viaggio_sulla_lunaCon tutto quello che succede perché occuparsi ancora della vera o presunta conquista della luna? Bè intanto perché i suoi riflessi sono ancora presenti e fanno parte di un identik autocelebrativo dell’impero come dimostra il film presentato a Venezia sull’impresa dell’Apollo. Poi perché in questa particolare  questione  detta del complotto lunare emerge, per contrasto con la complessità degli argomenti a favore dell’una o dell’altra tesi, una caratteristica fondamentale del pensiero unico, quella di piallare la criticità del pensiero per affermare il principio di autorità: ciò che si dice dall’alto e che viene ripetuto e ritenuto vero deve per forza essere vero e dunque chiunque lo contesta è sostanzialmente un demente che va curato.

La questione delle missioni lunari truccate e avvenute in realtà in uno studio televisivo e fotografico ben piantato sulla terra, ha caratteri fondamentalmente diversi da altri complottismi, come quelli sull’autodistruzione delle torri l’11 settembre: qui abbiamo intanto alcuni fatti fondamentali e innegabili come la scomparsa dei progetti del modulo lunare e delle telemetrie di volo, alcune incongruenze temporali nelle trasmissioni, foto impossibili mentre i difensori della effettiva conquista della luna arrancano nelle spiegazioni e spesso ne danno di false o errate. Chi voglia approfondire l’argomento può vedersi il docufilm di Massimo Mazzucco sulla questione, “American moon” fatto molto bene perché dà la parola ai nemici del complotto, per poi mostrarne errori o deliberati depistaggi. Sostenere che i progetti del Lem siano stati distrutti per liberare spazio in archivio o le riprese e le telemetrie siano andate perse perché i nastri sono stati riutilizzati visto il loro costo (in realtà 300 dollari dell’epoca per un’impresa che è costata oltre 20 miliardi) fa un po’ ridere e mostra assieme ad altre affermazioni di sconcertante ingenuità, un atteggiamento più fideistico che razionale. Rimane da capire come mai a un anno dalla conquista della luna tutto il progetto fosse ancora in alto mare per poi invece realizzarsi miracolosamente in pochissimo tempo, perché il direttore della Nasa James Webb che era stato un fervente sostenitore della missione, il suo vice Seamans e l’astronauta Walter Schirra probabile comandante dell’impresa diedero le dimissioni a pochi mesi dal coronamento di ciò per cui avevano lavorato per un decennio, come mai gli astronauti siano passati indenni dall’attraversamento delle fasce di Van Allen, che oggi la Nasa considera uno dei principali ostacoli all’esplorazione spaziale e a nuove missioni lunari, nonostante i progressi tecnologici che ci sono stati nel frattempo. Infine come mai vengano considerate prove certe elementi che potrebbero essere stati facilmente acquisibili da sonde automatiche, come peraltro fecero i sovietici, oppure “fabbricabili” o ancora rintracciabili sulla terra stessa. .

Insomma ci sarebbero da discutere e da esaminare molte cose, ma qui si verifica una singolare inversione, perché è la parte che sostiene l’effettiva realizzazione dell’impresa lunare che appare come la meno razionale e tutta collegata al principio di autorità. Per la Nasa dovrebbe essere abbastanza facile dimostrare l’effettiva realizzazione delle missioni Apollo, ma invece esternalizza la propria difesa a buffoni televisivi o a debunker magari a pagamento, salvo ogni tanto uscirsene fuori con qualche altra prova più o meno consistente, come se da una parte considerasse inutile discutere argomenti che non si discutono e dall’altro invece sentisse un bisogno di “provare” cose che dovrebbero essere scontate. Qui non si tratta di stabilire se la conquista della Luna sia effettivamente avvenuta o sia stata solo simulata, ma di prendere atto che non se ne può effettivamente discutere perché la secondo ipotesi non può nemmeno essere presa  in considerazione: sarebbe una bestemmia epocale contro il potere geopolitico Usa e il principio di autorità. Allora argomentazioni pienamente legittime e spesso più consistenti delle spiegazioni ufficiali  vengono fatte rientrare  nell’universo folle ed equivoco del complottismo, come se questo bastasse ad annullarne gli argomenti, ma soprattutto i dubbi evidenziati dal contesto storico e politico. In effetti non possiamo prendere in considerazione l’ipotesi di essere stati ingannati in maniera così radicale: se anche i massimi responsabili della Nasa e di Washingron, tecnici e astronauti superstiti  ci venissero a dire che l’impresa lunare fu un inganno, mostrandoci lo studio e i mezzi nel quale esso è stato perpetrato, non potremmo crederci lo stesso. E diventeremmo complottisti al contrario dicendo che sulla luna ci siamo andati davvero, ma qualcuno vuole depistarci.

In termini minuscoli è quello che sta accadendo col crollo del ponte Morandi attorno al quale stanno nascendo leggende che chiamano in causa una distruzione controllata sulla base di filmati disponibili e del misterioso black out delle telecamere di sorveglianza che si è verificato proprio prima del crollo. Probabilmente si tratta di fantasie che in maniera ingenua e narrativa razionalizzano il vero complotto ossia quello  con cui i governi italiani hanno concesso a Benetton una gigantesca rendita su infrastrutture di base create con i soldi di tutti, chiudendo poi occhi e orecchie sulla manutenzione.

Può darsi che si sia andati davvero sulla luna, può darsi che non potendo sopportare un fallimento, si sia contemporaneamente messa in piedi una simulazione da utilizzare in caso di disastro o anche per diffondere immagini migliori ( in effetti alcuni anti complottisti spiegano in questo modo le incongruenze nelle foto), può farsi che la luna sia ancora vergine. L’importante è riuscire a sopportare la verità qualunque essa sia.