58529_preti_pedofiliNon è casuale che arrivi proprio adesso l’ attacco di monsignor Carlo Viganò a Papa Francesco per aver voltato la testa dall’altra parte riguardo alla questione della pedofilia dei preti:  da poco più di un mese infatti il procuratore generale della Pennsylvania ha rivelato, sulla base di un’inchiesta approfondita e documentata ( qui ) che la gerarchia locale, ma anche romana è pienamente coinvolta nella massiccia copertura di dozzine di crimini sessuali contro oltre 1.000 bambini nelle diocesi all’interno di questo solo Stato. E che i vescovi “mentivano ai parrocchiani, mentivano alle forze dell’ordine, mentivano al pubblico, ma poi documentavano tutti gli abusi negli archivi segreti che avrebbero condiviso spesso con il Vaticano”. Dunque si prepara un nuovo scandalo ancor più forte di quelli precedenti sia perché viene dopo qualche anno di giuramenti sul fatto che il problema sarebbe stato affrontato dalla Chiesa senza mezze misure sia perché la nuova ondata di accuse non permette di fingere o di ipotizzare che il Papa o la corte Vaticana non ne sapessero nulla. Sapevano invece e coprivano tutto, soprattutto dopo l’avvento di Papa Francesco. Anzi viene ipotizzata l’esistenza di una fazione omosessuale all’interno della Chiesa, cui fa esplicito riferimento monsignor Viganò nella sua ormai celebre lettera. 

Certo è straordinario vedere come di fronte a tutto questo l’informazione sia paralizzata, minimizzi o cerchi un qualche pelo nell’uovo nella estrema difesa di un potere che si trova di fronte alle proprie contraddizioni e aporie senza riuscire ad uscirne fuori, semplicemente perché la vastità dei fatti e delle coperture è tale da non poter essere catalogata come eccezione, bensì come normalità, come costume, anzi in un certo senso come una forma di ortodossia tra le righe. In qualche modo ha funzionato per due millenni visto che il rapporto con la paideia è stata sempre  considerata al massimo come peccato veniale ed era in fondo una compensazione per il celibato, ossia la vera condizione posta dalla Chiesa che ne ha sempre fatto uno strumento di potere. Ora tutto questo  è  completamente al di fuori dalla nostra sensibilità, anzi le fa orrore, mentre dal’altra parte il celibato che è alla radice di tali comportamenti , non sembra nemmeno essere più così fondamentale e si potrebbe facilmente immaginare un presbiterato (i veri e propri preti) con le caratteristiche del diaconato, anzi ancora più estese.

La difficoltà di cambiare o addirittura anche solo di condannare con nomi e cognomi è un segno di grave difficoltà della Chiesa, un sintomo della sua perdita di senso che viene compensata con una attaccamento ossessivo a forme tradizionali  difese anche quando l’anacronismo si mostra drammatico. E’ vero che le gerarchie sono cresciute in un contesto nel quale certi tipo si sessualità sono norma e quotidiana tentazione, è anche vero che silenzi e denunce fanno parte di un gioco di potere, ma alla fine l’incapacità di intravvedere soluzioni strutturali a vicende aberrati o di persino di reprimere seriamente e non solo a parole certi costumi, riporta a una crisi più profonda di fatto iniziata con la questione sociale grosso modo due secoli fa. Addirittura un papa come Ratzinger ha preferito fare uno strappo epocale di carattere personale pur di non dover affrontare il passaggio verso soluzioni diverse nella vita della Chiesa. Il problema non è dunque di papa Francesco, di qualche monsignore che accusa e di molti altri che avevano istituzionalizzato la predazione, il problema è che proprio la Chiesa non sa che pesci pigliare. Avendo da sempre scelto il potere, sia come proprio fine che in alleanza  a quello dei padroni del mondo, avendo concentrato la sua condanna e scomunica  solo su movimenti e idee che puntavano all’emancipazione sociale e all’eguaglianza, ora che un sistema di pensiero profano la sta schiacciando visto che ha trovato oppio a prezzo più conveniente e direttamente gestibile, non sa più cosa fare e sta scoprendo di aver disimparato ad evolversi, di tradirsi ogni giorno.

Si sta anche accorgendo che qualcuno oltre atlantico, qualcuno a cui non ha mai fatto mancare benedizioni e messe cantate, tenta di sfruttare le ignominie delle gerarchie per limitare l’influenza di una chiesa che l’immigrazione massiccia dall’ America latina ha reso di gran lunga la più importante praticata negli Usa visto anche il frazionamento dei culti protestanti o abramitici. O quanto meno cova  il progetto di renderla il più autonoma possibile dal controllo di Roma, cosa che oltretutto repelle all’istinto imperialista. Certo da papi e gerachie così c’è ben poco da temere, ma meglio comunque avere il pieno controllo, dotandosi di vice papa locale, perché non si mai che al soglio di Pietro di affacci qualcuno che proviene dai Paesi che Washington cerca di ridurre alla schiavitù neoliberista o che magari tenti di offrire qualcosa di diverso dal consumo maniacale poiché non di soli telefonini e fitness vive l’uomo.

Certo questo messaggio per essere incisivo e avere un senso reale e non solo retorico avrebbe bisogno di una “rivoluzione” in Vaticano di cui tutti avvertono il bisogno, ma che nessuno è capace di immaginare.