immigraat Anna Lombroso per il Simplicissimus

“Le donne andrebbero tutte sterminate, non servono a nulla”.  Si è sentita rispondere così dall’insegnante di storia  lo scorso 8 marzo una studentessa del liceo scientifico di Palmi figlia di una imprenditrice la cui recente e inspiegabile scomparsa fa temere sia stata vittima di un assassinio. La ragazza aveva chiesto  di poter assistere insieme ai compagni alla proiezione di un film sulla condizione della donna, iniziativa celebrativa  promossa dalla direzione dell’istituto.

Va a sapere che cosa abbia infastidito la focosa educatrice. Problemi di corna? Si dice che sia un vizio universale che i traditi se la prendano più con i tentatori che con i fedifraghi. Concorrenza sleale in ambito professionale? Si sa che il mondo della buona scuola interessato prevalentemente da occupazione femminile, è diventato  terreno di faide e di feroci competizioni tra un personale ricattato e umiliato. Insofferenza per una data diventata scialbo rituale?

Potrebbe anche darsi che se andassimo ad esplorare nel passato dell’intemperante pedagoga – pare impenitente e tuttora al suo posto – troveremmo invece desiderati sfracelli contro altri indesiderabili, altri inutili, perché in questo nostro terzo mondo interno si propaga una forma particolare di razzismo, quella di chi ha poco e quel poco ormai instabile e incerto, contro la minaccia molto propagandata di chi ha ancora meno, l’avversione di chi ha un  “posto” e un superstite diritto, quello a conservarselo a tutti i costi, soggetto alle pretese e alla malevolenza di chi non l’ha mai avuto o l’ha perso insieme alle speranze, di chi vi ha rinunciato ubbidendo a intimidazioni e coercizioni “sociali”, in favore di mariti, figli, più “meritevoli” magari per appartenenza di genere.

Nella nostra civiltà autoaccreditatasi come superiore e progressiva, nella quale in perfetta sintesi una profuga incinta che nessuno vuole muore a Bardonecchia, e dove chi ancora gode di modeste garanzie è diventato un invidiato privilegiato al sicuro, circolano odio e risentimento per i “parassiti” che sottraggono risorse immeritate, cure, “promozioni” in liste arbitrarie, ben alimentati da una narrazione che continua a parlare di esodi epocali, di sovvenzioni generose, di posti in hotel stellati. Se c’è un’impresa che è riuscita perfettamente all’ideologia cui si  ispira il ceto dirigente è il trionfo del risentimento, dell’inimicizia fino all’animosità, al livore e all’intolleranza,  che hanno per oggetto chi rappresenterebbe un rischio o una “sottrazione”, purché più debole, più esposto, più vulnerabile, che pur sempre di tratta di istinti vigliacchi, autorizzati da principi fondati sulla sopraffazione, sulle sfruttamento, sulla prevaricazione.

E c’è una gara a cercare motivazioni della pena inflitta loro: sono incompatibili con la nostra democrazia, ci portano via risorse, beni, provvidenze e lavoro, vengono per delinquere e – lo dice chi deve tutelare la nostra sicurezza, tra loro si anniderebbero pericolosi figuri, hanno usi e  tradizioni contrastanti con i nostri e ai quali non vogliono rinunciare, molestano le nostre donne. Quelle donne che pagano con la vita aver detto di no, aver troppo concesso a una passione aberrante che nulla ha a che fare con l’amore. Per certi delitti bestiali e senza ragione si cercano un senso un perché. quando a originarli è qualcosa di oscuro che non è pazzia, non è solo istinto criminale. È per lo più frutto di una visione degli altri come vite nude, quarti di bestiame, giocattoli rotti  o schiavi troppo abusati, diventati  inutili o maledetti quando non servono o non vogliono più servire.

E ci tocca sentire che all’origine di quei delitti ci sarebbe un amore malato, una gelosia insana certo ma a volte “motivata” da comportamenti licenziosi a da dissennate smanie di indipendenza, che ci sarebbe una sete di vendetta, distorta certo, ma che vuol farsi giustizia di crimini commessi contro una “nostra” donna, a conferma che dietro c’è sempre la rivalsa di un istinto proprietario, la difesa violenta della propria “roba”, proprio come il cittadino che viene via via legittimato a sparare al ladro disarmato.

Di questi tempi prende piede un raccomandato ritorno a un’arcadia di passioni e sentimenti. Peccato che si tratti di quelli “tristi”, quelli che suggeriscono chiusura, soggezione, ubbidienza: profughi come i negri da cortile di Malcom X talmente grati per la carità pelosa da abiurare speranze, diritti, giustizia che perfino la legge dello stato deve essere discriminatoria, cancellando i valori di una Carta costituzionale, tanto che nemmeno l’essere cacciati da dove si è venuti rispetta elementari principi di parità davanti ai tribunali.

O  donne talmente appagate dai favori di un uomo – compagno o datore di lavoro, da doversi compiacere di necessarie e inevitabili discriminazioni, di assolvere con grazia e remissività compiti non riconosciuti, di piegarsi alle leggi del mercato anche grazie alle leggi dello Stato, che prescrivono sperequazioni e divari, tale deve essere la gioiosa soddisfazione di essere mogli e madri, figlie e sorelle. E, perché no? lavoratori riconoscenti per l’elargizione di un posto, tanto da subire i contratti/ricatti, l’alternativa tra salute e salario, le crescenti limitazioni di garanzie, comprese quelle della sicurezza, o cittadini talmente esauriti e demoralizzati da accogliere con gradimento l’immorale erogazione di mancette, in cambio di diritti.

È che ormai in tutti questi casi pare si tratti di problemi di ordine pubblico. Da governare con più repressione, più forze in campo, più sorveglianza e magari anche con più censura, ragionevolmente somministrati da chi ci vuole minoranza, da chi ci vuole profugo, da chi ci vuole donna, da chi ci vuole inferiore per sentirsi al sicuro, lui si, in alto sul suo fortino. Perché sono quelli i barbari che ci hanno invasi e conquistati.