Salon_de_Madame_Geoffrin-600x300A circa  quattro mesi di distanza dalle elezioni chi si chiedesse perché Potere al popolo abbia preso solo l’ 1,1 per cento (compreso il mio voto) pur nel pieno di una drammatica crisi sociale, può trovare una risposta in ciò che sta avvenendo in queste ultime settimane, nel quale la battaglia contro il nuovo governo non viene condotta propriamente in termini politici, ma in nome di una sorta di feticismo simbolico orchestrato dal CCS, ovvero Comitato Centrale Salottiero, costituito da quelli che lavorano nei mezzi di comunicazione di massa o nell’informazione e hanno agibilità politica ed economica solo in tale contesto determinato dal potere.

Stupisce che tutto prescinda dai dati reali, sia che si tratti di contratti che di immigrazione o del famoso fascismo a prescindere, ma faccia riferimento a petizioni di principio contestuali che guarda caso sono sempre allineate con le tesi di fondo del neo liberismo e delle sue espressioni di vertice. Soprattutto manca un’analisi degli avversari che vengono tout court demonizzati senza tentare, nemmeno per un attimo, di comprendere le ragioni della loro vittoria e del consenso che hanno trovato proprio nei ceti più colpiti dalla crisi e nelle aree dove la sinistra avrebbe dovuto fare il pieno di voti, manca cioè la cosa essenziale per risalire la china. Anzi no, una chiave di lettura, facile facile, c’è: hanno vinto perché sono populisti. Questa parola magica che in realtà non significa assolutamente nulla serve come spiegazione universale esattamente come quei personaggi delle farse che non concludono mai una frase e aggiungono “ho detto tutto”. Alla fine è davvero difficile vedere la differenza tra Juncker e un antagonista di maniera e lo si può probabilmente stabilire solo dal tasso alcolico. La conseguenza diretta è che non è possibile trovare proposte e soluzioni di un qualche realismo: tutto naviga nella notte hegeliana, ma anche dentro una grande ipocrisia perché in fondo il vituperevole Salvini non fa nulla di molto diverso da ciò che hanno fatto Prodi e Minniti, solo che lo fa violando l’ordine nuovo stabilito da Berlino e Parigi.

Vi confesso che non riesco proprio a sopportare il leader della Lega, è un fatto di pelle, un’allergia, ma questa valanga di ipocrisie e satira forzosa che ondeggia nel nulla come una foglia morta, non più legata a qualche ramo vivente, comincia a suscitarmi le stesse sensazioni perché in ultima analisi buonismo e cattivismo sono le due facce della stessa medaglia conservata nella teca del pensiero unico. Del resto in un Paese (ma questo vale anche per il resto dell’Europa) che ha conosciuto tre  decenni di progressiva messa in mora della solidarietà e dell’uguaglianza anche grazie alla resa totale della socialdemocrazia al globalismo oligarchico di derivazione neoliberista, come potrebbe essere possibile una magica riemersione di questi valori, compresa la fratellanza dimenticata in soffitta, solo per la biblica emigrazione dalle guerre e dalle rapite occidentali? Pensare questo vuol semplicemente dire non comprendere nulla o per dirla nella maniera affettata ed elusiva della contemporaneità significa  non comprendere la complessità. Ma anche non avere voglia di intraprendere alcuna lucida analisi sulla storia recente e sulla grande battaglia al berlusconismo che già dal ’95 non fu più condotta in termini politici, ma di confronto giudiziario e di costume: non esisteva più un progetto di società né da una parte, né dall’altra, ma solo un grande nulla riempito da una parte con gli interessi personali e l’immoralismo degli affari, dall’altra con etichette e totemismi sempre meno veritieri. Alla fine però l’attacco al mondo del lavoro è stato concentrico e bipartisan.

Il tentativo di riempire questo vuoto con  i fascisti su Marte come al buon tempo andato o con astrusi ragionamenti sull’immigrazione di massa che mette completamente da parte le cause di questa tragedia e si nutre di luoghi comuni o addirittura di santificazione delle Ong, comprese le più opache che non si sa come distinguere dagli scafisti, non ha semplicemente senso e anzi alla fine elude il vero obiettivo che si dovrebbe dare una sinistra, non quello di tacere tartufescamente sul contesto disumano della fuga dai propri Paesi per poi accogliere ad libitum la gente nei lager nostrani, ma di realizzare una vera parità salariale, giuridica e vorrei dire  morale tra chi lavora da anni nel nostro Paese o vi è addirittura nato. Questa è ovviamente una mia opinione, anche se sarebbe arduo dimostrare che grandi numeri e volontà di accoglienza vera non siano in una contraddizione reale, ma sta di fatto che dietro al contendere non c’è un vero dibattito, ma un velo di simbologie e di diallelismi che hanno persino perso i riferimenti di un tempo e che alla fine vivono in una sorta di perfetto autismo. E’ populismo in rosso destinato a una nuova sconfitta.