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Anna Lombroso per il Simplicissimus

Da tempo – almeno dalle amministrative e pure da un referendum che aveva promesso svolte epocali ma che è stato risucchiato dal vortice delle ammucchiate di regime culminate in quella legge elettorale che ieri ha dato i suoi frutti perfino suicidi – ho esaurito la mia scorta di soddisfazione nel contemplare seduta sul divano le facce illividite, i ghigni amari e impaurite della sconfitta.

E ho smesso anche quella di essere una navigata cassandra; non mi piace vincere facile e gli esiti erano prevedibili anche per gli avventizi delle profezie. Come non bastasse la inaudita affluenza al voto annunciava i risultati in un paese ancora una volta troppo lungo, nel quale al nord vince la Lega, a sud i pentastellati e al centro si naviga tra i rottami, a dimostrazione che le politiche di governo hanno eroso perfino il patrimonio clientelare.

Mi resta solo quella di essere come al solito tra i gloriosi perdenti, dentro una minoranza onorevole quanto esigua, esiguissima,  che non poteva aspettarsi di più accontentandosi di una prima verifica, un PaP test insomma, dal quale adesso si dovrebbe dimostrare di saper partire per proseguire un lavoro di coagulo di forze sul territorio.

Gli opinionisti sono già all’opera per dimostrarci che dall’età della paura saremmo passati a quella del rancore. Meglio sarebbe stata quella della collera rivoluzionaria e creativa, ma c’è poco da sperare da una paese ricattato, intimidito, umiliato, strozzato da nuove o consolidate miserie. Sono già attivi per riconfermare stantie interpretazioni sul voto, rimpiangendo quell’astensionismo indifferente e accidioso che veniva letto come ragionevole delega, come prova di adulta maturità di popolo, oggi regredito a manifestazione di rumori e rimescolamenti intestinali espressioni della pancia ormai vuota di una marmaglia.

E comincia già l’esercizio rituale, quello delle ardite scommesse sulle alleanze e le associazioni temporanee di impresa, a riconferma – ve  ne fosse mai bisogno –  della distanza siderale della politica alta dalla politica bassa, quella insomma “della  vita”.

Non ho dubbi che i 5 stelle già piuttosto scaltriti vi si presteranno con il loro giovanile impeto. Avrebbero preso più voti se non avessero introiettato le modalità degli usi elettorali, mitigando concetti convinzioni e slogan, addomesticando il no all’Europea e all’euro, – l’hanno fatto perfino i “pazzi “ troppo poco visionari di Potere al Popolo, venendo a patti in sede di designazione dei potenziali ministri con i danni delle “riforme” renziane, proclamando la opportunità della ragionevole “revisione” di buona scuola e jobs act piuttosto della benefica e implacabile cancellazione.

Non hanno capito che il segreto del loro successo almeno all’inizio sarebbe la dimostrazione della volontà di essere il  “governo del disfare” rispetto a quel fare iniquo avido e pusillanime del passato, che la loro fortuna risiede nella capacità di rompere con gli usi e le infami adesioni a ideologhe e azioni fondate sullo sfruttamento di chi sta in basso, come sulle rendite e il privilegio di chi sta in alto, sulla clientela e il familismo, sulla speculazione e la corruzione. Che poi non è mica la rivoluzione,  magari, ma sarebbe il primo segnale dell’inversione di rotta che ci si attendeva a Roma tagliando il nodo gordiano che legava indissolubilmente interessi immobiliari e speculativi, bande di innominabili criminali, famiglie mafiose e diversamente tali e amministrazione e ceto dirigente

Perfino chi come me esige qualità del lavoro e della vita, tutela ambientale, uscita dalla fortezza europea e dai suoi delitti e dall’euro, e poi antifascismo quello vero, istruzione pubblica, fermo alle privatizzazioni, welfare e accorto sistema previdenziale – che  mica è la rivoluzione nemmeno questo! – intanto ricomincerebbe a sperare.

Ma la montagna di queste elezioni . una specie di sondaggio in grande stile ad uso  dell’impero per valutare lo stato di slaute di remote province – largamente inutili rispetto alle nostre esistenze e ai nostri diritti e bisogni, non poteva che partorire un topolino. E in fondo una soddisfazione l’abbiamo avuta i due sorci più ributtanti stavolta sono in trappola.