Le dimissioni di Gèrard Collomb, da ministro degli interni, dopo uno stillicidio di uscite  dall’esecutivo francese costituiscono un altra spallata contro Macron e configurano più che una crisi politica una crisi di sistema, quello appunto che ha portato all’Eliseo questo figlio del sistema bancario. Lui per la verità ha fatto di tutto perché si giungesse a questo cercando di governare da solo con incredibile arroganza e altrettanta inesperienza per non dire vacuità giungendo a umiliare quasi quotidianamente i corpi intermedi dello stato e non facendosi mancare nemmeno uno scandalo, quello della guardia del corpo algerina, che ha demolito la commedia della sua vita “ufficiale” per così dire. Una vicenda piuttosto torbida alla quale ha reagito con tale sfrontatezza, mostrandosi in situazioni dal sapore equivoco,  che ormai è nato un comitato con lo scopo di mostragli il dito medio in ogni occasione possibile.

Tutto questo potrebbe essere solo folclore se il bancario viziato non avesse fatto di certe download (1)ambigue manifestazioni comunicative del tipo rappresentato qui a fianco, un’occasione per ribadire in maniera quanto meno grottesca, anche per chi è esente da moralismi o da chiusure, le sue posizioni sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza che ribadirà il 14 prossimo a Bologna. Peccato che il suo ministro dell’ Interno si sia dimesso proprio criticando la politica di integrazione: nel suo discorso di congedo ha detto che “nelle banlieues la situazione è molto, molto degradata. Non si può più lavorare Comune per Comune. Occorre una visione d’insieme, per ricreare una misura di amalagama  sociale. Perché oggi si vive  fianco a fianco; temo che domani si vivrà faccia a faccia”. Collomb insomma ci dice che in Francia si sono create non solo società parallele, ma anche potenzialmente ostili e lancia un allarme. Ma in fondo si tratta della medesima cosa che accade in Germania dove le varie comunità vivono praticamente separate e quelle più numerose e distanti dal punto di vista culturale e religioso come la turca, ad esempio, sono diventate un corpo separato che praticamente si autoamministra nei propri quartieri e con criteri spesso inammissibili nei Paesi di origine. Il che testimonia di un regresso culturale piuttosto che di un progresso.

Ora la contraddizione evidente è quella di una governance continentale che da una parte vorrebbe fare dell’accoglienza uno dei suoi valori fondamentali, sia pure così come essa è intesa nel contesto del globalismo, dall’altra però è del tutto incapace di creare le condizioni di reale integrazione e a quanto sembra nemmeno di reciproca tolleranza. La ragione sta nel fatto che tale integrazione viene vista esclusivamente dal lato economico- formale, nonché esclusivamente individuale, compresa come parte principale la convenienza per il capitale di questi eserciti di riserva che giungono da fuori, ma non riesce in alcun modo ad allargare la propria antropologia asfittica ad altro e a rappresentare un vero modello o un’aspirazione per chi arriva, Forse questo è dovuto anche al fatto che chi scappa da guerre, povertà e rapine sa benissimo chi li provoca e si tratta quasi sempre dell’ospite o delle sue multinazionali. La Francia in questo è maestra insuperabile.

A questo punto le manifestazioni iconografiche di Macron che appaiono come una scoppiazzatura di Oliviero Toscani, illustrano a meraviglia la vacuità con cui è perseguito l’obiettivo generale, quello che nasconde sotto le forme della più diversa e ipocrita corrività corporea, la pretesa di imporre un modello unico di pensiero, di comportamento e di futuro dai quali vengono sempre più esclusi i diritti sociali ed enfatizzati quelli individuali che tuttavia da soli sono in gran parte illusori. Qualcosa che trova ovviamente la sua massima linea di frattura nelle comunità extraeuropee, ma che è ormai in crisi anche presso gli aborigeni i quali cominciano ad accorgersi che si predica uguaglianza e si pratica il suo contrario.