gio Anna Lombroso per il Simplicissimus

Possono stare sereni i lettori dei settimanali per famiglie, gli amanti delle cronache dai palazzi reali, i nostalgici di monarchie  sia pure corrotte e esangui, ma dotate di invidiabili tratti aristocratici, compresa la sobrietà di chi ha già tutto, grazie ad appannaggi e rendite, e la severità di chi per lignaggio o dispotismo non deve rendere mai conto dei suoi atti in virtù di inespugnabili immunità

Re Giorgio, forse immortale, certo irriducibile, non è tornato, semplicemente non è mai andato via, è sempre in sella al suo destriero in qualità di monumento equestre in mezzo a Piazza Italia. E  chi si fosse ingenuamente immaginato per lui gli anni dolenti forse, ma gentilmente e modestamente appartati di un Cincinnato a Via del Boschetto, adesso si dovrà convincersi che l’abdicazione era un atto formale, un sapiente beau geste interpretato per restare a fare quello che gli è sempre stato caro, manovrare dietro le quinte,  senza responsabilità e oneri svolgere ruoli di suggeritore prima, di burattinaio poi, tirando i fili di pupazzi per i quali prestava un’opera di padre padrone pronto ai rabbuffi e agli scapaccioni, ma prodigo di consigli e scusanti, così come si voleva nel remoto impero ai cui ordini si è prestato con spirito di servizio ben remunerato. E imitabile nel gestire negoziati opachi e trattative segrete, come nel diffondere letargici quando vibranti messaggi di pacificazione, di quelli che dovrebbero riconciliare doverosamente  le vittime con i carnefici, nei panni di nocchiero di quelle “stesse barche” dove staremmo tutti, peccato che a noi come sul Titanic non  spettino scialuppe e salvagente.

È tornato  e in qualità di più anziano componente di Palazzo Madama, quel Seanto che aveva tentato con le sue truppe di radere al suolo,  ha aperto la seduta inaugurale. Ieri  aveva anticipato l’evento con una delle sue fastose autocelebrazioni raccolta dal Corriere e nella quale si è presentato  come arbitro. Per cercare, ha detto,  di “dare ragione dei cambiamenti dettati dal voto e indicare le possibili prospettive per la formazione di un governo, prerogative che poi chiaramente spetteranno al presidente Sergio Mattarella, e riguardo la tenuta del Paese in questo nuovo scenario politico”.

Stiamo freschi, con un arbitro da partite vendute al crimine delle calcio scommesse e all ‘imperio delle società calcistiche.

E infatti chi si fosse preso la b riga di ascoltare la prolusione del vegliardo, non avrebbe dubbi per via di un pistolotto a metà tra la riedizione del messaggio di fine anno compreso l’esordio del secondo settennato e un editoriale di Scalfari, a riprova che non tutte le ciambelle riescono col buco e a volte la vecchiaia non rende saggi ma solo più intronati. E pure più acidamente cattivi e irriconoscenti, tanto che spudoratamente ha messo in castigo gli inadempienti  partiti delle maggioranza che hanno governato, ma che oggi hanno ricevuto l’ostracismo del popolo deluso, come se tutto si fosse svolto in forma aberrante e accelerata dalle sue dimissioni in poi, quando è venuto meno il suo provvidenziale ruolo di vigilate della democrazia.

Altrettanta altera riprovazione ha riservato a noi, plebaglia riottosa che ha espresso un voto di evidente contestazione, come un fanciullino viziato che sente lontani i genitori dalle sue vicende personali, dai suoi sogni e i suoi trastulli. E quindi adesso, anche se non ha usato gli stessi termini, saranno cazzi di chi andrà a governare, a cominciare dai movimenti che hanno avuto vita facile quando vivevano nella beata e irresponsabile condizione di criticare e che adesso saranno alle prese col fare. Non è mancato il rituale monito intimidatorio del re carolingio ]]]]]a ricordare l’impegno per tutti di riconoscersi nell’Europa, colpevolmente sentita da qualche immaturo e sconsiderato ribellista come una gabbia di vincoli e imposizioni, quando invece sarebbe una meravigliosa e progressiva opportunità di civiltà e benessere,

Già quando non passava gli esami da procuratore il ragazzo Napolitano reduce dall’altrettanto inopportuna appartenenza ai Guf, aveva dimostrato di essere un po’indolente. E anche oggi ha fatto copia incolla con l’indimenticato discorso del liscia e bussa che aveva anticipato la sua “risalita” al trono. Quello, insomma, del  bastone e della carota, offerta ma a condizione di affidarsi alla sua autorità e al suo comando.

Per carità, se tanto ci dà tanto, se per caso ci fosse l’intento di “intronarsi” nuovamente, ci tocca guardare a Mattarella come a un faro per i naufraghi della democrazia.