AufstehenOrmai è ufficiale: la Linke il partito più a sinistra del panorama politico tedesco è in via di probabile scissione con nascita del movimento Aufstehen (alzarsi o svegliarsi) guidato da Sarah Wagenknecht con caratteri molto diversi da quelli del tradizionale compromesso a sinistra e molto vicini invece a quelli di France Insoumise di Melenchon. Si comincia con la denuncia dell’insostenibilità di una immigrazione indiscriminata alla luce degli obiettivi che la nuova formazione si pone, ossia “promuovere i valori di uno stato più sociale, salari più elevati e più giusti, una politica estera europea autonoma che veda il disarmo come un valore fondante”. Più in generale Aufstehen si prefigge di dare battaglia per uno “ uno stato che difenda la gente dal capitalismo sfrenato, da una mondializzazione pilotata dalle multinazionali a da una concorrenza acuita dal dumping sociale: vogliamo uno stato che porti avanti una politica più attiva per la parte più svantaggiata della popolazione”,  un’  Europa ” che  riunisca democrazie sovrane” e che si appresti alla crisi dell’euro ordoliberista con ” un nuovo sistema  che permetta una svalutazione delle monete per offrire una maggiore flessibilità”.

La figura stessa di Sarah Wagenknecht è in qualche modo di rottura con l’establishment politico tradizionale: di padre iraniano, compagna di Oskat Lafontaine da tempo in posizione critica nella Linke, una laurea in filosofia con una tesi sull’interpretazione di Hegel da parte di Marx, aliena dalle più viete narrazioni occidentali sulla Ddr, autrice di diversi saggi sulle decisioni politiche e sui bisogni (ricordo in particolare “La libertà invece del capitalismo: gli ideali dimenticati, la crisi dell’euro e il nostro futuro”)  è stata l’unico parlamentare capace di tenere testa alla Merkel tanto da riuscire a zittirla in diverse occasioni. Il 4 agosto ha deciso di passare il Rubicone e di guidare una sinistra ormai dedita alla commemorazione di se stessa e alla recita di breviari per sottrarla al certo destino di  scomparire dalle urne elettorali, puntando appunto sui bisogni. E sembra che il nuovo movimento stia già attirando diverse personalità di spicco dall’ecologista Antje Vollmer, ex vicepresidente del Bundestag, all’economista Streeck al regista Stegemann. Per non parlare del fatto che in cinque giorni ha superato i 50 mila aderenti.

Per ora nella Linke si abbozza e si fa finta che Aufstehen sia un’iniziativa diretta all’elettorato di altri partiti e che anzi come ha dichiarato Dominik Bartsch,  copresidente del gruppo parlamentare della Linke “è possibile che rappresenti una possibilità per rafforzare la sinistra politica nel suo insieme e di ritrovare delle maggioranze parlamentari”.  Ma è fin troppo evidente che due visoni o ancor meglio due prassi così diverse non potranno coesistere a lungo e che alla fine o si arriverà a una scissione oppure Aufstehen finirà col prevalere anche in considerazione del disastro elettorale dell’anno scorso e di un panorama elettorale in totale fratturazione e ridislocazione.

Non sto a sottolineare l’importanza e il peso che due formazioni come France Insoumise e adesso Aufstehen  potrebbero avere sulla sinistra europea e sulla sua capacità di tornare a essere protagonista per il futuro, senza  prima lasciare campo totalmente libero alla destra e non riuscire a fare altro che esprimere astio e disappunto per le primogeniture perse. Di certo si può sperare che questa nuova sinistra dia un deciso contributo all’uscita dalla notte hegeliana di movimenti come Podemos e anche di Potere al Popolo che rischia di avvitarsi ancora una volta sulla formula del contenitore, tanto più che i tempi stringono, le costruzioni fondate sulla sabbia cominciano vistosamente a vacillare e chi vi si è incistato contestandole, ma in realtà collaborando a tenerle assieme, ha gli anni contati.