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Oggi voglio essere estremamente sintetico, quasi telegrafico e suggerire al Paese di dire:  Non obbedisco. Il collasso del ponte Morandi non è infatti che un tragico esempio del degrado progressivo di tutta la rete viaria e in generale di tutte le infrastrutture del Paese , abbandonate a stesse  da privatizzazioni del piffero che hanno solo regalato i  nostri soldi, i proventi delle concessioni a ben pasciuti azionisti che della manutenzione  se ne fregano altamente così come degli accordi firmati con una politica opaca e cedevole, sempre disponibile a chiudere entrambi gli occhi.  Ma rese anche fragili anche dai grotteschi diktat di spesa di Bruxelles

Così non mi dedico alla ricerca di un archistar a cui affidare la ricostruzione di un ponte che invece ha bisogno di eccellenti ingegneri, tanto più che i personaggi evocati come Calatrava sono capaci di sbagliare i calcoli dei materiali persino per il ponticello di Venezia: queste cose le lascio volentieri ai neo esteti del nulla, alle teste sottratte alla parruccheria e alle sue pubblicazioni, a quelli che pensano di vivere in una serie televisiva. Dico  invece  che per risalire la china di degrado nel quale ci stiamo avvitando e che fa comodo a chi comanda in Europa, bisogna fare due semplici cose: 1) rinazionalizzare la rete autostradale, così da ritornare ad avere i soldi dei pedaggi che nell’insieme fanno la bellezza di 5 miliardi all’anno, una cifra più che sufficiente a finanziare una vasta opera di rinnovamento e consolidamento della viabilità italiana che oltretutto porterebbe anche un po’ di lavoro utile oltre le grandi opere inutili. Non si vede la ragione di regalare questi soldi a privati che poi non fanno ciò che dovrebbero, che ci prendono in giro dicendo che il pronte crollato stava a meraviglia, semplicemente perché la loro missione e ragion d’essere è il profitto: persino la Banca mondiale dopo aver devastato il pianeta con le privatizzazioni imposte al terzo mondo, ha dovuto riconoscere che il ruolo dei privati nei servizi universali, cioè quelli che vanno forniti a prescindere, è stato fallimentare o comunque non superiore all’intervento pubblico. Perché continuare a foraggiare a suon di miliardi questi distruttori di ponti?

2) Dire a Bruxelles che non aspetteremo più il loro permesso per spendere i nostri  soldi nelle strutture essenziali alla vita del Paese e che si  mettano dove meglio credono l’integralismo ordoliberista. Ormai è fin troppo chiaro che non esiste alcuna compatibilità tra l’ideologia professata a Bruxelles e l’estrema corruzione della sua burocrazia, né con la democrazia sostanziale e i suoi valori fondanti, ma nemmeno con l’economia. E questo a maggior ragione quando si hanno consistenti indizi che tale ideologia è sinergicamente teleguidata sia dal globalismo finanziario sia da Paesi che attraverso di essa cercano l’egemonia continentale.

Non c’è dubbio che si tratterebbe di un’eresia, ma se non si dice mai di no, nulla potrà cambiare, anzi a dirla tutta consiglierei vivamente al governo Conte di perseguire questa strada per due motivi fondamentali: perché a livello globale sono cambiate molte cose e oggi si possono trovare sponde impensabili fino a qualche anno fa e poi perché non saranno certo le manifestazioni di fedeltà ai dikat europei che salveranno il governo dall’offensiva di settembre a suon di spread e di ricatti finanziari. L’oligarchia europea non si fida, rivuole i suoi servi sciocchi e sta preparando una guerra senza quartiere, una nuova operazione Monti: giocare d’anticipo su questo tavolo, ma anche su altri, per esempio quella di una moneta parallela, potrebbe essere l’unica mossa vincente, quella capace di determinare uno sconquasso in istituzioni ormai prive di credibilità. Tentare di vivacchiare avrebbe l’effetto contrario a quello sperato, ossia di allontanare la campagna d’autunno:  la debolezza attira lupi e sciacalli.