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Bavarese al veleno per la Merkel

cq5dam.web.738.462Le elezioni in Baviera sono una severa maestra sotto molti punti di vista come è inevitabile visto che si tratta del Land più grande della Germania con un’estensione pari a quella dell’Austria e la seconda come importanza economica  tanto che il suo pil da solo  supera quello di 22 paesi dell’Ue ed è stata inoltre una delle aree a maggiore stabilità politica del continente. Ciò che dunque è accaduto domenica scorsa nelle urne è inevitabilmente un’anticipazione di ciò che sta accadendo in Europa  e allo stesso tempo una radiografia della confusione che regna sovrana, favorita dagli infingimenti del discorso pubblico. Il crollo della Csu il partito  che da tempo immemorabile, salvo una breveparentesi ha goduto della maggioranza assoluta e che a livello nazionale era una delle colonne portanti della Merkel, annuncia il definitivo declino della cancelliera e insieme ad essa anche di quell’idea di Europa oligarchica, ordoliberista, fondata sul marco – euro e sull’egemonia tedesca che si era imposta dopo la caduta del muro.

Alla vertiginosa discesa della Csu si aggiunge l’entrata nel parlamento locale dell’Afd, nemmeno esistente 5 anni fa, e che adesso ha il 10 per cento, il dimezzamento della Spd, la sparizione o quasi della Linke e la crescita inaspettata dei Verdi che tuttavia in Germania hanno posizioni molto più anodine di quelle che avevano in Italia fino a che sono stati in vita. Un risultato che dà perfettamente ragione a Sahra Wagenknecht la leader del movimento Aufstehen, una nuova sinistra vicina in qualche modo a Melenchon, che nasce dal riproporsi della questione sociale figlia della precarietà dilagante e del rallentamento economico. La sinistra tradizionale – sia quella socialdemocratica totalmente succube dei disegni di disuguaglianza e di egemonia continentale, sia quella più radicale, teoricamente antagonista, ma di fatto schierata con gli strumenti del nemico, ossia moneta unica ed Europa dell’oligarchia- non sembra più in grado di affrontare questa sfida senza un rinnovamento dei suoi strumenti di analisi: se si servono due padroni  si è Iago o Arlecchino oppure si esce di scena. Quando Emiliano Brancaccio, persona che peraltro stimo, parla dell’ “orrido sovranismo piccolo borghese” dimostra in corpore vili tutta il dramma di una sinistra che non riesce ad uscire dai propri feticismi: se poi aggiungiamo che il discorso era diretto a dimostrare come il sovranismo rallenti e ostacoli la centralizzazione dei capitali (e dunque la dissolvenza della democrazia) e come la sinistra non capisca un cavolo, abbiamo fatto tombola nel salotto buono.

Insomma è entrato in fibrillazione tutto un sistema o sarebbe meglio dire una stagione storica e si scatena la battaglia tra clan politici per il mantenimento del potere reale. Qualcosa che vediamo sotto forma diversa dovunque e anche in Italia. Sta di fatto che dopo la tremenda mazzata subita la Csu non ha trovato di meglio che dichiarare la propria indisponibilità verso l’Afd, ovvero verso un gruppo dirigente che si propone come concorrente, ma senza alcuna visibile differenza di carattere ideologico o programmatico. Com’è noto la Baviera è il land di gran lunga meno accogliente nei confronti dell’immigrazione che, dopo essere stata santificata dalla Merkel, adesso viene reclusa in campi che se non sono di concentramento poco ci manca. Inoltre l’invitato speciale del tradizionale incontro invernale dei deputati della Csu è stato il leader ungherese Viktor Orban mentre il premier austriaco Sebastien Kurz, è stato a fianco di Markus Söder, il candidato della Csu  alla presidenza del consiglio bavarese, nel comizio conclusivo della campagna elettorale.Senza parlare delle posizioni del ministro dell’interno Horst Seehofer  che proprio sull’immigrazione ha contrastato la cancelliera proprio in vista del risultato elettorale. Quindi, per carità, qui si difende solo il potere e per giunta c’è anche la dimostrazione che il tema dell’ immigrazione il cui inasprimento non ha salvato la Csu dal crollo, è solo uno dei termini dell’equazione, al contrario di quanto dice apertamente o fra le righe l’informazione nostrana e di euro regime.

A questo punto con la secessione bavarese dalla cancelliera, i land orientali sempre più scontenti di una unificazione che non ha mantenuto le sue promesse, la perdita di terreno nello stesso campo di gioco del mercatismo, l’aumento esponenziale del malcontento sociale, entra in crisi l’asse portante dell’Europa liberista, nata con Kohl e con il trattato di Maastricht ma di cui la Merkel è stata l’interprete più  integralista. E si dimostra che è adesso che si deve cominciare a mettere a punto il dopo, invece di cercare di rimandarlo con tetragona ossessione.

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