Togliamo il teleobiettivo e mettiamo il grandangolare in maniera da inquadrare le elezioni italiane in un panorama più vasto: il dato di fondo è che la metà dei cittadini ha espresso un profondo euro scetticismo che non deriva da posizioni ideologiche e pregiudiziali, ma semplicemente dalla constatazione dei disastri e delle disuguaglianze provocate dai meccanismi della governance continentale. Ed è per così dire un fatto generale: in Germania, che di fatto è l’unica ad essersi enormemente avvantaggiata delle logiche Ue grazie all’euro, l’Afd è diventato il terzo partito, anzi il secondo in tutta la ex Ddr e di fatto ha dato una mazzata tremenda agli assetti della politica tradizionale, cosa che del resto è abbastanza sensata visto che secondo le statistiche vantaggi economici ottenuti dal paese negli ultimi vent’anni di moneta unica non hanno raggiunto la metà più povera della popolazione tedesca. In Francia c’è stato un momento, in vista del primo turno delle presidenziali, in cui Le Pen, Macron o Melenchon avrebbero potuto aggiudicarsi la partita e se l’ha spuntata il manager di Rothschild è solo a causa dei catastrofici errori di comunicazione di madame Front nazionale o delle strategia pervicacemente perdente della sinistra. Ciò non toglie tuttavia che la Francia è sempre sul filo del rasoio. Questo per non parlare dell’addio della Gran Bretagna.
Tutte queste forze e movimenti con la loro rabbia e voglia di contestazione sono molto diversi tra loro, a volte antitetici, si frammentano in base alle situazioni peculiari determinate dai meccanismi europei nei vari Paesi e proprio per questo, per essere uniti dall’euro scetticismo e praticamente da niente altro, costituiscono da soli una prova inoppugnabile del fallimento dell’Unione che consiste in sostanza di un governo delle elites per le elites. Ma la crescita costante e inarrestabile della resistenza a questo assetto di impoverimento e declino sotto tante forme diverse dimostra ampiamente come l’attuale progetto della Ue è destinato inesorabilmente ad affondare senza neanche aspettare la collisione con qualche iceberg. Questo lo hanno capito tutti già da tempo e così gli internazionalisti a tutti i costi, specie se questi costi li pagano i lavoratori, si sono beati del ballon d’essai di una fantomatica altra europa, seguiti negli ultimi mesi anche da pezzi di elite che prefigurano un ancor più fantomatica riparazione e che hanno trovato nel Macron del massacro sociale senza se e senza ma il loro megafono. Purtroppo per arrivare a questo, anche ammesso e non concesso che le oligarchie di comando lo volessero, bisognerebbe sanare le profonde fratture createsi nei 20 anni di euro, il che è assolutamente fuori questione: i Paesi forti, ossia la Germania e quelli che fanno parte della sua area economica non possono certamente pensare a una sorta di riequilibrio finanziario che in soldoni significherebbe un aumento straordinario di tassazione per i cittadini e una mannaia senza scampo per ciò che rimane del welfare. Ciò è tanto più impossibile proprio perché i vantaggi acquisiti negli ultimi due decenni sono andati a favore esclusivo dei ceti abbienti, mentre quelli popolari si sono visti sottrarre via via pezzi di stato sociale e di diritti: milioni di giovani e anche meno giovani in Germania vivono di minijob e di salari che in qualche modo rendono possibile la sopravvivenza solo con l’aiuto pubblico o delle famiglie. Questo senza dire che la sopravvivenza di una moneta unica dentro economie così differenziate, finirebbe per riprodurre la malattia, e non consentirebbe ai diversi Paesi dell’Unione la possibilità di sfruttare gli spazi aperti dalla nuova multipolarità né di sviluppare il capitale umano necessario per queste opportunità potenziali che sono ben più importanti del cortiletto europeo.
D’altronde è’ grottesco poter pensare a un riequilibrio europeo nel momento in cui le società dei Paesi che ne fanno parte sono state scardinate e trascinate nel disequilibrio, anche se in qualche accesso di delirio qualcuno davvero pensasse di poter separare le politiche fiscale dalla responsabilità politica nazionale. Ciò provocherebbe terremoti senza precedenti ed è del tutto di fuori delle possibilità politiche dovunque: lo stanno comprendendo anche le oligarchie continentali le quali via via si rendono conto dei rischi di premere sull’acceleratore del più Europa, col rischio di sfasciare tutto e di mettere in forse le “conquiste” dell’ordoliberismo. Siamo insomma di fronte alla tipica situazione nella quale non è possibile fare né un passo indietro, né uno in avanti, pur essendo evidente che da qualche parte bisogna andare.
E’ evidente che il terremoto politico italiano con la punizione storica e non episodica delle tradizionali forze di consenso europeista, non solo costituisce un momento topico di questo dramma continentale, arrivato ormai al terzo atto, ma anche che le possibili soluzioni governative in campo nazionale verranno in qualche modo determinate da come si muove Bruxelles nei suoi tentativi di aggiustare le falle che ormai si aprono da ogni parte. La mia impressione è che sia in corso una battaglia tra vacui possibilismi e intransigenza assoluta rappresentata dalla parte tedesca che non può in nessun caso mollare senza essere cacciata via dalla sua stessa popolazione. Quest’ultima parte tifa destra con appoggio esterno del Pd: sa bene che è solo una pezza per guadagnare tempo, ma intanto dà l’impressione che l’ Europa non sia attraversata da crepe, che in qualche modo possa resistere. Forse per preparare uno sghetto a sorpresa,
Il progetto UE è stato ideato dagli strateghi americani per controllare l’Europa e tenerla separata dalla Russia.
Per garantire al Paese più potente, la Germania, un vantaggio assoluto nei confronti degli altri partecipanti, in modo da evitare che la sua classe dirigente coltivasse l’idea di unificare l’Eurasia, è stato avviato un secondo progetto: quello della moneta unica.
Trattandosi di un piano geopolitico dell’impero americano, non può chiaramente essere messo in discussione dalla ridicola Italietta.
L’unica speranza è che l’élite americana consideri l’euro dannoso per i suoi interessi futuri e ci ripensi oppure che le contraddizioni e le divergenze economiche tra i vari Stati portino ad una situazione insostenibile.
Per il periodo che ci rimane da passare sotto il tallone tedesco, in compagnia di questa moneta che sta annientando la nostra produzione industriale, bisognerebbe avere dei politici con il coraggio di giocare d’azzardo.
Perché se è vero che i tedeschi possono ricattare perché sono forti, noi potremmo ricattare proprio perché siamo deboli ed è questa nostra debolezza che permette all’euro di mantenersi deprezzato e alla Germania di esportare .
È per questo che ci hanno voluto dentro anche se non avevamo le carte in regola ed è questo l’unico punto che potrebbero usare degli eventuali governanti italici con un pò di spirito pokeristico.
Altri costi della liberazione dal nazismo, oltre a quello parecchi imbarazzate di sostenere un regime filo nazista tipo quello ucraino ?
https://comedonchisciotte.org/i-ricatti-e-le-mosse-degli-usa-contro-la-russia-via-ue/
Ancora esportazione di democrazia , in zone petrolifere ?
https://it.sputniknews.com/mondo/201803265821408-USA-base-militare-petrolifera-regione-deir-ez-zor/
Puzzo di esportazione di democrazia taroccata ?
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2018/03/27/le-tangenti-di-sarko-per-nascondere-la-verita-sulla-guerra-del-2011-0102235
si può leggere:
DI MAIO E SALVINI CHINERANNO IL CAPO?
di Piemme
su
SollevazionePuntoBlogspot
“Un’Italia fuori dall’euro, visto il nostro apparato industriale, poteva fare paura a molti, incluse Francia e Germania che temevano le nostre esportazioni prezzate in lire. Ma Berlino ha consapevolmente gestito la globalizzazione: le serviva un euro deprezzato, così oggi è in surplus nei confronti di tutti i paesi, tranne la Russia da cui compra l’energia. Era un disegno razionale, serviva l’Italia dentro la moneta unica proprio perché era debole. In cambio di questo vantaggio sull’export la Germania avrebbe dovuto pensare al bene della zona euro nel suo complesso.”
https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/13/alla-germania-nelleuro-servivamo-proprio-perche-deboli-parola-visco/228400/
Se rimaniamo nell’euro dovremo sempre mantenerci economicamente deboli per permettere alla Germania di esportare tenendo deprezzato l’euro.
Ma ci conviene?
Aggiungo una bella intervista all’economista Vladimiro Giacchè che spiega le tecniche utilizzate dalla classe dirigente della Germania Ovest per sottomettere prima la Germania Est e poi l’Europa.
http://www.byoblu.com/post/2018/03/07/fanno-privatizzare-sacco-della-germania-dellest-vladimiro-giacche.aspx