pinocchio-incazzoso.jpgEsperto deriva dal verbo esperire, cioè indica chi ha esperienza diretta di qualcosa oppure la sperimenta o ancora la vive in prima persona, ma la sua figura non coincide affatto con quella del tecnico, del professionista o del ricercatore. Un climatologo per esempio è uno scienziato, ma non esperto della variazione climatica, non più comunque di quanto lo sia qualunque altra persona che la vive direttamente, magari sulla pelle delle proprie vacanze, semplicemente perché egli applica alcune ipotesi e alcuni sofisticati modelli matematici ai dati che ha a disposizione, ma non è che abbia sperimentato direttamente l’evoluzione dei mutamenti climatici che congettura sulla base di elementi razionali. Nello stesso modo non esiste un esperto in fatto di trasformazioni, integrazioni monetarie o cancellazioni del debito se non le ha affrontate, semmai esistono storici dell’economia che dibattono su quelle già avvenute e tecnici che possono dare pareri su questo o quell’aspetto specifico, ma ancora una volta si tratta  di esprimere delle ipotesi più o meno fondate su qualcosa che non si conosce davvero nel suo complesso. Del resto adesso sappiamo per bocca dei massimi fautori dell’economia neo liberista che tale teoria economica non può produrre previsioni certe e dunque le varie ipotesi sono necessariamente orientate politicamente non appena si supera l’aspetto ragioneristico.

Questa pappardella di carattere per così dire epistemologico è necessaria a decrittare e decostruire nelle sue ambiguità la figura dell’esperto che proprio per questa sua natura indefinita e ingannevole è quella più gettonata dall’ informazione mainstream per far passare messaggi politici rivestendoli di una qualche autorità. In particolare in questi ultimi giorni abbiamo visto un fiorire di esperti impegnati a farci sapere  quanto costerebbe il programma abbozzato di un governo giallo verde deducendone che costa troppo, che è irrealizzabile e se lo fosse ci metterebbe nei guai. Peccato che queste ipotesi sui costi, provenienti dall’ambiente bocconiano abbastanza celebre per non averne mai imbroccata una o da altri e opachi centri legati in qualche modo legati al potere politico, da una parte pretendono di essere verità e non congetture, dall’altro sono così diverse  che implicano il 60% di differenza tra loro: considerate nel loro insieme perdono qualsiasi credibilità e si espongono al concreto sospetto di essere state sollecitate e costruite ad hoc. Per di più questa enorme forbice dovrebbe suscitare il sospetto che questi esperti non siano nemmeno buoni competenti.

Immaginate di voler comprare una certa auto e che una rivista specializzata  scriva che consuma 5 litri per cento chilometri e costa ventimila euro chiavi in mano, mentre un’altra vi riveli che ne consuma otto e costa 12 mila euro per averla. Magari potreste credere a ciascuna pubblicazione singolarmente, ma nel complesso capireste che forse è meglio lasciar perdere quel modello o  ancor meglio che le riviste specializzate sono del tutto inaffidabili e perseguono opachi fini pubblicitari: in fondo quasi tutti sono esperti nell’acquisto di auto. Si tratta chiaramente di un esempio limite, visto che differenze così grandi non sarebbero assolutamente tollerabili nel mondo concreto. Eppure contraddizioni anche più macroscopiche passano quasi inosservate nel discorso pubblico, anzi vengono accolte come fossero preziosi giacimenti di saggezza e di competenza, mentre al contrario rivelano tutta la loro natura ipotetica. Nel migliore dei casi.

Sta di fatto che molte cose definite “impossibili” sono state in realtà ritenute non solo fattibili, ma addirittura auspicabili quando si tratta di altri luoghi e situazioni, oppure quando i valletti delle oligarchie che oggi gridano al disastro non erano ancora nella stanza dei bottoni e indicavano la strada maestra da seguire proprio nella direzione contraria. Questo vale per una pletora di personaggi che vanno da Padoan a Cottarelli, da Gentiloni a Polito, tanto per fare solo alcuni nomi che alla fine diventano semplicemente dei mentitori un tanto al tocco. Si pensi – una per tutte – alla questione della cancellazione del debito (qui) considerata un’idea innovativa dal Sole 24 ore quando si trattava del Giappone e vista invece irrealizzabile e pericolosa quando si parla di noi grazie a una letale confusione tra una banca centrale e un bar tabacchi. Ora qui non si tratta di apprezzare o meno il programma legastellato, di prenderlo come oro zecchino o di farsi andare giù cose che gridano vendetta per la giustizia sociale come la flat tax, utilizzata in maniera disonesta come banderuola contro i poteri ai quali siamo sottoposti, mentre in realtà obbedisce pedissequamente alle loro logiche, ma di mettere in luce che l’opposizione “esperta” è assolutamente orientata dall’oligarchia e tutt’altro che oggettiva. Se il Financial Times grida ai barbari, lo fa da una posizione di tale declino di civiltà che alla fine fa temere molto di più che i barbari non arrivino.