trump_fucile_jpg_1003x0_crop_q85Libero mercato un par di palle: fin che si scherza va bene, ma quando il libero mercato rischia di compromettere il potere che lo impone al resto del mondo che lo voglia o meno, lucrandoci un bel po’ le cose cambiano e si passa non al semplice protezionismo, ma al completo totale ribaltamento dei capisaldi dell’ideologia capital – mercatista  e a misure degne di una deriva totalitaria. Trump ha infatti bloccato per ragioni di sicurezza nazionale l’acquisizione di Qualcomm,  società californiana che produce microprocessori per i cellulari e computer di bassa fascia– da parte della Broadcom, altro colosso tecnologico con sede a Singapore. Probabilmente Qualcomm produce anche qualche sistema di uso militare, ma il  divieto nasce da altro ed è tanto più sorprendente perché in esso si vede una profonda contraddizione con le logiche dell’economia finanziaria che per funzionare ha bisogno di ricavi immediati e non di progetti a lungo termine: il timore che la Casa Bianca ha immediatamente accolto è che Broadcom vedesse l’acquisto come un modo per aumentare i profitti a breve termine e fosse meno interessata agli investimenti e allo sviluppo che invece sono importanti per l’industria elettronica Usa in gran parte delocalizzata anche da punto di vista della progettualità.

Gli Usa insomma non vogliono rinunciare alla Qualcomm in un momento nel quale la battaglia per la telefonia mobile ( e tutto ciò che ci sta dietro, compresa la possibilità di  controllo sociale e imperiale) è diventata incandescente: cinesi e coreani sembrano parecchio più avanti nella realizzazione di sistemi di quinta generazione e una loro affermazione segnerebbe il definitivo sorpasso da parte delle economie asiatiche. Non sarà  certo questo divieto a cambiare una situazione e una  logica che sono in atto da 40 anni con le delocalizzazioni e la moltiplicazione dei profitti per gli azionisti, secondo i sacramenti del liberismo, ma in ogni caso non si pensi che questo colpo di machete al venerato altare del mercato sia un tratto distintivo di Trump e della sua eresia marginale. La stessa operazione fu fatta oltre vent’anni fa da Clinton, il globalista tipo, quando si oppose all’acquisizione di Apple da parte di un consorzio giapponese di cui facevano parte Sony e Toshiba che avevano peraltro progettato e reso possibile la realizzazione dei portatili con la mela morsicata. In quel caso l’amministrazione mosse tutte le sue fila per evitare un trasloco trans pacifico che pareva inevitabile: il sistema Macintosh era ormai alla fine delle sue possibilità e non c’era in vista nient’altro. L’amministrazione mosse le sue pedine e magicamente Steve Jobs tornò nell’azienda portandosi dietro il suo sistema NeXt basato sul Bsd dell’Università di Berkley ma sostanzialmente fuori mercato senza una corposa revisione (venuta da misteriosi finanziamenti) che lo rendesse effettivamente usabile per un pubblico generale e in seguito fu battezzato  MacOs. Con i buoni uffici dell’amministrazione Clinton si indusse persino il rivale Microsoft a sborsare 150 milioni in azioni Apple, impegnandosi per di più a realizzare versioni di  Office per Mac e a terminare le cause in corso con licenze incrociate sui brevetti. Bisogna considerare che tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000 la quota di mercato dei computer Apple era del 5% e dunque la mossa di Microsoft era  assurda sotto ogni punto di vista, tanto più che proprio Bill Gates aveva speso un bel numero di milioni per proporre una propria versione di Unix e sostenere lo sviluppo dei sistemi  open source Linux principalmente allo scopo di allontanare da sé le possibili accuse di monopolio di mercato. Vennero inoltre contattate le major della comunicazione per suggerire di dare visibilità ai prodotti Apple, cosa che tuttora accade nonostante la quota di mercato sia giunta al 12%.

Lo scopo era quello di evitare a tutti i costi che l’informatica uscisse dal Paese e non tanto per questioni commerciali, quanto strategiche: l’inevitabile sviluppo di sistemi diversi e in mano ad altri avrebbe messo in crisi la possibilità di controllo globale esercitato dagli Usa. Adesso ci risiamo con Qualcomm, sia pure in un quadro completamente mutato: l’acquisizione di asset potrebbe creare la massa critica per la ideazione e commercializzazione di nuovi sistemi operativi destinati all’informatica personale,  aziendale e di telefonia mobile, invece di servirsi dei vecchi, ormai abbastanza invecchiati rispetto all’hardware disponibile.

Insomma l’ideologia di mercato è una forma di dominio che vale soltanto finché essa stessa non contraddice il dominio. Con buona pace di vecchi e nuovi fedeli che appena sentono parlare di sovranità tirano fuori la pistola.