ponte-morandi-genova3Circa una trentina di anni fa, in piena esplosione dell’Aids alcuni ricercatori proposero di seguire una strada contraria a quella generalmente battuta contro il virus dell’ Hiv: invece di trovare metodi per impedirne la diffusione sarebbe stato forse altrettanto efficace favorirne all’estremo la variabilità in modo da disgregare il ceppo vitale in talmente tante varianti da renderlo innocuo se non per le persone già contagiate per tutte le altre, spezzando il percorso epidemico. Non so se avrebbe funzionato e se questa linea di ricerca sia ancora perseguita riguardo ai virus in genere, ma sta di fatto che la tecnica di mandare tutto in vacca è quella d’elezione quando proprio non si può difendere un sistema che ha portato al crollo di Genova e in generale a uno stato di pericolosa obsolescenza di tutte le infrastrutture del Paese.

Da una parte si strilla che autostrade e ministero ( quello vecchio sbattuto fuori dalle elezioni, particolare seminascosto) sapevamo che i tiranti del ponte erano ormai corrosi dal 10 al 20 per cento come diceva una relazione degli ingegneri Roberto Ferrazza e Antonio Brencich, ora membri della commissione d’indagine del ministero, dunque che la situazione era degradata e che sarebbe stato necessario prendere provvedimenti. Per questo diedero l’ok al progetto di ristrutturazione volante, per così dire, proposto da Autostrade che era comunque qualcosa e non il nulla, ben sapendo che provvedimenti più drastici non sarebbero stati accettati. Se ci riflettesse anche un attimo, cosa alla quale non siamo più abituati, bisogna dire che come possibili corrotti o portatori di conflitto di interessi sono ben strani visto che hanno evidenziato i mali del ponte, senza tacere mulla.  Comunque ora la colpa è tutta loro e non di Autostrade che si è fidata. Dall’altra si fa sapere che l’ingegner Bruno Santoro uno degli ispettori scelti dal ministro Toninelli per formare la commissione d’inchiesta, aveva svolto fino al 2013 lavori per Autostrade, così come è accaduto ad altri due della commissione che da attori di lavori erano diventati diventati in seguito controllori. Si insinua senza dirlo uno scandalo, ma di fatto è pressoché impossibile trovare un ingegnere stradale di qualche competenza che non abbia avuto relazioni di qualche natura con la società che gestisce le autostrade e che l’aver lavorato in quest’ambito in passato e magari  in tutt’altre zone e per tutt’altre cose, non significa di per sé essere sospetti.  Però in questo modo si crea una tale confusione, una tale estensione di responsabilità reali o immaginarie  che alla fine, nonostante la chiarezza quasi solare degli eventi, Atlantia e Benetton verranno salvati proprio dal caos artificiale creato ad hoc nel repentino passaggio dal menefreghismo totale dell’era renzista a questo moralismo supercilioso dell’ultima ora. Chi ci dice infatti chi saranno gli eventuali sostituti dei personaggi in questione? Saranno migliori di quelli che da anni avvertivano dei pericoli del ponte o si preparano a godere della gallina dalle uovo d’oro cascata loro in mano?  La tecnica virale sembra funzionare soprattutto per gli esseri viventi senza testa.

Anche al di là del caso specifico e delle tecniche con le quali la vecchia razza padrona tenta di resistere agli amari frutti  della sua opera giunti proprio mentre stava preparando la riscossa per via finanziaria, diventa perfettamente chiaro tutto l’inestricabile intreccio clientelare e politico – affaristico nel quale è possibile spalmare qualsiasi responsabilità, frazionando e alterando le responsabilità in modo tale che alla fine saranno tutti colpevoli e dunque tutti innocenti. E’ talmente evidente il marciume dal quale siamo circondati che è quasi impossibile non sentirne il lezzo anche quando vengono fornite improbabili bombole d’ossigeno informativo, destinato a mandare tutto in confusione e a favorire la prossima calata della troika. Viviamo in un Paese dove uno dei maggiori partiti, il Pd,  ovvero il centrosinistra a pagamento, invece di pretendere giustizia per le vittime, chiede un’inchiesta della Consob per tutelare gli azionisti di Atlantia. E l’Espresso, giornale del capintesta di questa banda di corrotti, fa le inchieste sulle commissioni di inchiesta nel tentativo di scagionare i responsabili veri, anche se colti con le mani nel sacco, utilizzando il solito tono censorio.