Anna Lombroso per il Simplicissimus
Una donna di 75 anni madre di un giovane malato viene sfrattata dalla casa della Celestia (quartiere veneziano a vocazione residenziale) dove abita da più di 50 anni. Non è un’inquilina morosa: il vecchio proprietario non riusciva a pagare il mutuo e l’immobile all’asta se lo è aggiudicato qualcuno già in possesso di due appartamenti a uso turistico nello stesso stabile e che pare voglia allargare l’attività imprenditoriale con un nuovo B&B. Un presidio di associazioni e cittadini ha ottenuto un breve rinvio, ma il prossimo 26 luglio la task force di ufficiale giudiziario, padrone di casa con legali tornerà all’attacco con il barbaro rituale dello sgombero coatto e avrà la meglio.
Questo racconto tratto da una storia vera, si direbbe nei film, è dedicato a chi pensa che il proliferare di case vacanze, B&B, camere in subaffitto sia un successo, una conquista, una tappa necessaria nel cammino verso l’uguaglianza, che lo sia stare tanti pigiati stretti magari in punta di piedi a spintonarsi per guardare un’opera d’arte, che lo sia convergere tutti nello stesso punto nello stesso momento per fare del ponte di Rialto, della Torre di Pisa, di Santa Maria Novella, lo sfondo per il selfie. È dedicato a chi è convinto che sia doveroso rinunciare alla tutela, alla qualità, alla salvaguardia dei diritti in nome del profitto e della “libera iniziativa”, a chi ci vuole persuadere che Venezia, Firenze, Siena, sono patrimonio universale di tutti i cittadini del mondo, salvo dei veneziani, dei fiorentini, dei senesi, a chi ritiene obbligatorio in tempo di crisi piegare regole e abiurare a prerogative per consolidare quella economia di risulta, (la definiscono benevolmente sharing-economy, l’economia dello scambio, che assume in questo frangente sempre più i tratti della shadow-economy, l’economia ombra, che di condivisione ha poco e molto ha invece di rendita deregolamentata) perlopiù opaca e che promuove a manager dell’accoglienza figli che non trovano una strada e si improvvisano affittacamere dell’abitazione di famiglia, o i cui genitori investono sfrattando l’inquilino e destinando il bilocale a improbabile casa vacanza, come apprendiamo dalle interviste a concorrenti dei telequiz o dei talent show che si vergognano di essere “disoccupati”.
Qualche tempo fa il sindaco di Venezia, quello che ha promosso la brillante operazione che ha portate negli ultimi 2 anni all’espulsione di 1600 veneziani dalla loro città, si è offeso quando la sua omologa sindaca di Barcellona ha lanciato la sua iniziativa di contenimento del mal turismo con lo slogan; non vogliamo diventare come Venezia.
È lecito invece consigliare a Brugnaro, a Nardella, ai sindaci delle città d’arte e pure a quelli che loro malgrado stanno subendo la conversione di borghi sconvolti dal sisma in parchi tematici, nei quali i pochi residenti resistenti sono retrocessi a ciceroni, osti e figuranti, di diventare come Barcellona. Dove si stanno realizzando i quattro capisaldi di un piano che mira a alleviare la pressione turistica, dare risposta alle esigenze dei cittadini, garantire il diritto alla casa ed evitare l’uso della città solo a fini turistici. Nel 2015, quando si era deciso di bloccare i posti-letto per i turisti, con il congelamento di tutte le nuove licenze, erano circa 158 mila, circa un 10% degli abitanti complessivi di Barcellona, tra alberghi, bed & breakfast, ostelli e alloggi turistici. Il piano speciale del turismo stabilisce che questa quota complessiva di posti-letto non possa essere superata, dividendo la città in tre zone: nella zona 1del centro storico è prevista una diminuzione, perché hotel chiusi o alloggi turistici dismessi non saranno rimpiazzati. Nella zona 2, quella ì della griglia urbana ottocentesca sarà mantenuto il numero di posti-letto turistici attuali, sostituendo quelli che verranno meno. Nella zona 3, infine, i posti-letto turistici potranno crescere, rimpiazzando quelli “dismessi” e spalmando così i servizi turistici su tutto il territorio.
Il fatto è che l’over-tourism, l’hosting diffuso, semplificabile con la sigla del più famoso portale, Airbnb,è una delle forme che ha assunto la finanziarizzazione anche se i protagonisti sono perlopiù singoli cittadini e famiglie che nel sistema economico attuale restano spesso soggetti fragili e non fondi di investimento che sconfinano nella criminalità, perché l’impatto sui sistemi locali e sui legami sociali della condizione urbana è altrettanto devastante. A Firenze che si pone al secondo posto in Europa subito dopo Parigi per numero di alloggi offerti su Airbnb in rapporto al numero dei residenti, con la cifra mostruosa di ben 9226, per la maggior parte interi appartamenti solo nel centro storico e con 1.800.000 le presenze in B&B nell’anno passato, il 93,8% degli acquisti immobiliari entro le mura ha finalità di investimento: il mercato è orientato nettamente sulle case-vacanza ossia su case sottratte agli abitanti. A Venezia l’allarme viene dall’assessore competente: in centro storico, tra strutture ricettive di vari tipo, ci sono 47.229 posti letto per 25.400 camere. E si parla solo di quelli emersi e denunciati. Tanto che il lungimirante Brugnaro ha deciso di favorire un piano per alleggerire la pressione sul centro storico, con provvidenze e facilitazioni per chi apre un’attività di accoglienza turistica in terraferma. Di modo che possiamo star sicuri che la Serenissima ( secondo la profezia di Guccini: la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia la vende ai turisti) sarà popolata solo di visitatori frettolosi.
A Berlino si è registrata negli scorsi anni una sempre crescente carenza di abitazioni e di conseguenza una crisi nel settore degli affitti. Circa l’85% dei berlinesi affitta una casa o una stanza di questa, e il canone richiesto è aumentato in media del 71% dal 2009. Il governo ha reagito aumentando le tasse sulle seconde case e introducendo un permesso ufficiale obbligatorio per l’affitto di notti nel proprio appartamento ai turisti, aprendo una sorta di registro delle camere affittate su Airbnb. L’esito è stato quello di recuperare più di 8000 appartamenti per i residenti regolari dal 2014, quando sono state approvate queste nuove regole, ma l’emergenza non è affatto finita.
Le città perdono così la loro identità, la memoria di sé e con essa il loro futuro: a Bologna il rapporto tra numero di bar/ristoranti e popolazione è ormai di 1 a 37, un numero estremamente sproporzionato che ha come rovescio della medaglia la chiusura di tutta una serie di altre attività che potrebbero essere maggiormente utili ai residenti locali. O a Lisbona, dove secondo uno studio ci sono 9 turisti per ogni abitante e dove settori lavorativi direttamente collegati al turismo, sono diventati i principali settori di impiego della città, con contratti – dove esistono – caratterizzati dalla precarietà e dal ricatto.
Il paradosso è che con l’alloggio “mordi e fuggi” che si mangia il diritto alla casa il gioco non vale la candela: secondo una ricerca effettuata dal Ladest, il Laboratorio dati economici storici territoriali dell’Università di Siena dati sugli introiti dei singoli host di Airbnb registra una curva dei guadagni per la quale una percentuale decisamente esigua, circa il 5%, guadagna significativamente dall’affitto turistico mentre il restante 95%, ne ricava poco o persino meno di quello che riceverebbe con un canone di locazione annuo tradizionale. Mentre la sottrazione di alloggi agli abitanti produce vere e proprie migrazioni dal capoluogo ai comuni confinanti, che determinano una pressione abitativa e una richiesta di servizi non governabili dalle amministrazioni esistenti, dai trasporti alla gestione dei rifiuti, dai servizi all’assistenza e all’istruzione.
L’anno prossimo saranno 50 anni dall’imponente sciopero generale indetto dalle tre confederazioni sindacali nazionali in tutta Italia per sancire il diritto alla casa e a una città dei cittadini. Era novembre e è lecito pensare che non sia una casualità che a distanza di meno di un mese siano scoppiate le bombe di Piazza Fontana. Da allora ogni anno si è registrato un successo della speculazione, della concessione di spazi e beni alla rendita e al profitto, dell’esproprio e della rinuncia. E torna di attualità la profezia secondo la quale le trasformazioni delle città moderne sarebbero da metropoli a melagopoli, da megalopoli a necropoli.
L’ha ribloggato su bondenocome ha commentato:
dedicato a chi è convinto che sia doveroso rinunciare alla tutela, alla qualità, alla salvaguardia dei diritti in nome del profitto e della “libera iniziativa”, a chi ci vuole persuadere che Venezia, Firenze, Siena, sono patrimonio universale di tutti i cittadini del mondo, salvo dei veneziani, dei fiorentini, dei senesi
A Venezia ci ho vissuto per un decennio, a partire dai primi anni ottanta.
Dopo ci sono tornata molte volte e il risultato è stato sempre un impatto negativo peggiore. Venezia non solo non era più una città pulita e con diversi negozietti per gli abitanti, era via via negli anni sempre più una sequenza di negozi di stronzate (perlopiù fatte in Cina), di cibo pessimo e costoso, e di maree di gente ovunque e tutto l’anno. Per chi ci vive e deve muoversi non era facile, non trovare casa, non trovare negozi di prima necessità, vedere quelli storici chiudere uno dopo l’altro per essere sostituiti da negozi di inutili cose di plastica a poco prezzo. Allora la Giunta era di sinistra o quasi. Poi ha proseguito la corsa con la cosiddetta sinistra e infine la “ribellione”, dalla padella alla brace, con Brugnaro, figlio di un partigiano, un signore che ciclostilava libri e li distribuiva ai ragazzi poveri di Marghera.
Il profitto innanzittutto ha trasformato Venezia in un circo, manca solo il tendone. Tutto è fatto in fretta senza amore e di corsa, ma questo è il turismo di massa, sempre più di massa, esponenzialmente di massa visto che siamo circa otto miliardi di ominidi su questo unico e rarissimo Pianeta che ci fa vivere.
Quindi i B&B sono proliferati, ovunque e a dispetto di tutto, anche perchè i potentati di Venezia Centro Storico sono gli albergatori e chi fa industria turistica, non di certo i vetrai di Murano, soppiantati da orride copie cinesi (che si rompono subito) o i merlettai di Burano, artigianato in via di estinzione.
Venezia è una città assediata dal turismo di massa. Negli anni ottanta mai mi sarei immaginata di vedere uomini e donne discinti camminare in Piazza San Marco e mangiare a gruppi, seduti per terra, dividendo il pasto con i piccioni grassi, sotto i portici delle Procuratie e sdraiati sui gradini dell’Ala Napoleonica.
Non era ancora tempo di B&B e a novembre Venezia era quasi deserta, ma nel 1983 assistetti dietro Campo dei Frari a uno sgombero. I signori buttati fuori erano due anziani veneziani da sempre abitanti in quella zona, ma in affitto (all’epoca c’erano i molti studenti a cui affittare in nero e a caro prezzo), seduti mestamente e dignitosamente sulle loro valigie, dovute fare frettolosamente, con i loro mobili dentro casa e con un figlio unico lontano e quasi senza parenti. Ho fatto loro un po’ di compagnia ma ignoro che fine abbiano fatto, il giorno dopo la casa era chiusa.
Le città con forti attrattive, sia artistiche ma anche per motivi di studio, sono vacche da mungere h24, fino alla morte.
So che a Barcellona avevano toccato il fondo, con gente sempre più espulsa per far spazio ai turisti e molti barcellonesi infuriati, con scritta astiose contro i turisti in diverse aprti della città. Brugnaro, anzichè offendersi avrebbe dovuto fare il punto per evitare di diventare come certe zone di Barcellona, la Colau, d’altro canto, non è però dotata, da quello che leggo, di capacità diplomatiche e comunicative, specie se l’altro è della parte politica opposta. Ne ha dette altre, oltre a questa, è una donna immagine della sinistra spagnola, Brugnaro un banale sindaco di una città non banale.
Di Berlino, con architetture maestose e anche nuove, mi ha colpito il gran numero di persone dall’aria povera se non poverissima a dormire nelle tende lungo la Sprea, numerosissime. Erano lontane ma intuivo gruppi famigliari.
A Lisbona, con intere zone costruite nuove e non abitate oppure lasciate a metà e case in decadimento, ci sono altrettante persone povere. Molti a chiedere dignitosamente la carità o a spolverare antichi mestieri come il lustrascarpe; peccato siano anziani quei lustrascarpe o quei vagabondi.
Il destino comune è probabilmente quello di prossima tendopoli e poi necropoli.