salvini-cannoli3Ieri ho parlato Di Maio e del tempo perso per inseguire una premiership basata in primo luogo sull’abbandono dei temi e delle suggestioni  che hanno portato i Cinque Stelle al risultato elettorale. Oggi è il caso di parlare di Salvini, altro vincitore che  man mano è rientrato pure lui nell’alveo della governance europeista continuando a schiamazzare solo sull’immigrazione, cosa inutile e un po’ ridicola in questo nuovo contesto di normalizzazione, un po’ come mettere il preservativo per fornicare con una bambola di gonfiabile. Anche lui non ha mancato di fare da deuteragonista nel teatrino delle trattative, ma alla fine si è dimostrato assai più ligio di Di Maio al richiamo della foresta ed è ancora che sta lì a nicchiare senza aver mai aperto chiaramente a nuove elezioni il prima possibile. Il fatto è che alle spalle non ha un movimento dotato di forza propria come il Cinque stelle, ma è alla guida di un partito che per anni è stato al potere e nello stesso tempo ha svolto la funzione di bad bank del berlusconismo, rappresentando ciò che faceva consenso di pancia, ma che al Cavaliere non conveniva esprimere direttamente: anche se ora ha superato Berlusconi il suo successo è ancora largamente legato all’impero comunicativo della mummia. Così non ha avuto e probabilmente non avrà mai il coraggio di mollare definitivamente gli ormeggi anche ammesso che ne abbia la capacità e la visione, cosa di cui c’è seriamente da dubitare visto che è da 25 anni in politica dicendo sempre le stesse cose e non facendole mai, come un ennesimo affabulatore della repubblica oltre che come un dog sitter con la paletta per cogliere i momenti topici delle dinamiche intestinali italiane.

Tutto questo naturalmente non può che sfociare in un nebuloso governo del presidente, più che altro un animale mitologico o la ben più concreta prospettiva di un esecutivo Pd – destre che in qualche modo era già nell’aria nell’ultima stagione del renzismo con l’emersione degli scandali e della verità riguardo alla distruzione dei diritti del lavoro e delle varie elemosine annunciate. Non è un certo un caso che il guappo di Rignano si sia messo di traverso rispetto a un’alleanza dei Cinquestelle con i piddini: voleva arrivare dal Berlusca per poi creare un proprio movimento e gettare alle ortiche quel che resta del partito. Quindi anche Salvini  non è destinato ad ereditare il malessere del Paese che ha messo le ali al M5S: basta una chiusura di rubinetti televisivi da parte del mummificato per riportarlo nel suo alveo naturale e parrebbe che la cosa sia stata già ventilata vista la situazione sempre più incerta dei grandi sponsor del leghismo sui piccoli schermi di Mediaset. Certo  fosse uno statista, sarebbe diverso, ma qui abbiamo una ennesima incarnazione di Renzi, meno frivola, nel bene e nel male, ma più bottegaia e inserita in una visione dello sfruttamento neo liberista dal punto di vista del bar pizzeria. Un immaginario locale dove Di Maio potrebbe sedere come il funzionario in permesso pranzo, Renzi come venditore di gratta e vinci e Salvini come oste che non fa mai la fattura e caccia fuori i “negher”.

Alla fine ci ritroviamo con un problema anche più grande e più drammatico di prima: la consapevolezza che non esiste una rappresentanza politica dell’inquietudine del Paese visto che i due diversi e sempre cosiddetti populismi sono stati imbrigliati e messi in campo di rieducazione dalla governance oligarchica, proprio nel momento in cui il cappio dei trattati si stringerà con più forza al nostro collo. E’ del tutto evidente che occorrerà molto tempo per ricostruire un’opposizione credibile e ” politica”, ossia capace di dare un’orizzonte di prospettiva sociale al malessere e dunque meno fragile di fronte agli attacchi e alle tentazioni delle elites: ma lo spazio che si è aperto è enorme. Disgraziatamente sono enormi anche  i problemi visto che  occorrerà rinnovare completamente le classi dirigenti che in un modo o nell’altro hanno distrutto la sinistra facendola di fatto scomparire dal panorama elettorale. Inoltre non credo che  sia davvero possibile ottenere qualche risultato contando solo sulle forze interne: la rinascita del Paese non può prescindere da un aggancio alla rinascita del multilateralismo globale e delle opportunità che esso apre.