefatte Sigonella non è un buon argomento. Anzi.
Se avete informazioni diverse, se ne può parlare.
Vero, la vicenda è tutt’altro che lineare. Sembrò che l’Italia avesse la schiena dritta e questo molti di noi ricordano. Di sicuro è che i due principali protagonisti, Andreotti e Craxi han pagato caro quell’attimo di schiena dritta.
Buonasera,
insisto nel dire che una persona è libera, ancora oggi e nonostante tutto, di affermare che Craxi e Andreotti sono stati due grandi statisti. Del resto, di quando in quando, qualcuno salta su e dice che è sacrosanto dedicare loro una piazza o una via o un monumento o una scuola (una scuola…), ed evidentemente tanto basta. E tale particolare qualificazione non è stata negata a Renzi, per dire, né a quell’altra, che tra sé e sé ripete ossessivamente “holascortaperchemiodianoperlemieidee”…
Tuttavia lei invece garbatamente insiste nella convinzione che gli anzidetti “patrioti” C. e A. “hanno pagato amaramente quell’attimo di schiena dritta”.
A mio avviso proprio in quella circostanza, non di schiena dritta si è trattato ma di impudente e surrettizio calcolo, neanche politico ma solo elettoraliristico, premiato infatti in quei giorni e a quanto pare ancora oggi, col perpetuarsi di una vera e propria favola. Il punto è che a ben vedere anche questa è una sottile e pericolosa forma di colonizzazione. Che questo breve scambio con lei fa affiorare. E sulla quale la invito sommessamente a considerare con attenzione.
@Luigi
Intanto grazie per la cortese risposta.
Mi ha convinto a approfondire la vicenda che mi vide, ai tempi, giovanissima studente universitaria e lettrice del “Il Manifesto” dove un eccellente Stefano Benni usò una intera pagina per spiegare il fatto a modo suo, inventando una lunga telefonata tra Reagan, Craxi e Andreotti (ricordo ancora Ronald chiama Roma, chiedi di Giulio, Giulio risponde a Ronald dicendo “forse” e l’altro “come forse, non sai se sei Giulio?”).
Quel giorno il “Il Manifesto” ebbe migliaia di lettori in più. Mi ricordo, ero a Venezia su un vaporetto, e ridevano tutti, sbellicandosi.
Non faccio fatica a credere a motivazioni elettoral propagandistiche, solo che all’epoca non ci feci caso, perchè per quanto mi paresse cosa buona e giusta una ribellione al colonizzatore d’oltre oceano (i carabinieri che circondano i marine ha ancora effetti mitologici nella mia memoria), mai li avrei votati. Il mitico CAF non mi attraeva per nulla.
Mi piacerebbe ritrovare quella pagina de “Il Manifesto”.
si può leggere:
https://comedonchisciotte.org/arrivano-a-scuola-i-militari-usa-e-i-bambini-li-accolgono-con-linno-dei-marines/
ma quante “belle cose” insegnano ste maestre (èh devono campa’ pure quelle…) ai bambini…
e qui:
https://comedonchisciotte.org/una-crisi-asiatica-per-leuropa/
mi vanto di aver scritto con dolore e molto tempo fa che ci siamo fatti colonizzare anche l’immaginario
Sì, vera e propria colonizzazione: come chiamarla in altro modo? Perché anche costringere una scolaresca a cantare l’inno americano (ma si può, ma a chi vengono in mente?) è una gravissima, pesantissima forma di colonizzazione. E almeno questo, a noi qui in Sardegna, ci è stato risparmiato. Per ora. Perché la Sardegna è tutta un’unica grande base americana: una colonia americana. C’è di tutto: navi, aerei, sommergibili, truppe, missili, depositi di armi, bombe, etc. Spesso mi chiedo: cosa posso fare, cosa possiamo fare. Dopo i sit-in davanti la base aerea Nato di Decimomannu, nottetempo le scritte “pacifinti” e altro sui muri di casa. E ci è andata anche bene. Ripeto: che fare?
Ho parlato di stanchezza. Ti assale e ti azzanna e ti urla:”LASCIA PERDERE, HANNO VINTO LORO, VINCERANNO SEMPRE LORO”. Colonizzazione delle coscienze.
Forse non c’entra niente, lo stesso vorrei raccontarlo. Poco tempo fa mi è capitato di passeggiare nei pressi del santuario nuragico pozzo di Santa Cristina. Su un muretto, questa scritta:” Fuori i sardi dal Regno dei Savoia”. Mi ha ferito, mi ha fatto stare davvero male.
Fuori tema? Solo apparentemente.
Beh, dottor Capece, lei ha scritto due eccellenti post sulla propaganda softpower di Hollywood e dintorni in questi giorni.
Diciamo che questo è il risultato della propaganda.
Siamo passati da propulsori e creatori di civiltà a popolo negletto, indigeno e naïve, che si fa umiliare con gioia e a poco prezzo (le perline mi ricordano gli Spagnoli di qualche secolo fa).