CatturaTruppe russe sfilano a Damasco: all’isaputa dei cittadini occidentali privi di notizie  a meno che non leggano l’edizione francese della Pravda la quale del resto riporta l’evento solo come indiscrezione senza tuttavia smentirlo, molti reparti di Mosca sono ormai stabilmente e apertamente a fianco delle truppe siriane, tanto da produrre una parata militare. Ed è chiaro che uno spiegamento di forze così ostentato e visibile per il medio oriente e così trascurato in occidente da un’informazione che tenta ancora una volta l’ipocrita e ambigua carta umanitaria in appoggio al terrorismo nel Goutha, ormai presidiato da fanteria russa contro Al Quaeda, ci dice due cose: che Putin è riuscito pienamente nel compito di proiettarsi su un piano globale e divenire protagonista nell’area esplosiva del petrolio, ma anche che l’esibizione di questa realtà non può avvenire senza un qualche malmostoso consenso sottobanco degli Stati Uniti che secondo alcuni osservatori sarebbe arrivato dalla Casa Bianca il 24 gennaio scorso dopo un incontro fra Trump e  il primo ministro australiano (in rappresentanza anche di Londra), Malcom Turnbull.

A questo punto è inevitabile chiedersi cosa sia cambiato e tentare di capire il nuovo gioco che si svolge sulla scacchiera: pare abbastanza evidente infatti che nel giro di due anni e dopo immense stragi, la Siria cominci ad interessare sempre meno agli Usa. Cosa ha indotto l’impero anglosassone che pure in altri scacchieri sembra in preda a un incontenibile delirio antirusso a ripensare le sue strategie e a cercare un accordo con Mosca sul futuro di Damasco, vedi risoluzione dell’Onu 2401? Evidentemente parte dei motivi che hanno dato origine all’aggressione alla Siria per interposto terrorismo, erano stati trascurati o non del tutto interpretati.

Di certo una sua parte l’ha avuta l’amara sorpresa per i comandi Nato di vedere un apparato militare russo estremamente efficiente e lo schieramento operativo di  nuovi armamenti  come i caccia invisibili di quinta generazione SU 57 che il Pentagono pensava avrebbero volato solo nel 2025 e che di fatto rendono terribilmente obsoleti gli F35 non solo militarmente, ma anche da un punto di vista commerciale. Un’altra parte di rilievo l’ha avuta la consapevolezza che la creazione di caos è stata tale da essere difficilmente controllabile nelle sue conseguenze, vedi Turchia. Ma di certo un cambiamento strategico così rilevante va cercato anche altrove e in questo caso in luoghi molto lontani e insospettabili come Pechino. Quando un decennio fa nella capitale cinese si stava mettendo a punto il progetto di una nuova via della seta, si pensava ovviamente a una rotta maritittima che seguisse quelle ormai tradizionali e anche la rotta artica sempre più vantaggiosa a causa del riscaldamento globale, ma anche a un grandioso progetto ferroviario terrestre in grado di permettere trasporti molti più rapidi rispetto a quelli via mare anche senza la super linea ad alta velocità e capacità ora in costruzione tra Cina e Russia e che dovrebbe collegare Pechino e Berlino in 26 ore. Fino al 2010 il ramo principale di questo corridoio ferroviario sarebbe dovuto passare per il percorso più breve, lo stesso che collegava nell’antichità il celeste impero con quello romano e che nel suo ultimo tratto passa per Mosul e Palmira.

Per l’Italia sarebbe stata una benedizione perché avrebbe fatto dei nostri porti il terminale delle merci cinesi per l’intera Europa e anche oltre, visto che questo percorso sarebbe durato a fine lavori non più di 3 – 4  giorni (sulle attuali tratte 10 – 12), più altri 12 – 15 per la traversata dell’Atlantico rendendo concorrenziale questa rotta anche per tutta la parte est del continente americano. Si capisce bene perché Washington abbia fatto di tutto per mettere i bastoni fra le ruote a questo piano che avrebbe finito per marginalizzare gli Usa sia nella loro influenza marittima globale, sia nel tenere in cattività l’Europa. Questo è stato probabilmente lo stimolo principale, anche se nascosto sotto altri interessi per la creazione dal nulla del caos siriano. Poi la scarsa avvedutezza e bulimia delle elites americane, ha creato il gratuito “incidente” ucraino che ha prodotto come suo principale effetto  un riavvicinamento strategico tra Mosca e Pechino rendendo non solo fattibile, ma opportuno un passaggio della grande ferrovia più a nord sul territorio cinese, kazaco e russo che pur essendo più lungo e richiedendo lungi tratti di raccordo verso l’India è al riparo da arancionismi a stelle strisce o blocchi sanzionatori  in Paesi come Uzbechistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Iran: quello che doveva essere uno dei rami secondari, la transiberiana del terzo millennio è divenuto invece il principale per aprirsi poi come un delta in prossimità del territorio europeo.

Ovvio che a questo punto gli Usa abbiano perso gran parte del loro interesse verso la Siria e cerchino invece una specie di agreement con Mosca, anche snobbando i pruriti neocolonialisti di Londra e Parigi, mentre nello stesso tempo manovrano di sanzioni e ossessioni per sigillare la Russia sui confini europei. E’ abbastanza evidente che alla fine una parte di Washington abbia scelto il proprio nemico, mentre un’altra è consapevole che il tramonto del globalismo economico porta con sé anche il pericolo che venga inferto un colpo mortale anche a quello ideologico mettendo a rischio le conquiste di disguaglianza e impoverimento degli ultimi trent’anni. Tuttavia entrambe queste linee strategiche, per ragioni diverse  anche se concomitanti,  hanno comunque un vitale interesse alla prigionia europea e all’isolamento della Russia.