Da due settimane a questa parte ci è stato detto che l’anticiclone africano Hannibal, avrebbe dominato il periodo di Pasqua, portando quasi dovunque temperature estive e bel tempo sullo Stivale salvo in qualche ristretta area come quella di Venezia, dove il turismo comunque non si ferma mai, che avrebbe visto un’eccezionale acqua alta . Aspetta e spera perché nella settimana festiva non soltanto le temperature sono rimaste nella media stagionale, anzi in qualche caso leggermente al di sotto di essa, ma piove quasi dappertutto e anche a Pasqua e Pasquetta ci sarà tempo fresco e perturbato soprattutto all’interno e sulle coste meridionali tirreniche. Ora si può certamente sbagliare nel fare le previsioni del tempo o aumentare di 30 centimetri le previsioni mareali sulla laguna veneta, ma io che sono collegato ad una rete meteo internazionale distribuita su tutto il pianeta di questo allarme caldo e sole non vedevo traccia e quindi non posso che trarne una conclusione: le decine di centri meteo sorti come funghi negli ultimi vent’anni perché evidentemente sono un buon affare, hanno coralmente barato o quanto meno esagerato per favorire i ponti brevi o lunghi, così come pretendono le associazioni degli albergatori, ristoratori, accoglitori di ogni tipo e fattura, di città e di campagna.
Non è certo la prima volta che accade, anzi la menzogna meteo è da decenni un vizio conclamato, una delle stigmate dell’era berlusconiana, di una concezione rozza e infantile dell’economia che è poi quella passata in eredità alle generazioni millennial di questo disgraziato Paese. Tuttavia l’ Hannibal ad portas pasquale fornisce uno spunto chiaro e senza equivoci sulla facilità con cui è possibile prendere per il naso le persone persino su ciò che è sotto il loro diretto controllo esperienziale, pure su pioggia, sole, vento e temperatura. Figuriamoci quindi sul resto, su ciò che non possiamo minimamente controllare e sul mondo di fantasia che ci viene narrato. Eppure le troppe volte che si è stati ingannati da previsioni edulcorate dovrebbero averci insegnato che anche le notizie meteo vanno accolte con un minimo di astuzia critica come, a maggior ragione, quelle delle statistiche ufficiali, il pil, l’occupazione, il lavoro, la scuola, la sanità, per non parlare di quelli dei continui allarmai dati per nulla e di quelli invece non pervenuti sulle cose effettivamente accadute. Possibile che ancora oggi siamo soggetti dall’autorità dell’informazione verticale tanto da prenderla come oro colato o rifiutarla in toto, quasi che si trattasse di questioni di fede e non di conoscenza?
Si è possibile: l’egemonia culturale lavora soprattutto nell’accreditare le fonti e nel far pensare che se lo dicono i giornali, se lo dice la televisione, se viene espresso in qualsiasi luogo che reputiamo al di sopra delle nostre forze, allora è vero. In fondo si tratta solo di accrescere e modulare opportunamente il principio di autorità: una volta che esso si è instaurato si può solo eradicare, ma è molto difficile confutarlo. Non pensiate però di cavarvela così a buon mercato, perché in realtà esiste una sovrapposizione semantica e simbolica tra autorità, autorevolezza e potere. Le prime due parole derivano dal verbo augeo che in epoca classica significava aumentare, ma in origine aveva il significato di porre in essere ciò che prima non c’era ( da cui anche auctor, autore). La seconda deriva invece dalla radice indoeuropea *pa- ti , in latino potis e dal verbo esse e indica appunto la podestà su qualcosa, avere facoltà di fare qualcosa. Sembrano in apparenza due cose diverse e in effetti spesso lo appaiono, ma in realtà fare qualcosa di nuovo implica il massimo potere. Infatti nel latino classico auctoritas è sempre legata a uno stato di superiorità sociale e istituzionale, tanto che Cicerone assegna il valore dell’auctoritas al senato, quello della libertas al popolo, Adam Smith definisce come “principio di autorità” una disposizione psichica a riconoscere la superiorità, mentre le teorie politiche di Carl Schmidt sullo stato di eccezione riflettono un’inversione tra autorità che determina una svolta grazie a un potere legittimo anche se non legale che diventa la vera sovranità.
Insomma alla fine ogni autorità è potere o deriva da esso e dunque siamo portati a credere anche alle storie più fantastiche, come quello dell’attentato putiniano a Skripal tanto per citarne uno di giornata, grazie all’autoctoritas conferita ai media controllati dall’elite e al discredito contumelioso a cui sono fatte segno le poche fonti dissidenti. Ma anche a credere alle previsioni del tempo di tipo turistico, nonostante le esperienze negative. Tutto si tiene e come sanno bene ingegneri e architetti una struttura di poter per reggersi deve essere pervasiva, riprodursi in ogni ambito, anche in quelli più insospettabili e lontani dagli arcana imperii.
un mio conoscente, che ha un certo ruolo nell’aereonautica militare, mi dice che loro hanno un sistema metereologico per proprio uso interno, non fidandosi degli altri, probabilmente qualcosa vorrà dire
interessanti le considerazioni sulla auctoritas (invero il senato romano aveva auctoritas ma non potestas, i senatori non promulgavano leggi ma avevano poteri di supervisione. La legislazione era a cura della potestas (oggi diremmo il governo), auctoritas e potestas furono però in parte unificate nella nuova categoria di imperium con Augusto, per cui è in effetti acuto il ragionamento del simplicissimus
A funzionare come auctoritas (in senso romano- imperiale) oggi sarebbe la televisione, nient’affatto in via di estinzione rispetto a media piu moderni. In effetti essa innesca un curioso meccanismo psicologico che andrebbe indagato a fondo.
Anche cose che sappiamo essere false o costruite ad arte, come le vicende di ” isole dei famosi” e robaccia varia, finiscono per diventare degli oggetti reali, su cui molta gente discute e si immedesima, Diventano la realtà vera a cui ci si interessa più che delle faccende a noi vicine, a volte piu che rispetto alle persone a noi prossime come familiari o conoscenti diretti.
in questo senso la televisione sfrutta delle caratteristiche di fondo della mente umana, forse la capacità di staccarsi dal reale ed andare verso l’immaginazione che nella nostra tradizione culturale è una importante facoltà che rende possibile l’astrazione ( sui livelli alti potremmo dire la scienza)
Ma poi una volta che con l’immaginazione ci si è staccati dalla realta vicina, o sensibile, come ci si può rapportare di nuovo a questo piano diretto e sensibile? Si tratta a sua volta di un ritorno logico e non solo psicologico, per cui si rischia di non ritornare nuovamente su questo piano basico, o di ritornarci in parte, avendo appaltato nel frattempo molta parte della nostra sovranità individuale a esperti televisivi, tuttologi, autorità a volte anche istituzionali o accademiche.
Sarebbe un sano indirizzo di vita rapportare ogni cosa ai propri bisogni e rapporti basici e primari, naturalmente dopo aver percorso tutte le possibilità dell’astrazione, in certo senso sarebbe il pieno superamento dell’alienazione (pure dei possibili disagi mentali), un atteggiamento gravido di conseguenze anche sul piano sociale e politico. In proposito, anni fa andava di moda un libro, secondo me oggi piu attuale che allora, di cui inaspettatamente non mi vengono in mente nome ed autore, ma è un cassico e qualcuno avrà capito (il simplicissimus mi ha fatto venire voglia di rileggerlo, un libro che è un inno alla vita concreta)
L’analogia con le previsioni metereologiche e’ discutibile, ma l’analisi etimologica e lessicale e’ ottima. Bravo!
vergogna….
le previsioni sono in parte errate, ma nessuno ha mai detto che questo tipo di previsioni siano infallibili, anzi gli esperti ci dicono contrario. A che serve farne un caso, il pil e un’altro discorso, non deve prevedere ma calcolare ciò che gia c’è. Se questo allarmismo inutile è il tuo modo modo di informare anche negli altri articoli, e come potresti essere diverso, allora scrivi cose assurde di cui sarà bene non fidarsi
Quando c’era il buon colonnello Bernacca si aveva quantomeno il buon gusto di chiamarle “previsioni” del tempo, sottintendendo che andavano prese come indicazioni e non come la bibbia e il vangelo.
Adesso si chiamano “il meteo” e derivati, perché pare più scientifico e dunque veritiero, o addirittura “che tempo farà”, senza neppure aggiungere un pudico “forse”.