Meeting of NATO Heads of State and Government in BrusselsDio ci conservi Trump, l’amerikano. Ancora una volta al vertice Nato il palazzinaro ha dato di matto e ha chiesto ai membri dell’alleanza di alzare il budget delle spese militari non fino al 2% del pil, che già incontrava grave scontento e forti resistenze, ma addirittura al 4%. In più ha fatto chiaramente capire, soprattutto alla Germania, che gli europei devono smetterla di comprare gas e petrolio russo e acquistare invece quello americano che tra estrazioni da fracking, trasporto e infrastrutture costerebbe il doppio. Solo a lui è concesso se del caso aprire alla Russia e a Putin, cosa che peraltro potrebbe accadere fra qualche giorno.

Trump ha recitato alla perfezione il ruolo dell’idiota americano rimasto al dopoguerra che pensa agli europei come parassiti dell’ombrello difensivo Usa e dunque impone loro di partecipare allo sforzo comune per la maggior gloria della Casa Bianca e contro un nemico inventato di sana pianta con l’affare ucraino per ragioni di pur imperialismo. In più pensa di usare questa specie di ricatto per ottenerne un enorme vantaggio economico. In fondo è ciò che è sempre avvenuto da 60 anni a questa parte, ma che non è mai stato detto apertamente. Molti analisti pensano che in realtà Trump e il suo staff non la pensino davvero così, che il presidente abbia fatto una memorabile sceneggiata in vista delle elezioni di medio termine, ma personalmente credo che in realtà l’inquilino della Casa Bianca incarni l’america profonda, ma senza gli infingimenti che ne nascondevano lo “spirito”.  Altri commentatori  meno banali nutrono l’illusione che con l’America First Trump voglia contestare la dottrina del Pentagono secondo cui il mondo è ormai diviso in due, da un lato gli Stati sviluppati e stabili, dall’altro gli Stati non ancora integrati nella globalizzazione imperiale dove la missione delle forze armate Usa è distruggere le strutture statali e sociali delle regioni non integrate.

Anche in questo caso temo che si tratti  di pure illusioni perché se Trump la pensa come i suoi elettori, dispone però di un punto di osservazione nel quale comincia a vedere che il suo progetto è assolutamente irrealizzabile rimanendo sul terreno del neoliberismo, visto che il mantenimento della posizione imperiale è una condizione sine qua non per il trasferimento dei capitali transnazionali nell’economia statunitense e che il progetto di riportare il lavoro in Usa , attraverso il ritiro dai trattati commerciali o commercial -politici è completamente insensato visti i costi stratosferici che hanno i servizi di base in Usa dopo 45 anni di dominio del capitalismo finanziario, nonché il livello assurdo di indebitamento privato: a questo punto il lavoro che non solleva dalla povertà anche quando non sia precario o effimero, è una realtà ineludibile e un ritorno alla produzione con salari da fame finirebbe persino per peggiorare la situazione. Solo con una sorta di neo socialismo keynesiano che torni a una massiccia redistribuzione degli utili si può pensare di attuare un progetto del genere, ma questo non è nemmeno pensabile da uno come Trump. Certo può fare le sparate, capelli al vento, appoggiandosi alle grottesche contraddizioni idei partner europei che da una parte hanno voluto essere protagonisti nell’avventura ucraina e nella successiva, delirante demonizzazione sanzionatoria della Russia, chiedendo però di poter fare affari con Mosca quasi intendessero lo scontro come una sorta di commedia a favore del pubblico. In realtà però si trova in un vicolo cieco il cui risultato finale potrebbe essere l’alienazione dell’Europa  intendendo con essa i suoi Paesi e non certo le oligarchie di Bruxelles, e con essa anche un retroterra vitale per l’esistenza stessa degli Usa.

Nell’insieme Trump sta cercando di tenere insieme i cocci di un sogno americano, ma anche di un’idea di democrazia e di libertà che esiste solo nei telefilm: l’oligarchia Usa è ormai padrona della scena e del retroscena, il Paese è di fatto in mano alle multinazionali e ai ricchi che sono  immuni dalle leggi e anzi le fanno attraverso le lobby, attraversato da una violenza nichilistica e dalle droghe, afflitto dall’elefantiasi dell’apparato militare, dipendente dall’imperialismo, afflitto da una gigantesca sotto occupazione, privo di una reale dialettica politica e dotato di strumenti puramente formali di partecipazione: basti pensare  che solo 40 seggi sui 435 della Camera dei Rappresentanti derivano da una vera e propria competizione elettorale: il resto è di fatto assegnato grazie a un accorto disegno delle circoscrizioni che in un paese assai meno complicato di quelli europei, è un gioco da ragazzi. Insomma Mr Smith scappa da Washington e Trump si agita dando l’impressione di voler colpire la globalizzazione di cui ha bisogno, simulando un ira che non può permettersi, cercando di smorzare l’imperialismo facendo l’imperialista al quadrato: chi meglio di lui può rappresentare il declino di un sistema?