Anna Lombroso per il Simplicissimus
Con ondate ricorrenti si ripresenta di tanto in tanto il tema del disarmo ideologico, proprio come nelle aspre e sanguinose contrapposizioni tra le Internazionali con le accuse reciproche di aver fatto deporre le armi al proletariato, come nelle polemiche con Sartre, come nella rivoluzione culturale cinese, come perfino, nella fase del compromesso storico di Berlinguer, come nella regressione sindacale da organismi di rappresentanza a corporazioni acquisite dagli interessi padronali in nome dell’opportunismo più che dell’opportunità.
Oggi ormai abituati a accontentarci di poco ne riparliamo rispetto all’eclissi della sinistra, o almeno dell’impalcatura di ideali e valori con la quale la ricordiamo come una cara estinta, cui guardiamo con impotente e irresponsabile rimpianto flebilmente illuminata dalle materie della sua stella polare: uguaglianza, fraternità, libertà, abbattuta per far posto a più modesti obiettivi di addomesticamento di iniquità, sfruttamento, sopraffazione, quel po’ di Mozart a addolcire il capitalismo vorace durante un campeggio a Bad Godesberg, sotto le tende di progressismo e riformismo.
In realtà a essere schematici si potrebbe dire che il disarmo di chi sta sotto è cominciato quando la borghesia si afferma come ceto in alto. E come classe dirigente, compattando un fronte che va dalla piccola proprietà diffusa, alla Chiesa, da quel che resta della proprietà feudale e degli ultimi zombie influenti dell’aristocrazia, tutti a vari livelli e a vario titolo titolari di privilegio, eppure interpreti e, infine, detentori di un’ideologia che doveva combatterli i privilegi, rivelando quindi la potenza del suo dominio quando tutte quelle idealità morali, culturali, teoriche, scientifiche, liberatorie intrecciate delle quali si è nutrita per crescere vengono smentite e tradite dalla realtà.
Figuriamoci come è più vero oggi, che la “borghesia”, o ,meglio il ceto medio si è via via impoverito, così come è stato dissanguato il suo bagaglio di aspettative morali, prosciugato quello culturale, oggi che la necessità impone la dismissione di desideri, talento, vocazione, oggi che è richiesta subordinazione in cambio di sicurezza, oggi che decodifichiamo i misteri della filosofia con Fusaro, quelli della politica con Bonolis, quelli della scienza con Angela, quelli della storia con Pansa. Figuriamoci se non abbiamo deposto tutte le armi, perfino quelle del desiderio di migliorare, censurato dal bisogno, e di ribellarsi, sottoposto a invincibile ricatto.
Ma le spade rimesse nel fodero e la pistola nella fondina pare siano solo quelle ideali, nel migliore dei casi trattate come residui arcaici e visionari. Quelle vere hanno invece tutto il rispetto dovuto a un brand concreto da valorizzare e sviluppare a costo di lacrime e sangue, con la considerazione da attribuire a una difesa personale sempre più proposta come requisito essenziale di ordine e sicurezza, con la deferenza che si assegnare all’investimento imprescindibile speso per garantire l’ammissione al contesto dei Grandi.
Perché la lotta di classe c’è e ad unirsi non sono stati i proletari di tutto il mondo insieme a quelli che aspirano a diventarlo, ridotti come sono a vite nude, senza nome e che nessuno vuole, ma quelli che li sfruttano, quelli che fanno piovere su di loro, effetti collaterali ineluttabili, bombe intelligenti che infatti non colpiscono regge e manieri, quelli che fabbricano pochi prodotti che abbiamo sempre meno quattrini per comprare, anche se pare che consumare sia l’unico diritto concesso, ma molti veleni, non solo bolle, derivati, fondi tossici, ma proprio gas, polveri, sostanze inquinanti che spargono lontano dalle loro case protette, dai loro grattacieli protesi verso il cielo a proclamare il magnifico dominio della modernità.
E siccome noi siamo un posto di serie B, è da noi, cui vengono affibbiate patacche a caro prezzo (ne ho parlato qui: https://ilsimplicissimus2.com/2018/10/17/la-vincibile-armata/) che quei veleni li collocano, non paradossalmente e forse per farci una bella risata su, in un paese, il nostro, che ha pensato bene di non ha partecipato ai negoziati in sede ONU che hanno portato all’adozione del TPAN, Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari,né ha compiuto passi in direzione della sua firma e ratifica, a conferma che vogliamo dimostrare nei fatti e con le parole e in tutte le sedi ufficiali la indole alla servitù volontaria. Tanto che i nostri occhiuti organi di stampa tacciono che nell’ambito del piano di ammodernamento delle oltre duecento bombe atomiche B-61, piazzate in Europa e sostituite con le nuove B 61-12, sia prevista, anzi avviata, la costruzione a Ghedi (Brescia) di nuove infrastrutture che ospiteranno una trentina di F-35 capaci di portare cadauno due bombe atomiche B61-12, il triplo delle attuali.
Nel Risiko atomico possiamo dunque essere annoverati tra gli li Stati nucleari “in subappalto”, quelli che in virtù della dottrina atlantica della “condivisione nucleare” (Nuclear Sharing) detengono bombe atomiche Usa che, in caso di conflitto nucleare, saranno impiegate dalle forze aeree nucleari nazionali (oggi i Tornado, domani gli F-35), in tutto almeno 150 bombe, di cui un terzo in Italia (nelle basi di Aviano e Ghedi), altrettante in Turchia e il resto spartito tra Germania, Belgio e Olanda. Sempre gli Usa hanno l’intenzione di installare in Europa missili nucleari simili ai Pershing 2 e ai Cruise (come quelli di Comiso), grazie alla strategia di accoglienza e collaborazione “ PESCO-Cooperazione strutturata permanente” della Ue nel settore militare, prioritaria per l’Alto Rappresentante Federica Mogherini, che si compiace dell’opera fattiva di militarizzazione del continente: “rafforzare l’Europa della Difesa – ha detto- rafforza anche la Nato”.
Senza dire che così diventiamo a un tempo deterrente e bersaglio, come ospitiamo le loro schifezze che preferiscono non tenere nel loro orto nel contesto del Nimby bellico, così saremo, se è vero che come dice perfino il Papa guardiamo il futuro dall’orlo del baratro, l’obiettivo più esposto e vicino, disonorati, vittime e morti per conto terzi.
Nel 2015 è stata inaugurata a Lago Patria (parte della città metropolitana di Napoli) una delle più importanti basi Nato d’Europa , che un anno fa è stata trasformata nell’Hub contro il terrorismo (centro di spionaggio per il Mediterraneo e l’Africa). Sempre a Napoli, la leggendaria caserma della Nunziatella è stata venduta dal Comune di Napoli per diventare la Scuola Europea di guerra, pronuba la ex ministra Pinotti, mentre ad Amendola (Foggia) si aspetta l’arrivo degli altri F-35 armabili (ce n’è già uno) con le nuove bombe atomiche B 61-12, già citate. In Sicilia, invece, la base militare di Sigonella (Catania) promette di diventare la capitale mondiale dei droni, l’isola nella quale a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, è stato installato il quarto polo mondiale delle comunicazioni militari, il Muos.
Disarmate le idee, disarmata la speranza, disarmata la resistenza, disarmati i diritti e le conquiste, si direbbe che il futuro dei giovani nel Sud come al Nord (è in Toscana la più grande polveriera Usa, tra Pisa e Livorno) non sia in fabbrica, negli uffici, nelle università, nelle scuole, nei campi, ma in trincea, in cabina di pilotaggio, sulla plancia di navi che affondano negli abissi del disonore, soldati mandati a macellare e al macello.
Ho capito, grazie. Ma è dura, anche per un giovane.
Ho letto che “il suo blog (il simplicissimus in generale, ndr) ha bassissima diffusione”. L’ho letto qui. Senz’altro la signora o il Signore intendeva dire che simplicissimus ha pochi lettori. Non è vero: simplicissimus ha lei/lui, ha me (e per avere me ce ne vuole: faccio lo spiritoso…), poi con me dal 15 ottobre ad oggi ci sono altre 62 persone (le sto contando, si) che hanno conosciuto e frequentano e apprezzano simplicissimus. E qui sì è più pertinente “diffusione”. Sono certo che a loro volta queste persone comunicheranno a studenti, nonni (perché no?), figli, amici, mogli/mariti, colleghi, che nel bailamme si distingue un angolo illuminato e non allineato. Che non è il roveto ardente: solo le cose come stanno.
caro Luigi, devo dirle la verità quelli del Simplicissimus non vanno mai a vedere i dati di lettura e diffusione. Sentirà dire spesso dai professionisti della stampa ufficiale: sono un giornalista. E questo la dice lunga su un processo identitario aberrante. Noi abbiamo fatto e facciamo i giornalisti, a volte per non svegliarci presto la mattina o come nella famosa battuta dicendo a nostra madre che siamo pianisti di night. Senza voler parlare di vocazione certamente c’è in alcuni che hanno scelto di non uniformarsi all’informazione mainstream, una specie di istinto di servizio esiste – e è irresistibile . a cercare e informare. grazie