194042401-311079af-953d-4d5c-b03d-b5064ac773f9Debbo confessare di rimanere sempre sorpreso dagli eventi italiani. Uno di questi è che un politico considerato da sempre di secondo piano come Salvini, che dalla fine del liceo non ha mai fatto né un giorno di lavoro né di studio e le cui idee, almeno quelle espresse pubblicamente, rasentano il confine del primitivismo, è diventato d’emblée una sorta di nuovo totem e tabù della politica. Sebbene l’informazione maistream  bastoni ogni giorno e ogni momento il governo populista, il masaniellismo interiore che è una delle anime del Paese non può fare a meno di costruire attorno a lui un’aura da icona negativa che in qualche modo legittima e assevera tutti i cattivi istinti.

Ciò accade per una serie di motivi tra i quali c’è il fatto che la Lega in quanto partito storico appare in qualche modo meno populista dei Cinque Stelle, comunque più controllabile da vicino e con un programma che tutto sommato fa molto meno paura alla razza padrona la quale anzi ha tutto da guadagnare da operazioni come quella della flat tax o dello sbrindellamento dello stato centrale che sono del resto tra gli obiettivi dell’oligarchia europea. Dunque il sovradimensionamento di Salvini rispetto ai Cinque stelle è in parte intenzionale, ma c’è anche da dire che il leader della Lega gioca con molta facilità per esempio sulla migrazione, grazie all’ipocrisia delle leadership europea e al progetto confuso, ambiguo e farisaico di accoglimento che esse perseguono sostanzialmente al fine di spezzare le reni ai salariati autoctoni e alle loro tutele. Il suo gioco è facile perché la sua base attiva è molto più caratterizzata ed è sostanzialmente  il popolo delle partite Iva e della microimpresa (dipendenti compresi) che in origine pensava di poter contare e guadagnare molto di più, di avere maggiore libertà dalle regole, con un federalismo egoista e oggi, trascinata verso il basso dalla crisi, pensa la stessa cosa dell’Europa, pur avendo introiettato i fondamentali del sistema neo liberista e ordoliberista che ne è alla base.  Insomma si tratta di uno zoccolo duro che ancora non ha compreso come proprio proprio questo modello di riferimento con le sue disuguaglianze di fondo tenda a decimare la classe media, a renderla sostanzialmente inutile e proletarizzabile.

Un ritorno a una maggiore autonomia e sovranità nazionale potrà rallentare questo processo, ma non invertire la rotta che è nella logica di un’economia di mercato priva di correttivi: senza cambiamenti radicali di visione sociale, la sempre maggiore concentrazione della ricchezza in pochissime mani continuerà ad andare avanti, ma questi saranno i temi e i problemi dei prossimi anni, per ora Salvini può cavalcare senza troppi ostacoli. Una cosa che invece non è possibile ai Cinque stelle i quali si trovano a dover fare i conti con un elettorato molto più articolato e che comprende praticamente la totalità dei ceti e una vastissima gamma di opinioni e di umori: il boom è venuto proponendo strumenti di sostegno al reddito che vanno a sostituire, soprattutto al Sud, un tipo di occupazione direttamente o indirettamente  dipendente dal settore pubblico che sta venendo meno a causa dei dogmi dell’austerità imposti da Bruxelles e investe inoltre tutto il settore della sottoccupazione cresciuto in maniera impressionante e drammatica negli ultimi anni.

Si tratta in qualche modo di un progetto antitetico sotto tutti i punti di vista, molto più complesso rispetto a quello di Salvini e potenzialmente molto più pericoloso per la razza padrona visto che chiama alla sbarra alcuni passi del breviario neoliberista. L’alleanza fra queste due forze è tuttavia possibile, anzi sotto certi aspetti necessaria, perché a questo punto qualunque passo in una direzione o nell’altra implica necessariamente un netto recupero di autonomia finanziaria rispetto ai diktat europei sia che si tratti di ridurre le tasse (si spera solo ai meno abbienti) o di tornare a redistribuire un po’ di reddito. Dunque il governo Conte può esistere solo nella misura in cui riuscirà a rendere più autonomo il Paese da  quei poteri globalizzanti, non elettivi oltreché reazionari che lo hanno nelle grinfie prima ancora di decidere cosa fare. Francamente non so dire se ce la farà anche se le recenti polemiche tedesche all’interno della Cdu – Csu rendono molto visibile il declino della Merkel e indeboliscono certe ferree modalità dell’Europa (per la verità più vicine a Salvini che non a Di Maio), se non tutto l’edificio che in fondo poggia sul pilastro tedesco, ma credo che la vera chance sia andare oltre il piccolo mondo europeo e cominciare davvero a collegarsi più strettamente al processo di nuova multi polarizzazione del mondo nel quale i singoli Paesi del continente possono sentirsi molto più a loro agio del corpaccione atono e farraginoso della Ue, le cui elites  sono del resto troppo legate agli Usa per apprezzare e permettere una qualche autonomia continentale. Vedremo se lo spettacolo che ci aspetta sarà una farsa o qualcosa di serio.