MATTARELLA (1)Adesso che le acque si sono momentaneamente calmate voglio ritornare sul piccolo golpe Mattarella contro Paolo Savona perché in passato passato l’economista aveva espresso dei dubbi riguardo alla moneta unica. Ora come si sa i difensori a prescindere dell’inquilino del Quirinale, ovvero i grandi giornali e le televisioni hanno utilizzato a man bassa l’argomento della tenuta finanziaria e dei vincoli esterni determinati da trattati che sarebbero prevalenti rispetto all’ordinamento interno, per dimostrare la legittimità di un no di Mattarella alla proposta di  un ministro critico verso questo assetto. Non voglio ritornare sulla questione, la uso come vedrete per dire altre altre cose, ma mi pare evidente che la semplice nomina di un ministro che in anni passati aveva espresso qualche euroscetticismo non possa assolutamente essere un argomento sufficiente a ritenere in pericolo i trattati o addirittura il bilancio dello Stato: si tratta di una pura interpretazione che riporta la questione esattamente al punto di prima, ovvero all’impossibilità per un presidente di rifiutare la proposta e la nomina di un ministro su base politica.

A prescindere da questo c’è da dire che la prevalenza dei trattati internazionali è a sua volta una interpretazione data dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001 (guarda caso due mesi prima dell’ingresso dell’euro) perché precedentemente gli obblighi internazionali, derivanti dal diritto sugli accordi globali  non godevano di alcuna garanzia costituzionale. Tuttavia la carta fondamentale della Repubblica, al di là delle decodificazioni ad hoc, quando parla di trattati si riferisce  al tradizionale diritto pattizio tra nazioni sovrane, non a qualcosa che dovrebbe essere radicalmente differente come gli accordi tra i Paesi dell’Unione che tra l’altro già prima di arrivare a Maastricht e a Lisbona avevano rinunciato a qualcosa della loro sovranità. Al di là di ogni tecnicismo giuridico è evidente che i trattati europei, se l’Europa esistesse davvero, dovrebbero avere una natura diversa, più dialettica e consentire una contrattazione permanente almeno su molti punti. Scopriamo invece che i famosi trattati non sono altro che un intricato, asimmetrico e rigido sistema di patti tra singoli Paesi, tenuto insieme da una burocrazia asfissiante, non eletta e completamente esposta al diritto del più forte sia dal punto di vista sociale che nazionale.

Questo ci riporta al fatto che il Quirinale nel suo fare le barricate contro Savona, poi spazzate via dagli interessi concreti delle forze politiche che ad eccezione della Lega temevano nuove elezioni o cambiamenti degli assetti interni, partiva da un concetto di vincolo esterno inteso come remissività passiva a qualunque indicazione politica ed economica, diretta o indiretta, venga dalla Ue o dai mercati finanziari, tanto che una presunta affidabilità creditizia o la permanenza nell’euro sembrano essere gli assi portanti di una Costituzione materiale che interpreta il vincolo esterno come sempre preminente. Vediamo bene che la crisi istituzionale ha contorni ben più ampi di quelli del no alla proposta di un ministro, frutto di un puro processo alle intenzioni e si prefigura come parte di una sorta di golpe oligarchico europeo il cui unico scopo e la solidità creditizia intesa ovviamente secondo le teorizzazioni correnti a Bruxelles e funzionali a certi interessi, ma a quanto pare non seguite nel resto del mondo.

Però se la politica non si può discostare dall’attuazione dei vincoli di bilancio significa semplicemente che la volontà popolare non conta una beata minchia  e gli strumenti con i quali si esprime, in primis, il voto, sono soltanto fumo negli occhi ritualità prive di senso. Al di là di Paolo Savona, cosa esiste di più anticostituzionale di questo, anche se l’informazione di servizio spergiura sulla correttezza di Mattarella? Tra l’altro sono proprio questi difensori per partito e stipendio preso che contribuiscono ad orientare  il crinale della politica italiana sulla linea di frattura sovranismo – europeismo dove quest’ultimo mentre colloca se stesso vagamente a sinistra, parlando degli avversari come rossobruni,  in realtà accetta che i vincoli finanziari e la revisione in chiave neoliberista del patto sociale, divengano elementi imprescindibili della forma Stato. Forse bisognerebbe ringraziare Mattarella di aver chiarito definitivamente le cose.