UsuraiOggi voglio portare all’attenzione dei miei 25 lettori un’ipotesi che avevo episodicamente già prefigurato un anno fa: che di fronte al sostanziale fallimento delle politiche neo liberiste e dei drammatici risvolti sociali che esse creano, si è cercato in vari modi di deviare l’attenzione verso i flussi migratori  visto che essi pongono enormi problemi di integrazione mai realmente affrontati né culturalmente, né economicamente, né civilmente. Si tratta di un gioco complesso che rischia di fare vittime illustri come ad esempio la signora Merkel, o l’armonia dell’Europa oligarchica attraversata da opposizioni che in Italia sono giunte al potere, ma per i potentati economici che gestiscono in definitiva il sistema e i governi che ne sono l’espressione per così dire amministrativa, può essere vitale in questo periodo di passaggio, cercare di spostare il fulcro dell’attenzione e dare qualche contentino psicologicamente più consistente rispetto ai numeri fasulli delle statistiche, mentre stringono il cappio sui ceti popolari.

Non bisogna guardare chissà dove per avere un’istantanea su questa ipotesi di lavoro che a prima vista può sembrare stravagante:  basta semplicemente guardare al nuovo governo italiano che mentre con Salvini crea la vicenda dell’Aquarius o spara sui Rom con cartucce a salve, con Conte e il suo ministro Tria prosegue l’opera di massacro iniziata nel decennio scorso con l’accettazione di tutte le condizioni imposte da Bruxelles e cercando di salvare le apparenze rinviando di un anno dal 2020 al 2021 il pareggio di bilancio, evitando l’aumento dell’Iva con la sottrazione però di 12 miliardi alla  sanità, alla scuola, ai trasporti, al welfare in generale, il che per i meno abbienti si tratta di un colpo ben più grave di qualche punto di Iva visto che da una parte comprano relativamente poco e dall’altra dovranno fare sempre più ricorso a strutture e servizi privati. Senza parlare dell’abbandono di ogni idea di riforma della legge Fornero che era stata uno dei cardini della campagna elettorale. Insomma non è cambiato proprio nulla rispetto al passato, la discontinuità nell’obbedienza assoluta all’Europa è svanita come una bolla di sapone, mentre l’uomo della strada ha invece l’impressione che l’alt all’immigrazione indiscriminata stia cambiando le carte in tavola e cammina più tranquillo verso la trappola finale.

La cosa curiosa è che è bastato il rifiuto italiano di far entrare in porto una singola nave con migranti a bordo per mettere in moto profondi cambiamenti di quel pasticciaccio brutto degli accordi di Dublino secondo cui l’immigrazione riguardava solo i Paesi che accolgono i flussi e che pareva scritto sulla pietra: d’accordo che questo atto di forza ha scatenato l’armageddon  dentro la Cdu tedesca e la Merkel è disposta a cedere su molte cose pur di non rischiare una crisi di governo a pochi mesi dalla sua faticosa costruzione. Ma non è stato un po’ troppo facile rimettere tutto in discussione rispetto all’impossibilità di cambiare qualcosa nelle ricette e nei diktat economici?

Non c’è stato invece alcun tentativo serio di creare una discontinuità sia pure in una prospettiva di medio termine rispetto alle politiche politiche di Bruxelles e siamo ancora se non di più a traino di un’Europa carolingia il cui scopo finale è quello di bersi l’Italia con la cannuccia dei trattati: eppure per lasciare il segno basterebbe semplicemente dire un no preventivo e assoluto a qualcosa che non ancora non c’è, ovvero al cosiddetto Fondo di Redenzione, un meccanismo infernale che mentre sembra essere di aiuto ai Paesi con il maggior debito pubblico, funziona invece come uno strozzino su grande scala. Infatti se sarà possibile conferire a questo fondo parte o tutto il debito eccedente il 60% del pil così da trasformare i titoli nazionali in europei a 20 – 25 anni, che forse potrebbero avere interessi minori, è anche vero che per ottenere questo supposto beneficio i Paesi aderenti dovranno conferire al nuovo fondo le loro riserve auree, interi asset produttivi nazionali (Enel, Eni, Finmeccanica, Poste con annessa cassa depositi e prestiti, tanto per fare qualche esempio) e una quota del gettito fiscale che sarà direttamente prelevato e controllato da Bruxelles. Vi lascio immaginare quale decrescita impetuosa e inarrestabile tutto questo potrebbe avere per il nostro Paese a parte la scomparsa pressoché totale di ogni possibilità di welfare con un bilancio dello stato saccheggiato dall’Europa. In queste condizioni non potrà più essere immaginata alcuna liberazione dalla moneta unica e probabilmente perderebbe di senso persino l’unità territoriale della Repubblica. Ma di tutto questo non ho sentito minimamente parlare da nessuno degli esponenti del governo cosiddetto populista che nelle intenzioni dovrebbe  rivalutare la sovranità del Paese: non vorrei che per l’ennesima volta si aspettasse il fatto compiuto per dire che non ci si può sottrarre.