giovane_mussolini_antonio_banderas_sul_set_22ecNel 1993, un anno dopo la tempesta di mani pulite, due dopo lo scioglimento del Pci e durante l’ascesa di quello che potremmo chiamare berlusconismo sulle ceneri  di Psi e Dc alla Rai venne venne in mente di produrre uno sceneggiato sul Giovane Mussolini che poi andò in onda l’anno dopo, quando Luciano Violante da presidente della Camera fece la pace con i “ragazzi di Salò”. Apparentemente questo salto nel passato del passato per così dire, in un momento tanto delicato e complesso per il Paese non aveva senso, così come non aveva senso uno stucchevole polpettone dove Benito veniva interpretato da un bellimbusto ricco di capelli come Banderas, magari più somigliante al giovane Hitler e da un Nenni già calvo e maturo, impersonato da Zingaretti, che  invece era più giovane di Mussolini e al tempo aveva tutta la capigliatura  Ancor meno senso era che all’opera avessero messo mano rappresentanti della sinistra intellettuale da Lidia Ravera a Vincenzo Cerami con registi e soggettisti provenienti dalla scuola di Bertolucci.

Infatti mentre la storia in sé appare abborracciata e poco credibile, sempre sopra e sotto le righe in maniera imbarazzante, essa risulta come una sorta di apologo educativo – fantastico che testimonia a meraviglia il disagio del milieu intellettuale italiano stretto fra le vecchie militanze che ne avevano garantito da sempre la visibilità, il vittorioso pensiero unico neo liberista e il nuovo potere reale che faceva riferimento ad esso. Intanto si parla di Mussolini che è già qualcosa come esca, ma si parla del Mussolini socialista massimalista, rivoltoso più che rivoluzionario, mangiapreti, sbrigativo tombeur des femmes, e romantico difensore dei diritti dei deboli contro i malvagi riformisti alla Turati.  In un solo colpo si strizza l’occhiolino alla destra e si prendono le distanze dal craxismo, mentre si lascia intravvedere il futuro duce e dunque l’elemento negativo. Insomma un’operazione senplicistica dal punto narrativo e storico, ma complessa nel messaggio di autori che vogliono rimanere personaggi. In quel caso il nuovo governo Berlusconi, ma diciamo che i nuovi assetti e orientamenti del potere in Italia,  investivano direttamente la comunicazione e l’editoria, dunque bisognava trovare un modus vivendi, una sorta di disponibilità che non sembrasse una resa dopo le barricate degli anni precedenti, ma nemmeno contemplasse una vera intransigenza verso i nuovi concetti di società fondati sulla competitività, sulla disuguaglianza e le libertà individuali.  E il giovane Mussolini, come in altri contesti più elevati di dislocazione ideologica fu in qualche modo il giovane Marx, si prestava all’operazione.

Qualcuno, ammesso che sia arrivato a questo punto, si chiederà cosa c’entri questo sceneggiato di un quarto di secolo fa  con la situazione attuale e il carico immenso di problemi che pesa sulle spalle del Paese. Eppure è evidente che questa chicca degli anni di passaggio ci fa capire come sia strenua, fino al limite del paradosso (vedi Ponte Morandi) limite del paradosso la resistenza del vecchio milieu intellettuale al nuovo governo, con ben poca voce in capitolo nel campo della comunicazione tutta in mano a chi detiene i cordoni della borsa, ma anche alla diversa atmosfera che si è creata dopo il renzismo, Non c’è alcun tentativo di intervenire, di correggere, di indicare, di partecipare in qualche modo, ma solo di condannare a prescindere che è come rinunciare a priori a quello che dovrebbe essere il compito dell’intelligenza, anche quella con innate tendenze cortigiane. Solo se la situazione dovesse rimanere costantemente magmatica, se la spallata europea contro salari, pensioni, diritti, risparmi non dovesse andare a segno, allora si comincerebbero a vedere i primi segni di armistizio. E forse avremo un Giovane Grillo da sopportare.